L'invito

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Prima di alzarmi dal letto mi presi un paio di minuti per riflettere sulla serata passata in compagnia di quel ragazzo, Noah. Ci eravamo divertiti, avevamo parlato a lungo e ci trovavamo in sintonia. La cosa che mi piacque di più in lui era che non ci aveva provato con me nemmeno una volta, parlavamo semplicemente come se lui volesse conoscermi davvero. La serata si era conclusa quando Eric non riusciva più a stare in piedi, come al solito aveva esagerato con l'alcol e, per la seconda volta da quando ci trovavamo a Medford, toccò ancora a me portarlo a casa.

Misi finalmente giù i piedi dal letto, decisa di andare in cucina, preparare la colazione, dare da mangiare ad Ares ed infine portarlo alla solita passeggiata mattutina.

Indossai la vestaglia, gettai un'occhiata fuori dalla finestra e vidi la pioggia scendere inesorabile. Era una giornata da stare a casa, possibilmente sotto le coperte a ingozzarsi di schifezze.

Attraversai il corridoio dirigendomi in cucina, la televisione accesa ad un volume quasi impercettibile eppure non c'era nessuno a guardarla.

Presi una delle tante tazze messe in ordine sul lavello e la riempii di tè verde, lasciando che il calore della tazza avvolgesse completamente le mie mani fredde. Stavo per prendere un cucchiaio dal cassetto per zuccherare la bevanda, quando il volume della televisione si abbassò all'improvviso. Mossi qualche passo, fermandomi sulla porta, appoggiando una spalla contro.

«Buongiorno, abbiamo dormito bene?» domandai quando Eric poggiò il telecomando vicino al forno a microonde.

Lui aggrottò le sopracciglia e si sedette al tavolo, aiutandosi con entrambe le mani a reggersi la testa.

«Hai qualcosa per il mal di testa?» chiese senza prestarmi troppa attenzione.

«No, mi dispiace» replicai, raggiungendo il tavolo e sedendomi sulla sedia di fronte alla sua.

«Il figlio dello sceriffo ha una cotta per te» affermò ad un tratto Eric, alzando lo sguardo verso di me.

«Il figlio dello sceriffo?» ripetei, fingendo di non sapere che si stesse parlando di Noah.

Eric accennò un leggero sì con il capo.

«Sai cosa significa questo?» fece una breve pausa poi riprese a parlare. «Ci sarà utile» esclamò alzandosi dalla sedia. «Lo sceriffo è la soluzione a tutti i nostri problemi, voglio dire, il figlio dello sceriffo» annunciò soddisfatto.

Alzai gli occhi al cielo alzandomi dal tavolo.
«Non voglio farlo» esclamai, controllando l'ora sullo schermo del mio cellulare. «Ho usato Dylan per risolvere i miei problemi e mi sono innamorata di lui, non voglio passarci un'altra volta.»

«Sai Riley, non sei l'unica ad aver rinunciato al grande amore» sussurrò lui abbassando lo sguardo. «Anch'io ho dovuto farlo e pensavo che non sarei mai riuscito a sopportare tutto quel dolore, eppure l'ho fatto.»

«Come?»

«Devi accettare ciò che Dylan significa per te, una debolezza» esclamò lui convinto.

«No, non posso farlo» dissi scuotendo lentamente la testa.

«Chiodo schiaccia chiodo» precisò lui, evitando di guardarmi. «Siamo a Medford, qui non c'è la tua famiglia a rinchiuderti in un ospedale psichiatrico, non c'è una psicopatica che vuole rubarti il ragazzo e gli nasconde la verità. Siamo solo noi due» esordì.

«Le persone non si usano, io non posso più farlo.»

Eric mi sventolò una mano davanti al viso, come a voler lasciar cadere il discorso.

«Ogni tanto pensa anche a te stessa» disse mentre lasciavo la cucina.
Entrai in bagno a farmi una doccia prima di iniziare la giornata.

Lasciai che il getto d'acqua calda mi svegliasse completamente. Una decina di minuti più tardi uscii e mi avvolsi attorno al corpo un asciugamano, poi andai in camera mia. Aprii l'armadio, scelsi velocemente i vestiti da indossare e mi asciugai i capelli con il phon. Mi vestii, mi diedi una pettinata ai capelli e uscii finalmente dalla stanza. Cercai nel primo cassetto della mensola in corridoio il collare di Ares, poi quando la trovai afferrai la borsa e chiamai il pitbull. Prima di uscire mi fermai davanti allo specchio per darmi l'ultima sistemata e il mio amico mi raggiunse.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora