Wake up little boy

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I primi ad arrivare furono due poliziotti, poi l'ambulanza che caricarono il mio amico del tutto incosciente sulla barella. Insistetti per salire con lui ma furono contrari mentre i poliziotti sembravano più interessati a sapere di più sul suo conto che aiutarmi.

Infine mi fecero salire sulla volante e seguirono l'ambulanza, accendendo la sirena per non perderli di vista.

Il veicolo si fermò davanti alle porte dell'entrata d'emergenza dell'ospedale. Un gruppo di infermieri si affacciarono e presero la barella che portava Jaxon, correndo all'interno del pronto soccorso. Un infermiere accompagnò me e i poliziotti nella sala di attesa.

«Appena riusciamo a stabilizzarlo potrà entrare» pronunciò prima di andarsene.

«Lei è la fidanzata?» chiese una delle guardie.

«No, sono la sua migliore amica» dissi cercando di contenere le lacrime che continuavano a segnarmi le guance.

Mi misi a sedere nella piccola sala d'attesa dipinta di bianco e illuminata lievemente. La realizzazione di quello che era appena successo cominciò a farsi viva nella mia mente.

È successo esattamente ciò che più temevo. È solo colpa mia, non dovevo fermarmi davanti alla questura. Non avevo fatto altro che peggiorare la situazione. Respirava a fatica, era più morto che vivo e la colpa era solo mia.

Erano le frasi principali che mi affollavano la testa. Davanti agli occhi continuavo a rivedere il suo corpo accasciato sul marciapiede ed i miei vestiti zeppi del suo sangue...tutto quel sangue.

Mi portai le mani al viso e lasciai che le lacrime mi offuscassero la vista.

«Torneremo a farle qualche domanda dopo» annunciò l'agente.

Passai le seguenti due ore immobile su quella sedia, le mani sporche di sangue e la paura di non vederlo più. Di non ridere più insieme a lui, di non poterlo più abbracciare e persino di sentire le sue parolacce.

Finalmente uno dei dottori entrò nella sala d'attesa e si sedette di fianco a me, restando in silenzio per alcuni istanti.

«Voglio che si prepari per il peggio» iniziò. «Ha perso molto sangue, la pressione è bassissima e in una situazione normale un intervento chirurgico sarebbe fuori discussione-»

«Intervento chirurgico?» lo interruppi sgranando gli occhi.

«Dobbiamo rimuovere il proiettile, è troppo vicino al polmone sinistro.»

Aprii la bocca per rispondere ma nessun suono ne uscì, ero totalmente terrorizzata da quelle parole.

«Ci può aiutare a contattare i suoi familiari?»

«Ecco... lui... Sono l'unica che ha, i suoi genitori sono morti in un incidente» mentii.

«Deve firmare questa liberatoria nel caso l'operazione non andasse bene» mi diede il documento ma non riuscivo a leggere una parola di ciò che c'era scritto.

«Potrebbe...potrebbe non andare bene?»

«La percentuale che lui possa superare l'intervento scende al dieci percento.»

«E dopo l'intervento?»

«Sale al sessanta percento che si risvegli dal coma. Già che ci sono devo informarla che dopo una settimana, siccome non ha l'assicurazione sanitaria, dovrà pagare.»

«È l'ultimo dei miei problemi» sussurrai, firmando poi la liberatoria.

Gliela consegnai e lui andò via, lasciandomi intimorita da quella situazione.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora