Capitolo 56

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Vivere.
Cos'era davvero vivere?
Forse una dea millenaria aveva avuto fin troppe occasioni per godersi la propria esistenza, ma la verità non poteva essere più lontana dall'apparenza.
Solo dopo aver conosciuto gli Avengers avevo capito cosa significasse davvero vivere.
Essere felici, dipendere da qualcuno, fidarsi, farsi guardare le spalle, amare davvero una persona fino a stare male.
Dallo schiocco di Thanos, stavamo lentamente riprendendo in mano le nostre vite.
Chi più velocemente, chi più lentamente, e chi come noi, ancora non era andato avanti.
Per quanto fossimo felici, ci mancava gran parte del nostro puzzle.
L'umorismo di Sam.
Le frecciatine di Bucky.
L'impicciarsi Di Wanda.
Perfino i film del bimbo ragno mancavano.
Ma la guerra aveva sempre un costo, e molto spesso era troppo grande per chi la combatteva.
I telegiornali vedevano come nota positiva la riduzione dello smog, gli oceani più puliti, le foreste rigogliose.
La verità era che non me ne fregava una beata minchia di tutte queste stronzate.
Mi mancavano i miei amici, ma più di tutto, mi sentivo in colpa a non condividere con loro la mia felicità.
Nonostante ciò eravamo riusciti a trovare un certo equilibrio.
Erano passati quasi tre anni dallo schiocco e le cose erano cambiate molto.
Rhodey si teneva perennemente in contatto con noi ed il Wakanda per assicurarsi che non ci fossero anomalie.
Ogni tanto ci facevano visita Rocket, Nebula e la Denvers.
Io e Steve avevamo preso una villetta immersa nella natura verdeggiante, con una vista mozzafiato su un lago cristallino.
Ed infine, Tony.
Lui si era trasferito in una casetta in legno poco distante dalla nostra.
Stranamente aveva abbandonato la tecnologia del Complesso per una vita più manuale.
Lui e Pepper avevano avuto una figlia: Morgan, Elizabeth Stark.
Era bellissima.
Ed a dire il vero, era tutta sua zia!
Molto spesso passavo i pomeriggi con loro, mentre Steve aiutava chi era rimasto scottato dallo schiocco in sedute d'incontri;  io trascorrevo le mie giornate a casa del mio migliore amico.
Nulla era cambiato, o quasi.

«A cosa pensi?» le labbra di Steve si posarono dolcemente sulla mia spalla scoperta. Ogni bacio, ogni carezza, mi faceva vibrare come la prima volta.
Mi girai verso di lui e lo ammira in tutta la sua bellezza.
Il petto totalmente scoperto, il filo di barba che stava crescendo, i capelli portati all'indietro.
In quel momento desiderai di non voler alzarmi mai più da quel letto.
Il mio sguardo si posò sul tatuaggio ben in vista sopra le coste.
Il suo Yin.
Il mio Yang.
«A questo» ed indicai il simbolo sul fianco.
Lo vidi sorridere «Siamo collegati».
Annuii lentamente «Non ti spaventa?» chiesi preoccupata.
Lo vidi scuotere la testa, per poi avvicinarsi a me e darmi un leggero bacio sul naso «Mi spaventa l'idea di vivere una vita senza di te».
Mi morsi un labbro trattenendo un sorriso.
Steve sapeva sempre cosa dire.
«E poi» continuò lui «Penso di aver capito il loro significato» disse sicuro, poggiando la testa sui gomiti.
Sbattei più volte le palpebre confusa «Spiegati» imitai la sua posizione.
«Quel simbolo è uscito in due momenti importanti della nostra relazione: quando il dolore era così forte da non riuscirlo più a sostenere» mi prese la mano e la strinse a sé «Negli inferi, quando ho fatto quella scelta, non ero in me; so che è difficile da spiegare ma era..» lo interruppi «Era come se qualcuno avesse fatto in modo da farti dimenticare momentaneamente di me».
Mi guardò a bocca aperta «Lo sapevi?».
Annuii sorridendo «L'ho capito dopo un po'».
La mano che stava stringendo se la portò alle labbra e continuò a parlare «Quando hai visto la mia scelta, io ero già tornato in me, e non sapevo perché avessi fatto ciò. Ero consapevole che l'unica persona che amavo eri tu; e quando ti ho visto in quello stato, ho sentito un pezzo della mia anima andare via. Perché ciò che era successo, era solo colpa mia. Credo che quel simbolo, sia la prova fisica, che tu hai un pezzo della mia anima dentro di te».
Forse tutti i torti non aveva.
Lui era riuscito a cambiarmi.
Non ero più l'Elizabeth di una volta.
Ma nemmeno Steve lo era.
Yin: un piccolo puntino di oscurità che si cela dietro una maschera di purezza,e gentilezza; l'anima di Steve.
Yang: un piccolo puntino di luce, immerso in un labirinto di oscurità; la mia.
Ed ognuno di noi aveva un pezzo dell'altro, proprio per ricordarci che nonostante fossimo così diversi, insieme eravamo complementari.
«Il fatto è che, entrambi nascondevamo una parte di noi stessi, e sia io che tu siamo stati capaci di tirarla fuori solo grazie all'altro».
«Quindi non credi sia una condanna?» chiesi titubante.
Lui mi accarezzò dolcemente il viso «Non l'ho mai pensato, nemmeno una volta».
Mi avvicinai ancora di più a lui, respirando il suo profumo «Lo sai che posso sapere sempre cosa stai facendo, e dove?» sdrammatizzai.
«Oh lo so bene, ed è questa la parte più divertente, posso controllarti costantemente» ridacchiò «E mi piace perfino che quando non ci parliamo, un minimo tocco fa riaffiorare tutti i nostri ricordi più belli».
«Sembri troppo entusiasta» borbottai mettendo il broncio.
Scoppiò a ridere, ed io mi beai di quel suono cristallino «La Dea del tradimento e della persuasione, costretta alla monogamia! Per me questo tatuaggio non è una condanna, ma una benedizione!» esclamò soffocando tra le risate.
Aprii la bocca sconvolta, e lo schiaffeggiai sul petto «Sei davvero...».
«Irresistibile?» mi interruppe malizioso.
«Stavo per dire perfido».
Continuò a ridere, stringendo la sua mano nella mia che era poggiata sul suo petto.
«Ti ho fatto delle promesse, ed intendo mantenerle per il resto dei miei giorni».
Gli sorrisi, ed in quel momento mi abbandonai al ricordo del nostro matrimonio.

PHOENIX ☯︎︎//MARVELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora