Stay

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Dylan  invece stava parlando con Jace e Thomas e averlo in casa mia e non poter abbracciarlo mi feriva molto.

Non riuscivo ad immaginarlo con Malia, non riuscivo ad accettare il fatto che stesse con lei, la guardasse nel modo in cui guardava me, le dicesse che la amasse. Per un minuto, l'impulso di andare da lui e dirgli tutta la verità fu infrenabile ma riuscii a riacquistare la lucidità e lasciai perdere. La gola sembrò ingrossarsi, gli occhi divennero lucidi e mi portai spasmodicamente una mano alla gola, osservando il ragazzo davanti a me. Non mi ero mai resa conto che mi mancava così tanto. Era una nostalgia malvagia e sottile dovuta ad una partenza mai programmata. Non avevo scelto di andarmene, ero stata obbligata dalle scelte di qualcun altro, i miei genitori.

Non volevo che gli altri venissero a chiedermi cosa avessi o perché non mi divertissi, così mi precipitai in bagno a riprendermi.

Tirai un sospiro di sollievo quando mi chiusi la porta alla spalle, i suoni diventarono più ovattati e mi sentii un po' meglio. Appoggiai le mani sul lavandino e mi guardai allo specchio non riconoscendomi più. Non avevo mai sofferto così tanto per un ragazzo come per Dylan, non avevo mai messo al primo posto la felicità di qualcun altro se non la mia. Il ricovero nel manicomio non mi aveva migliorata, mi aveva soltanto resa empatica.

Scossi il capo e uscii dal bagno per tornare dai miei amici, infondo era la festa dei saluti e non potevo chiudermi a piangermi addosso.

Ritornai in soggiorno, avviandomi verso il tavolo degli alcolici e prendendo un bicchiere di chissà quale drink preparato da Thomas.

Mi guardai intorno in cerca di Lydia ma lei era sparita e così anche Caleb. Non ci volle molto ad arrivare alla risposta della loro scomparsa, ero felice che avessero fatto pace. Bonnie mi venne in contro e iniziò a parlarmi di quanto le piacesse la mia casa e di quanto fossi fortunata ad abitare da sola.

«Sul serio, invidio la tua vita, la tua famiglia ricca» aggiunse mentre mi versavo un altro po' di vodka e succo ai mirtilli.

Il sapore era disgustoso ma lo mandai giù con uno sorso poi tornai a guardare la ragazza che desiderava essere me non sapendo delle conseguenze.

«Cosa te ne fai di tutte queste cose quando sei sola?» le risposi con una domanda.

«Tu non sei sola, hai tanti amici che ti vogliono bene» mi assicurò lei sorridente.

«Non intendevo quello» dissi a bassa voce.

«Come scusa? Sono un po' brilla e non ho capito quello che hai detto» dichiarò lei sorseggiando il drink.

Feci spallucce e le dissi che non avevo detto niente, non mi andava di fare conversazione con una persona che il giorno dopo avrebbe dimenticato tutto. Afferrai una birra, la aprii e bevvi, era l'unica cosa che mi tirava su il morale.

Circa un'ora dopo, la maggior parte degli invitati se ne erano andati con la scusa del lavoro. Erano rimasti solo Lydia, Thomas, Eric e Dylan. Quest'ultimo aveva bevuto un po' troppo, tanto che non riusciva  reggersi in piedi da solo. Era steso sul divano e intanto fissava il soffitto bianco, pensando a chissà cosa.

«Lo accompagno a casa» disse Thomas ma Dylan  sentì tutto visto che la musica era spenta da un paio di minuti.

«Voglio rimanere qui, non do fastidio a nessuno» biascicò lui.

Thomas mi lanciò uno sguardo interrogativo al quale io risposi con un cenno di testa. Poteva rimanere a dormire a casa mia se era quello che voleva.

Mi avvicinai a lui, dato che aveva rifiutato Thomas ed Eric, e lo accompagnai nella camera da letto, quella dove mia nonna aveva trasformato in una stanza d'ospedale. Lui era appeso al mio collo e si stava divertendo per la difficoltà in cui mi trovavo nell'aprire la porta. Fortunatamente Lydia se ne accorse e abbassò la maniglia, spalancandola. Dylan si mosse e per poco non cadde, riuscii però a tirarlo verso di me in tempo.

«Ma quanto hai bevuto?» domandai mentre lo aiutavo a stendersi sul letto.

«Non ho bevuto molto» replicò chiudendo gli occhi appena la sua testa toccò la superficie fredda e morbida del cuscino.
«Ora riposa» dissi indietreggiando verso la porta.

«Riley» mi chiamò con la sua voce impastata.

Tornai da lui in pochi secondi e la sua mano forte mi afferrò il polso. Quella stretta fece aumentare il mio battito cardiaco e non sapevo come comportarmi.
«Hai bisogno di qualcosa?» domandai, prendendo posto sul letto accanto a lui. «È tardi e domani devi andare al lavoro» gli ricordai.

Dylan si alzò sui gomiti lentamente e avvicinò il viso al mio.

«Resta con me» mi sussurrò al orecchio.

«Ti faccio compagnia finché non ti addormenti» proposi io.

Lui non rispose e così lo feci alzare dal letto per sistemare la coperta. Quando finii, lo aiutai a togliersi la felpa e le scarpe e tornò a sdraiarsi sul letto. Afferrai l'angolo della coperta e lo coprii, lasciando scoperta solo la testa mentre i suoi occhi si chiudevano lentamente.

In cosa mi stavo cacciando? Volevo dimenticarlo ma questo non mi era concesso perché capitava sempre qualcosa che ci avvicinava pian piano.

«Resta fino a domani» disse infine lui, quando pensavo che stesse dormendo già da un bel po'.

La sua mano calda toccò la mia ed io girai la testa verso di lui.

«Dylan, no» replicai quando la sua mano mi tirava verso di lui.
«Te ne vai e chissà tra quanto torni, resta con me fino a domani» ripeté lui una seconda volta, riuscendo a farmi stendere accanto a lui.

Mi lasciai cadere e il suo profumo mischiato all'odore dell'alcol non mi dava il voltastomaco, tutto il contrario.

«Allora, resti con me?» il suo alito caldo sul collo mi provocò una serie di scosse elettriche lungo la schiena.

Il mio cuore iniziò a battere fortemente finché non persi un battito quando fece intrecciare le nostre dita, posandomi un bacio sul collo.
«Tu non vuoi questo, Dyl» tentai di protestare.
«Chi te lo dice?» domandò lui.

Avrei voluto cedere alla tentazione ma sapevo che il giorno dopo lui si sarebbe pentito ed io avrei sofferto per quello che avremmo potuto fare.
Mi girai verso di lui e lo guardai negli occhi. L'unica luce che riusciva ad entrare nella stanza era quella del corridoio, illuminando il suo viso in parte.

«Non possiamo farlo, non è giusto.»

Di fronte alla mia risposta, sul suo viso comparve un sorriso tirato.
«Chi lo dice che non è giusto? Tu lo vuoi quanto lo voglio io» esclamò a bassa voce.

«Buonanotte Dyl» dissi, alzandomi dal letto e allontanandomi velocemente.

«Fermati, non andare.»

Avevo ormai raggiunto la porta, stavo per afferrare la maniglia. L'unica cosa dovevo fare era uscire dalla stanza eppure rimasi immobile.

«Sento che questo sia un addio, ti chiedo solo un ultimo bacio» proferì lui mentre il mio cuore, per pochi istanti, smise di battere.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora