Little lie

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Lydia e Thomas avevano organizzato tutto per festeggiare la fine di un anno, per me, da dimenticare. Invitarono Eric e Chad in una casa affittata a Greenville, distante da Kentwood di quarantatré miglia.

Prima che accettassi il loro invito, chiesi se ci fosse stato anche Dylan e la sua fidanzata ma loro avevano negato quindi non esisteva un apparente motivo per non andarci.
Preparai un borsone pieno di vestiti dato che ci saremmo fermati per cinque giorni, poi passai a salutare i miei genitori dove lasciai Ares e tornai a casa per prepararmi. Quando finii, circa due ore dopo, chiamai Lydia e al suo posto invece arrivò Thomas. Caricai il borsone nel bagagliaio poi salii sul sedile anteriore, accanto al mio amico.

«Dov'è Lydia?» domandai quando lui mise in moto l'auto.

«Eric ha detto che non se la cava bene con il navigatore e a Chad hanno ritirato la patente, perciò li accompagna lei» replicò lui stanco.
«Quando sono partiti?» chiesi cercando di aprire una conversazione.

«Stamattina alle sette» ribadì annoiato.

«Okay Mr. Simpatia, è successo qualcosa?»

«Niente di importante, Rosie sta facendo gli straordinari per pagare le visite mediche a sua madre» aggiunse Thomas, stringendo il volante fra le mani.

«Posso aiutarla io con i soldi» proposi ma vidi il mio amico scuotere il capo.

«Mi sono offerto di prestarle tutti i soldi che vuole, ovviamente non li volevo indietro perché so quanto difficile sia la sua situazione» spiegò mentre lentamente ci stavamo fermando al semaforo rosso.

«Sei un bravo ragazzo» esclamai, accarezzando la sua mano ferma sul cambio della macchina.

Thomas non aveva soltanto aiutato me con i soldi ma voleva farlo nuovamente e per quello lo ammiravo. Non era da tutti fare del bene senza secondi fini.

Il resto del tragitto lo passammo in silenzio finché, lungo l'autostrada, non ci fermammo in una stazione di servizio per andare in bagno. Lui fece benzina ed io entrai nel supermercato per comprare dei muffin dato che Lydia mi aveva mandato un messaggio dove mi spiegava, anche se non direttamente, che voleva dei dolci.

Dopo una decina di minuti eravamo di nuovo in marcia ma ormai eravamo vicini alla destinazione. Un quarto d'ora circa più tardi arrivammo di fronte ad una casa non molto grande, completamente bianca con un piccolo giardinetto davanti, quasi inesistente. Sugli scalini, un paio di amici di Thomas ci vennero in contro per salutarci e raccontarci quanto fossero stati schifosi i panini di Lydia e le altre due ragazze. Li salutai e li lasciai da soli, dirigendomi con lo scatolino dei muffin stretto al petto.
Subito dopo entrai e fui accolta da Lydia, seguita da Eric che mi strinse tra le sue braccia.
«Cosa ne pensi di come abbiamo allestito la casa?» domandò Lydia.
«Avete fatto un buon lavo»

«Ry vieni a mangiare?» mi interruppe Thomas poco dopo.

Accennai un sì con il capo e lo seguii in cucina. Misi i muffin nel frigo poi iniziai a preparare dei panini.

«Dov'è quel coglione di Thomas? Gli avevo detto di aspettarmi» esclamò ad un tratto una voce a me molto conosciuta.

No ti prego, non può essere lui.
«È in cucina» rispose uno dei presenti.
Non mi stavo sbagliando, era proprio Dylan e quando mi notò si mise a fissarmi.
Lydia ci raggiunse, mettendosi in mezzo a noi due per fermare quell'incessante scambio di sguardi imbarazzati.
«Non si saluta più ormai» dichiarò la mia amica abbracciandolo.
Lui ricambiò l'abbraccio ma continuava a guardare me.
Alla fine Thomas decise di venire in mio aiuto, alzandosi dal tavolo con il panino in mano e portando il suo amico da un'altra parte della casa.
«Mi avete detto che lui non c'era» esclamai quando la porta della cucina si chiuse, lasciando me e Lydia da sole.
«So molto bene quello che ti abbiamo detto. L'abbiamo fatto perché, se avessi saputo che sarebbe venuto anche lui e Malia-»

«C'è anche Malia?» la interruppi io.
«Sì ma non puoi passare il capodanno da sola soltanto perché il tuo ex ragazzo esce con un'altra. L'abbiamo sempre festeggiato insieme e questo non deve cambiare.»
«Lydia, questa non è una giustificazione. Avrei preferito starmene da sola piuttosto che nella loro compagnia.»
Dopo qualche attimo di silenzio, Chad e Eric ci raggiunsero in cucina, proponendomi di andare con loro a fare la spesa. Avrebbero potuto andare da soli, non avevano bisogno di me, avevano la lista della spesa e l'auto ma sapevo perché lo chiedessero: volevano portarmi via da quella casa, anche se per poche ore.

Tornammo a casa con l'auto piena di buste e nel bagagliaio le bottiglie di alcolici rischiavano di rompersi da un momento all'altro. Sul viale di casa erano arrivate altre due auto e mi chiesi come avremmo fatto a starci tutti in quella casa. Non era una villa, c'erano due bagni e quattro stanze, due delle quali matrimoniali e le restanti due con letti a castello. Alcuni degli invitati che erano in veranda a fumare, vennero ad aiutare Eric e Chad mentre io portavo dentro le borse meno pesanti.

In cucina però vidi una persona che mi era mancata molto. Hazel, in tutta la sua bellezza, mi venne incontro per togliermi le borse dalle mani, per poi abbracciarmi.

«Perché io non sapevo niente del tuo ritorno?» domandai quando l'abbraccio che ci univa si sciolse.

«E tu perché non mi hai detto la verità sulla tua scomparsa?» rispose con un'altra domanda, a bassa voce. «Me l'ha appena detto Lydia e tranquilla, non lo dirò a nessuno» aggiunse poco dopo, lasciando l'entrata libera per i ragazzi che portavano dentro la roba.

Hazel, in compagnia di Lydia, si affaccendava a preparare il caffè, mentre io ero appoggiata di schiena contro il frigo ad osservare i nuovi arrivati.

«Lui è Mike» esclamò improvvisamente Hazel, indicando un ragazzo alla mia sinistra. «Stiamo insieme da due mesi» continuò con voce calda e rilassata.

«Come vi siete conosciuti?» domandai, avvicinandomi alla mia amica.

«Hai presente la scena scontata della ragazza che va a sbattere contro un ragazzo? Il cliché che vediamo di continuo nei film, insomma. È successo proprio così, solo che invece di aiutarmi a raccogliere i libri, lui ha tirato un calcio alla mia borsa. Abbiamo iniziato a litigare e siamo finiti dal rettore che ci ha costretti a pulire tutti i bagni del campus» spiegò lei con un'espressione schifata sul viso.

«Se non sono cattivi, non ti piacciono» replicai io, roteando gli occhi.

«Tu invece?» ma in risposta Lydia le tirò una gomitata.

«Va tutto bene» risposi, spostando lo sguardo verso la finestra che dava sul piccolo giardino davanti alla casa. «Felicemente single!»

**

«Ti prego, andiamo a sederci» ascoltai in silenzio l'ennesima lamentela della mia amica mentre distratta ballavo sulla pista improvvisata nel grande soggiorno della casa.
Dovevano essere circa le tre del mattino ed io, per qualche strana ragione, non ero in camera a piangermi addosso perché avevo visto Dylan insieme a Malia. Probabilmente era l'effetto della pillola della felicità, come adorava chiamare Eric l'antidepressivo che prendevo.
Accompagnai la mia amica verso il divano, spingendoci a tentoni tra quella piccola folla di gente di cui non conoscevo nessuno. Pochi attimi dopo arrivammo al divano e ci lasciammo cadere di peso. Hazel aveva bevuto un bel po' ma era ancora lucida e fissava un angolo della stanza. Ad un tratto la vidi irrigidirsi, stringendomi la mano. Volevo capire il perché del suo cambiamento improvviso, così seguii il suo sguardo e vidi Dylan da solo che guardava lo schermo del suo cellulare.
Non riuscivo a smettere di domandarmi perché lui avesse assunto quell'atteggiamento brutale nei miei confronti, come se fossi qualcosa di inutile per lui nonostante avessimo condiviso molti momenti insieme.
«Vai a parlarci» le parole sussurrate nel mio orecchio sembrarono risvegliarmi dalla trance in cui ero bloccata.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora