Christmas

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Era passata una settimana da quando avevo intrapreso quel percorso per migliorare me stessa e mi sentivo piuttosto bene. Joseph, lo psicologo del centro di recupero, aveva notato anche lui il mio miglioramento e ne era davvero entusiasta. Riuscivo a vedere le cose sotto un altro punto di vista, ovviamente non ero felice ma riuscivo a sopportare la realtà.

Uscivo normalmente con i miei amici e tutto andava bene, persino quando Dylan e Malia si aggiungevano al gruppo.

Per accettare quella situazione, mi ripetevo mentalmente che lui stava bene, non soffriva più ed era la verità. Lo vedevo ridere, scherzare con i nostri amici in comune, abbracciare la sua nuova ragazza lo faceva stare bene.
Più di una volta provai a chiedere spiegazioni o almeno un chiarimento a Malia ma questa puntualmente stava attaccata a Dylan in modo morboso, come se dipendesse da lui e la cosa mi fece alquanto ribrezzo.

Ci evitavamo, non ci guardavamo nemmeno e quando capitava che i nostri sguardi si incrociassero, interrompevamo subito quel semplice contatto visivo. Non era facile ma riuscivo a reggere quel peso.

Lydia, nonostante Chad e Eric uscissero insieme, non voleva arrendersi. Voleva avere il mio amico nonostante i suoi gusti fossero un po' troppo diversi da quello che era lei.

Thomas invece aveva conosciuto una ragazza che gli piaceva dai tempi del liceo, Rosie Morgan. Sapevo chi fosse perché avevamo diversi corsi in comune alle superiori ed era una brava ragazza. Stava sempre per i fatti suoi, non che la gente la allontanasse, ma per il semplice motivo che si faceva vedere sempre con un libro fra le mani. Era tornata a Kentwood perché non riusciva più a seguire le lezioni al college, i suoi avevano chiuso l'azienda di famiglia e non erano più in grado di pagarle l'università. Era dispiaciuta per questo motivo ma non era arrabbiata con i suoi genitori, anzi, tutto il contrario. Tornò a casa e cercò lavoro e questa cosa mi ricordava Lydia.

Quel sabato mattina fui svegliava dal rumore di un clacson, capii subito a chi appartenesse. Adrian, insieme alla sua fidanzata, erano sul vialetto di casa mia senza un apparente motivo. Aprii la porta e Ares scappò fuori, precipitandosi fra le braccia di Kaya che per poco non cadde a terra, beccandosi giustamente i rimproveri di Adrian.

«Non dirmi che stavi dormendo» disse mio fratello quando entrò.

«Sono le sette del mattino, cosa avrei dovuto fare?» domandai mentre Kaya mi salutò con un bacio sulla guancia.

«È Natale, Riley» mi riprese lui, andando in cucina per preparare il caffè. «Vai a farti la doccia, io e Kaya prepariamo la colazione poi andiamo a casa dei nostri» spiegò lui serio.

Kaya, nel frattempo, apparecchiava il tavolo per tre poi afferrò le ciotole di Ares e le riempì con acqua e crocchette.

Annuii con il capo e senza aggiungere altro andai di sopra a farmi la doccia per poi prepararmi per quella festa di Natale che non festeggiavo insieme alla mia famiglia da un po' di anni. Per quell'occasione, scelsi di indossare un abito rosso lungo fino alle ginocchia, l'avevo trovato nell'armadio di mia nonna e un vestito Prada meritava essere messo in mostra. Lo abbinai a un paio di Doctor Martens e una pochette sempre di mia nonna. Mi asciugai poi i capelli, mi truccai non pesantemente e scesi al piano di sotto dove sentii il profumo dolce dei pancake.

«Non so se siano buoni» disse Kaya mentre finiva di prepararne l'ultimo.

«Se ti fa sentire meglio, ho mangiato cose peggiori-»

«Come i cibi preparati da nostra madre» mi interruppe Adrian scoppiando a ridere.

Dopo la colazione andammo a casa dei nostri genitori. Nel giardino vidi un albero fatto di lucine e Ares, appena lo vide, si liberò del collare e andò verso quel gioco di luci.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora