Last night

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«Mi annoio da solo, tu studi sempre» fu Jaxon a parlare. «E poi abbiamo preso anche il pranzo» aggiunse soddisfatto, indicando la borsa.

Iniziai ad apparecchiare per tre mentre loro installavano il gioco e quando il tavolo fu pronto li chiamai.

L'odore del cibo riempiva l'intera cucina, facendo venir voglia ad Ares di rifiutare le sue crocchette.

Dylan e Jaxon si sedettero agli estremi del tavolo, l'uno di fronte all'altro e il pranzo iniziò. Cominciai subito a mangiare non badando ai discorsi dei ragazzi che aleggiavano nella stanza.

«Ci sono molte orde di zombie, chissà se riuscirai a combatterle» esclamò Dylan, facendo riferimento al gioco.

«Lo so, devo pensarci bene» fu la risposta di Jaxon.

Quando arrivò il dolce pensai che il pranzo stava per finire, nel giro di mezz'ora sarei stata libera di studiare, magari mi sarei scusata incolpando la stanchezza. Ci accomodammo il salotto e ognuno assaporava la sua fetta di cheesecake.

«Andrò a lavorare nell'azienda di Dylan quando mi riprenderò del tutto» alzai lo sguardo e vidi che Jax mi stava guardando.

Dylan pulì le mani con il tovagliolo e si schiarì la gola.

«Ci stiamo ingrandendo e mi servirà un operaio un più.»

«Quando l'avete deciso?» chiesi corrucciando la fronte.

«Prima, mentre aspettavamo il pranzo» spiegò gesticolando.

«Non sarebbe stato meglio consultarti prima con me?» dissi in un sospiro.

«Non c'è motivo per cui tu debba prendertela, volevo solo aiutare» replicò Dylan.

Non risposi, avevo bisogno d'aria fresca per calmarmi. Prima di uscire, mi infilai il cappottino appeso all'attaccapanni nell'ingresso e uscii dalla porta sul retro, lasciandola che si chiudesse da sola.

Mi inoltrai nel giardino, verso una delle mie zone preferite: i fiori che aveva piantato mio nonno.

«Si può sapere perché ti stai comportando così? Non ha fatto niente di male» si lamentò Dylan alle mie spalle.

Infilai le mani nelle tasche del cappotto ed abbassai con vigore la testa in modo che il cappuccio mi ricadesse maggiormente sulla testa.

«Non mi sto affatto comportando male» risposi affondando maggiormente il viso nel bavero del cappotto.

«Allora cosa c'è?» alzò lo sguardo al cielo.

«È sotto la mia responsabilità. Cucino, lavo, stiro per lui, lo porto alle sedute di fisioterapia, pulisco la sua stanza, mi aspetto che si consulti con me prima di prendere decisioni» spiegai con un pizzico di delusione nella voce.

«Ma dovevi vedere il suo sguardo quando gliel'ho proposto. Era davvero felice, Ry» disse infilando le mani nelle tasche della felpa. «Avrai di nuovo la casa tutta per te, approfittane» aggiunse cercando di smorzare l'aria seria che si era formata.

«Così posso dare le feste» stetti al gioco e risi.

«Certo, puoi fare quello che vuoi finché lui è al lavoro»e alle sue parole risi di cuore, dandogli un leggero schiaffo sul petto.

Anche lui si unì al coro di risate. Potevamo sembrare due pazzi agli occhi di chi guardava dall'esterno. Due ragazzi che ridono fuori nel giardino con una temperatura abbastanza bassa per la stagione.

«Dai, rientriamo. Parlate e chiarite la questione, a me farà più che piacere se venisse a lavorare per me» dichiarò avviandosi alla porta.

Ritornati dentro parlai con Jaxon e ammisi a me stessa che non era la delusione a parlare ma la paura di perderlo. Non volevo che si allontanasse da me perché non avrei più potuto proteggerlo, quello che sentivo per lui era un amore fraterno.

An inconvenient truth || Dylan O'BrienDove le storie prendono vita. Scoprilo ora