Not my type

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La sera seguente chiamai i miei genitori e li invitai a cena fuori che, con grande sorpresa, accettarono lasciando i lavori che avevano da svolgere.

Erano ormai venti minuti che eravamo seduti al tavolo riservato al mio nome e non vedevo l'ora che i miei genitori arrivassero. Io e Eric eravamo vestiti in maniera elegante come poche volte.

«Ti ricordi tutto il nostro piano?» domandai all'improvviso con gli occhi puntati sulla porta d'ingresso, alle spalle di Eric.

«Abbiamo provato almeno cinque volte il discorso, mi ricordo tutto» replicò lui annoiato.

Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti, fin quando sentii mio padre chiamare il mio nome. Girai il capo verso di loro e li vidi, mio padre indossava un completo nero mentre mia madre un vestito bianco e aveva i capelli mossi. Si sedettero al tavolo e mia madre, dopo che il cameriere ci lasciò i menù, richiamò la mia attenzione.

«Siamo qui per festeggiare la fine del tuo recupero, vero?» domandò lei con un sorriso sulle labbra.

«In realtà sono stato io a chiedere a Riley di organizzare quest'uscita» disse Eric continuando a sfogliare il menù.

Mio padre alzò gli occhi dal menù nel momento preciso in cui Eric finì di parlare. Scosse il capo e sbatté le palpebre in attesa di una giustificazione più dettagliata.

«È da poco che ho iniziato a lavorare per voi, mi avete accolto come un figlio e non saprei come ringraziarvi» continuò il mio amico, chiudendo il menù e guardando i miei genitori.

«E tu sei un ragazzo bravo che ha voglia di lavorare» esclamò mio padre.

«Grazie signore» commentò Eric. «Quello che volevo chiedervi è se potessi assentarmi dal lavoro per qualche settimana» aggiunse poco dopo.

«Possiamo sapere il motivo? Se ti è successo qualcosa di brutto, noi potremmo aiutarti» dichiarò mia madre, prendendo un sorso di vino rosso.

«Vorrei andare a trovare dei parenti in Oregon» spiegò Eric velocemente.

Il cameriere arrivò a prendere le nostre ordinazioni quindi la conversazione, per poco, si chiuse.

«Avete già deciso o passo più tardi?» domandò il cameriere afferrando il bloc-notes dalla tasca del grembiule.

«Per me una bistecca, cottura media» dissi senza degnarlo di uno sguardo.

«Per me» Eric si fermò per sbirciare nuovamente il menù sotto lo sguardo del cameriere divertito. «Una tagliata al sangue» concluse infine.

«Bene, prego» esclamò il cameriere rivolgendosi ai miei genitori.

Quando restammo ancora soli, riprendemmo la conversazione da dove l'avevamo lasciata.

«Ti servono soldi o altro?» chiese mia madre.

«No, no» rispose prontamente Eric. «Vorrei chiedervi il permesso di portare Riley con me, sa l'Oregon non è molto accogliente con le persone come me» disse alludendo al fatto che fosse omossessuale.

Io rimasi sorpresa dal suo coraggio, non me lo aspettavo proprio. Feci vagare lo sguardo sull'espressione compiaciuta del mio amico e su quelle sbalordite dei miei genitori.

«I suoi genitori, come ben sapete, l'hanno rinchiuso nel manicomio perché pensano che l'omosessualità sia una malattia. Eric vuole andare a trovare l'unica zia che gli è stato vicino» precisai io.

Il silenzio calò mentre il cameriere ci portava i piatti.

«Non so se sia una buona idea per lei» commentò mio padre addentando un pezzo di pane.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora