Epilogo

61 5 0
                                    

(Tre anni dopo)

«I vestiti sporchi vanno messi nel cesto in lavanderia Dylan, sono due anni che te lo dico di smetterla di lasciarli in giro per la casa» lo ripresi mentre lui faceva colazione in tutta la tranquillità, guardando la replay della partita di baseball.

Ares mangiava anche lui ma quando capì che ero arrabbiata si avvicinò a Dylan, come per difenderlo.

«Mi sono dimenticato, ieri sera ho finito di lavorare tardi» si scusò lui.

«L'avevo intuito dai fogli sparsi ovunque stamattina» alzai gli occhi al cielo mentre stringevo al petto i suoi panni.
Nonostante glielo ripetessi tutti i giorni sembrava cancellare ogni mia lamentela a fine giornata però ero felice quando tornavo a casa e lo trovavo sul divano, o lo aspettavo al rientro dopo il lavoro. Erano due anni che convivevamo e furono gli anni più belli di tutta la mia vita, facevamo molte cose insieme e ci trovavamo con gli amici quasi ogni sera.
Avevamo viaggiato molto, nelle vacanze ovviamente, visitammo gran parte dell'Europa, alcuni Stati del nostro paese e per una settimana vedemmo anche il Giappone.
L'ultimo dell'anno lo festeggiammo con Phoebe e la sua famiglia, presentandogli i miei fratellini. Inutile raccontare di quanto si fossero affezionati a Dylan in soli 6 giorni infatti almeno due volte all'anno andavamo a trovarli o viceversa. La stessa cosa non potevo dire di Phoebe che, nonostante vivessimo nella sua casa, la evitavamo come la peste infatti la maggior parte del tempo lo passammo in giro per la città.
Non solo le nostre vite erano migliorate ma anche i nostri amici se la passavano bene.
Jaxon aveva affittato un appartamento vicino all'azienda di Dylan e usciva con una ragazza tranquilla e rispettosa. Ero felice per loro, stavano bene insieme e ci divertivamo un sacco quando facevamo le cene a quattro.

Eric e Chad anche loro erano andati a convivere e andavano d'accordo, pensavano di sposarsi ma furono preceduti da Lydia e Caleb.
Il loro non fu un matrimonio grande ma il tutto fu organizzato nei minimi dettagli, fu meraviglioso vedere la mia migliore amica in abito bianco.
Thomas era tornato single perché, a parole sue, quella relazione lo sfiniva e preferiva la vita da single.

Hazel aveva finito l'università e aveva trovato lavoro a Grand Rapids, stabilendosi a poche miglia da noi.

Andava tutto bene e qualche volta avevo paura di vivere un sogno, che tutto ciò che mi circondava fosse solo un'illusione.

«Tua madre ha chiamato poco fa, ci aspetta da lei per il cenone di Natale» esclamò Dylan distogliendomi dai miei pensieri.

«Sarà una lunga giornata» gridai dal bagno per farmi sentire.

**

Mia madre per tutta la durata del primo pasto era stata col viso sommesso e gli occhi persi nel vuoto. Mio padre ogni tanto cercava di intavolare una conversazione che però sviava. Cosa strana, perché a lei piaceva parlare ed io odiavo vederla in quel modo, mi sentivo impotente e sapevo che c'era qualcosa che non andava. Ne ebbi la certezza, quando all'improvviso si scusò con tutti e uscì fuori casa, senza nemmeno indossare la giacca. Senza pensarci due volte, cercai lo sguardo di Dylan che annuì, così mi alzai e andai anch'io fuori, indossando prima però il mio giubbotto e prendendo il suo. L'aria fredda mi pizzicò subito il viso, era una sensazione molto fastidiosa. Uscii nel portico e arrivai fino al muretto su cui mia madre era seduta. Mi avvicinai e mi sedetti al suo fianco, poggiandole il cappotto sulle spalle.

«Grazie» sussurrò, sorridendomi appena.

«È successo qualcosa mamma?» le chiesi con calma.

«Stavo riflettendo» commentò, tornando a guardare il vuoto. «Tra un anno aprirai il tuo studio e non avrai più tanto tempo libero per noi. Guarda tuo fratello, lo vediamo a Natale e Pasqua e non sai quanto mi manca avervi in giro per la casa.»

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora