The awakening

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Passarono tre giorni da quando mia madre mi aveva raggiunta ad Atlanta e la situazione di Jaxon era cambiata, non aveva più bisogno del respiratore, i suoi polmoni avevano ripreso la loro funzione.

Mio padre aveva trovato Saul ma che non sembrava molto convinto da ciò che doveva fare e soprattutto allontanarsi dai suoi affari per qualche giorno. Riuscì ad indurlo grazie ai soldi, avrebbe pagato qualsiasi cifra lui avesse voluto. Avrebbero dovuto unirsi a noi due giorni dopo perché Saul aveva qualcosa in programma che non poteva rimandare.

Mia madre mi stette molto vicino in quel periodo, la mattina quando ci scambiavamo i turni, facevamo colazione poi lei andava da Jaxon mentre io riposavo per la notte. Parlammo a lungo, lei mi raccontava di sé ed io dei miei piani per il futuro. Mi disse che mi avrebbe aiutata ad aprire uno studio tutto mio e che credeva in me, le sue parole furono una dose di coraggio.

Ero da poco arrivata in ospedale per passare la notte con Jaxon e dopo averlo salutato accesi la tv, abbassando il volume al minimo.

«Non so neanche sentirai le mie parole Jax, queste stronzate succedono solo nei film» iniziai un po' insicura. «I nostri problemi presto si risolveranno, mio padre verrà con il ragazzo che ci aiuterà» conclusi sottovoce.

Rimasi per un po' nel silenzio più assoluto, fatta eccezione per i bip rassicuranti dei vari tracciati. Osservai  tutti quei macchinari e notai che tra le varie flebo sopra il letto vi eran una sacca con dentro una sostanza biancastra. Mi avvicinai ad essa, la girai e lessi cosa fosse: proteine per alimentarlo.

«Mia mamma ti fa compagnia di giorno, mi ha detto che ti parla e che tu sei un maleducato perché non rispondi» la buttai sul ridere. «Però ti devi svegliare perché non so come potrei trovare il tuo capo, devi fare solo questo per me» dichiarai dopo alcuni attimi di riflessione.

Non ricevendo alcuna risposta alzai il volume della tv, sintonizzandomi sullo stesso canale di storia, appoggiando il gomito sul letto vicino al suo braccio.

Una mezz'ora dopo, mentre guardavo il documentario, con la coda dell'occhio, percepii del movimento, le sue dita si muovevano. Alzai lo sguardo di scatto e Jaxon aveva gli occhi chiusi ma sofferenti.

«Jax» provai a chiamarlo preoccupata, poi vidi il braccio contrarsi e il suo volto mutare in una smorfia di dolore. «Sono io, Jax. Svegliati» sussurrai sapendo che aveva bisogno di un incoraggiamento per affrontare quella situazione difficile.

Tentò di aprire gli occhi ma probabilmente le palpebre erano ancora troppo pesanti.  Successivamente aprì entrambi gli occhi nel disorientamento più totale così sbatté le palpebre più volte.

«Non ci posso credere» gli toccai la mano, mi sembrava un sogno.

Si agitò immediatamente e subito dopo udii un suono intermittente e incessante provenire dal cardiogramma che monitorava il suo battito cardiaco.

«Ha aperto gli occhi ed io ho sfiorato la sua mano, poi quella macchina ha iniziato a suonare» spiegai impaurita mentre la stanza si riempiva di medici, infermieri e macchinari di emergenza.

«La pressione è altissima, si tratta di un episodio di tachicardia» esclamò un medico, ordinando al personale paramedico di somministrargli un betabloccante per normalizzare il battito.

«Forse non era pronto per svegliarsi ma qualcosa dentro di lui è scattato. Non serve che lo intubiamo, deve respirare da solo» spiegò il dottore.

Osservai in silenzio il tutto e aspettai che il medico si concordasse con gli infermieri per la strategia farmaceutica migliore.

«Non è più in coma, sta semplicemente dormendo» spiegò il dottore prima di lasciare la stanza.

Ero rimasta ferma contro la parete, cercando di realizzare e metabolizzare ciò che avevo appena sentito. Mi misi una mano sulla bocca per coprire i singhiozzi dovuti al pianto liberatorio, non riuscivo ancora a credere che si fosse svegliato.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora