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La mia mente era talmente affollata che era come se avessi spento il rumore esterno.

Me ne stavo lì, immobile, nella mia bolla di indifferenza e di apatia.

I pianti di Ashley, le urla di sua madre, le rassicurazioni del preside mi scivolavano addosso silenziosi, al contrario dei miei pensieri che creavano fin troppo frastuono.

Quando vidi mio padre sbucare nel corridoio e percorrerlo a passo spedito nel suo impeccabile abito scuro, la mia bolla di illusioni esplose.

"Che hai fatto questa volta?" mi chiese sprezzante trafficando con il suo cellulare senza degnarmi di uno sguardo. "Stavo salendo su un aereo diretto in Europa per concludere un affare da milioni di dollari." sbraitò velenoso.

"Ti giuro che questa volta non è stata colpa mia! E' Ashley che mi ha provocata." risposi scattando in piedi come una molla.

"Non mi interessa chi ha iniziato a fare cosa, io e te avevamo un accordo, dovevi solo startene buona senza creare problemi. Ne subirai le conseguenze." disse dandomi le spalle per raggiungere il preside.

"Ti scongiuro papà!" gli corsi dietro afferrandolo per la manica del completo. "Per una volta nella tua vita ascoltami!" lo pregai sentendo le lacrime spingere per uscire.

Si fermò concedendomi una frazione di secondo.

"Ashley sa della mamma e di Noah. Lo sanno tutti quanti ora!"

Mio padre si irrigidì di colpo, si girò fulmino e mi afferrò per le spalle.

"Glielo hai detto tu?" iniziò a strattonarmi.

"No te lo giuro, non ho mai detto niente a nessuno, non so come abbia fatto a scoprirlo. E' per quello che l'ho colpita. Mi stava prendendo in giro davanti a tutti!" confessai quasi in lacrime.

"Asciugati gli occhi, non ho tempo da perdere dietro ai tuoi inutili piagnistei. Prima risolviamo la questione e prima posso andarmene via di qui."

Mi asciugai le lacrime in fretta e furia. Papà aveva ragione, me ne stavo sempre a piangermi addosso come una ragazzina. Mi misi al suo fianco con la schiena dritta e la testa alta pronta a scendere in guerra ignorando lo sguardo di Ryan che mi bruciava la pelle e mi scavava nell'anima.

"Vi prego signori, accomodatevi pure nel mio ufficio, vedrete che risolveremo la questione in modo civile." esordì il preside cercando di placare gli animi. "Il professor Tanner e il professor Davis ci aiuteranno a capire la dinamica dell'incidente."

"C'è ben poco da capire!" sbraitò la madre di Ashley "Quella ragazza ha quasi rotto il naso a mia figlia! Ne pretendo l'espulsione immediata."

"Signora Reed, comprendo il suo punto di vista; in questa scuola non è ammessa nessuna forma di violenza e saranno presi dei provvedimenti nei confronti di Charlotte, ma dubito che sua figlia sia completamente innocente." replicò nervosamente il preside Scott.

Mio padre si schiarì la voce e io ritornai la statua di ghiaccio di poco prima.

"Mi dispiace interromperla preside Scott, ho un jet privato che mi aspetta all'aeroporto e non ho proprio tempo da perdere."

Mi afferrò per un braccio e iniziò a stringerlo sempre più forte; era arrabbiato e nervoso e voleva farmelo sapere...voleva darmi un assaggio di quello che mi sarei dovuta aspettare a casa.

Nonostante il dolore non mi mossi di una virgola.

"Chiedo scusa a nome di mia figlia per le sue cattive maniere e provvederò di persona a trovarle un ulteriore punizione; ma prima vorrei capire come una sua compagna sia venuta a conoscenza di informazioni strettamente personali. Inoltre se nessuna forma di violenza è ammessa, perché nessuno è intervenuto nel momento in cui mia figlia è stata pubblicamente presa di mira?" sbottò papà.

Il preside boccheggiò per qualche secondo in cerca di una spiegazione e mio padre finalmente mollò la presa.

Era un dolore sopportabile, niente di nuovo, ma sovrappensiero me lo massaggiai lievemente.

Bastò un secondo per farmi contorcere le budella, gli occhi blu di Ryan mi stavano fissando.

Restai incatenata ai suoi occhi, un botta e risposta mentale che nessun altro avrebbe potuto capire.

Ritornammo alla realtà dopo che il preside riprese a parlare.

"Credo di essere stato io stesso ad aver, involontariamente, dato la possibilità alla signorina Ashley di accedere agli archivi della scuola. Da una mano alla nostra segretaria per recuperare dei crediti." ammise imbarazzato.

"No, non è vero io non lo farei mai! E' stata Charlotte ad aggredirmi dal nulla." piagnucolò ancora Ashley.

"Questo non è affatto vero! Ci sono fin troppi testimoni." sbottai arrabbiata.

"Tu non parlare. Me ne occupo io." mi zittì subito mio padre.

"Queste accuse infondate sulla mia bambina sono ignobili signor preside! Non me ne andrò finché non darà una punizione esemplare alla ragazza." urlò furente la signora Reed.

"Mio malgrado le accuse sono più che fondate, signora." disse il preside. "Professor Davis, il video per favore."

Guardai la bionda con aria vittoriosa e la vidi diventare bianca come un lenzuolo.

"Purtroppo sua figlia non ha messo in conto i suoi compagni e i loro cellulari che riprendono ogni cosa."

Pochi secondi più tardi il video rivelò tutta la verità; non volò una mosca, silenzio imbarazzante, finché la mano della signora Reed non si schiantò sulla guancia della figlia.

"Ora che la questione è pressoché risolta, mi aspetto che facciate qualcosa anche per far sparire dalla circolazione quel video." disse risoluto mio padre alzandosi dalla sedia. "Qualsiasi punizione decidiate di dare a Charlotte, la riterrò opportuna; ora se non vi dispiace corro a prendere il mio volo." concluse allungando una mano al preside.

Prima di andare si avvicinò al mio orecchio.

"Ricordati quello che ci siamo detti, questa volta è andata bene ma non è ancora finita per te." sussurrò per poi allontanarsi e uscire senza più voltarsi indietro.

"Charlotte, le aggiungo una settimana alle due precedenti e a lei Ashley quattro giorni di espulsione e una settimana di punizione, non aiuterà più la segretaria della scuola e le verranno tolti tutti i crediti che le erano stati dati." enunciò il preside. "Ora potete andare."

Ashley non ebbe nemmeno il tempo di commentare che subito venne trascinata fuori da sua madre; io mi alzai silenziosa e attenta a non incrociare nemmeno per sbaglio lo sguardo di Ryan.

Non ero pronta a dare altre spiegazioni.

Dear Mr. DavisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora