Little talks

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Al risveglio sentii un forte mal di testa. Doveva essere l'ora di pranzo anche perché sentivo dei rumori provenienti dalla cucina. Cercai di aprire gli occhi, sfregandoli con le mani e sbattendo velocemente le ciglia mi alzai per uscire dalla stanza. Trovai la maniglia della porta e subito uscii dalla stanza senza però fare rumore, per non svegliare gli altri che stavano ancora dormendo. La forte luce nel corridoio mi accecò gli occhi ancora appannati dal sonno. Avevo in mente di andare a vedere chi fosse sveglio e chiedere qualcosa contro il mal di testa perché non riuscivo ancora a credere come una lieve sbornia avesse potuto mettere in confusione tutto al risveglio.
«Mettiti qualcosa addosso» sentii dire qualcuno alla mia destra.

Girai velocemente la testa e lo vidi. Dylan stava facendo colazione alle quattro di pomeriggio ma non fu quella la cosa sorprendente. Perché mi stava parlando?

Riascoltai mentalmente la sua frase e abbassai lo sguardo, trovandomi in mutande e una maglietta oversize.
«Non mi va di litigare e poi posso andare in giro come voglio» terminai la frase sospirando.
«Vuoi mangiare qualcosa?» domandò qualche istante dopo.

«Sinceramente preferisco qualcosa per il mal di testa» ribadii guardandolo dritto negli occhi. «Dov'è Malia?»

«L'ho accompagnata a casa poco fa, all'ospedale hanno bisogno di personale» spiegò lui facendo spallucce.
«Bene» iniziai a dire timidamente ma fui interrotta dalle parole del ragazzo.
«Ci ho pensato meglio e voglio provare ad essere amici» esclamò tranquillamente, rimettendo la scatola dei cereali sul primo piano della credenza.

«Buffo perché questa è l'ultima cosa che voglio io» dissi ma pian piano la mia voce si affievolì.
«È finita Riley,» lui si fermò per qualche secondo, poi riprese. «Siamo costretti ad uscire insieme e non mi va più di fare l'adolescente con il cuore a pezzi. Siamo adulti e tutti e due stiamo andando avanti.»
«È facile per te» dissi sorridendo ironicamente.
«È facile perché ho trovato una ragazza semplice che mi rende felice» spiegò velocemente.

«Wow» esclamai sorpresa poi lo guardai dritto negli occhi. «Lei non è come pensi, non ti sta dicendo la verità» aggiunsi in seguito.

«Invece tu sì» ribatté lui sarcastico, con aria divertita.
Sospirai e rinunciai a dire ulteriori frasi. Indietreggiai e prima che potessi girarmi per andare in bagno e farmi una doccia, mi chiamò.

«Copriti, sul serio» concluse il ragazzo alla fine.

Come previsto la sera prima, quando Thomas si svegliò, circa un'ora dopo di me, mi diede il suo costume da scimmia per indossarlo. Prima di lasciare la stanza, mi guardai allo specchio e scoppiai a ridere. Ero buffa, sembravo uno zombie vestita da scimmia e anche Eric me lo fece notare.

«Non pensavo avessi amici così fuori di testa» annunciò lui prima di afferrare la maniglia e abbassarla.

«Nemmeno io lo sapevo» replicai, uscendo dalla stanza e trovarmi faccia a faccia con un gruppo di dodici persone circa davanti a me.

Alcuni di loro scoppiarono a ridere, altri mi scattarono delle foto, altri ancora facevano il verso della scimmia. Io invece mi sentivo le guance prendere fuoco per la vergogna ed era tutta per colpa di Thomas ed i suoi giochetti.

«Usciamo a mangiare?» domandò Jace quando le risate finirono.

«Io non vengo, non conciata in questo modo» spiegai.

«Nemmeno io vengo» disse Justin, seguito dal rifiuto di Lydia.

«Noi stiamo a casa con le ragazze» dichiarò Chad mentre tutti gli altri si sbrigavano a lasciare la casa.

Il gruppo si divise in due. Cinque rimasero a casa, compresa io, gli altri sette, Dylan incluso, andarono in centro a cenare e fare un giro in qualche discoteca.

Lydia ordinò la pizza per me ed Eric mentre i restanti tre preferirono degli hamburger. Nel frattempo che Chad apparecchiava il tavolo insieme a Lydia, io, Justin e Eric preparammo il soggiorno per guardare un film horror.

«Sei stata insieme a Dylan?» domandò a bassa voce Justin mentre sceglievamo il dvd da guardare.

La sua domanda mi fece arrivare il cuore in gola, improvvisamente ero agitata e non sapevo che risposta dare. Se avessi detto: ''sì ma ora non più'' sarebbe sembrato che la nostra storia faceva parte del passato e per me non era così. Se invece avessi risposto: ''sì ma io lo amo ancora'' avrei rischiato di sembrare patetica quindi mi limitai a stringermi nelle spalle.

«Ho chiesto perché l'ho sentito parlare con Thomas e ha fatto il tuo nome, è un po' confuso e non sa chi scegliere» aggiunse Justin un po' seccato.

«Scegliere che cosa?» chiesi incredula di quello che avevo appena sentito.

«Non lo so perché quando mi hanno visto hanno smesso di parlare.»

«Avete scelto il film?» intervenne Lydia sedendosi in mezzo tra me e lui.

Mi aveva salvata da una figura poco carina e mentalmente la ringraziai. Lasciai loro due a cercare tra gli scaffali della libreria un film abbastanza decente mentre io mi alzai per andare ad aprire a chiunque avesse bussato alla porta.

Feci entrare il ragazzo delle consegne e andai a prendere i soldi dalla borsa, lo pagai e portai il tutto in cucina. Eric andò a chiamare gli altri due e cenammo in perfetta tranquillità e calma. Parlammo del più e del meno e di tanto in tanto Justin mi guardava con sguardo interessato.

Dopo cena tutti noi pulimmo la cucina e andammo a guardare il film scelto da Lydia, ''28 settimane dopo''.

La serata si concluse con un filmato fatto da Lydia mentre io saltavo dal divano alla poltrona imitando una scimmia. Dopodiché ognuno andò a dormire ed io scelsi la stanza matrimoniale dato che non c'erano più coppie in casa. Mi addormentai nel giro di pochi secondi grazie alla pillola antidepressiva e il solito sonnifero.   

«Riley!»

Mi svegliai di soprassalto mentre qualcuno continuava a scuotermi leggermente. Ero sudata, aveva il fiatone e la gola mi bruciava. Aprii gli occhi e vidi qualcuno seduto sul letto accanto a me.

«Va tutto bene, va tutto bene» disse Dylan preoccupato.

Solo in quel momento cominciai lentamente a riprendermi dallo stato di stordimento causato dal risveglio improvviso.

«Era solo un incubo» dichiarai io, «perché sei qui?» aggiunsi quando recuperai ancora un po' di lucidità.

Lui allungò il braccio per accendere la lampada sul comodino e fare un po' di luce.

«Sono appena tornato insieme agli altri, ho sentito dei rumori strani e sono entrato a vedere a cosa fosse dovuto» ribadì lui.

I suoi occhi mi osservavano comprensivi mentre mi posava una mano sulla spalla. Era la prima volta che mi toccava dopo quasi undici mesi che non capitava più e fu una cosa bellissima.

«Vuoi un bicchiere d'acqua?» chiese cautamente lui.

«No, grazie» replicai con voce incrinata ancora sorpresa per quel semplice tocco.

Si avvicinò di più a me ma ero spaventata da quell'orribile incubo che avevo fatto così mi allontanai leggermente, come se avessi paura.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora