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Abbracciai Noah un ultima volta "Ti prometto che tornerò presto, tu cerca di resistere ok?" gli dissi arruffandogli i capelli e cercando di sciogliere il nodo che mi si era creato in gola.

"Non ti preoccupare Charlie, tu piuttosto invece cerca di guardarti le spalle! Non so chi di noi due sia messo peggio." sbuffò sconsolato "Non mi va proprio di lasciarti tornare in quella casa da sola." disse poi sciogliendo l'abbraccio.

"Noah non ci pensare, in fin dei conti me la sono sempre cavata no?"

"Dovrei essere lì a proteggerti Charlie e invece guarda in che casino mi sono cacciato."

Gli presi le mani tra le mie e le strinsi forte.

"Anche io avrei dovuto starti accanto, ma sai anche tu che tutto quello che è successo non è stata colpa nostra."

Non riuscii a guardarlo negli occhi mentre pronunciavo quelle parole perché la mia vocina interiore, nel mentre, mi tormentava consapevole che mi ritenevo ancora l'unica e sola colpevole di tutto quanto e che forse anche il mio fratellino lo pensava.

"Promettimi che mi chiamerai va bene?" insistette Noah "Convincerò Jordan a prestarmi il suo telefono e penso che Ryan non opporrà resistenza nel chiamare sua sorella per te!" esordì facendomi un occhiolino.

Lo spintonai leggermente ridacchiando.

"Croce sul cuore, te lo prometto rompiscatole."

Mi allontanai di qualche passo pronta a ripartire.

"A Charlotte, un ultima cosa...mi raccomando le precauzioni eh."

Diventai viola per l'imbarazzo.

"Fratello... ti conviene salire velocemente quelle scale perché se riesco a prenderti sei finito!" lo minacciai.

Lo sentii scoppiare a ridere mentre spariva dalla mia vista.

Raccolsi il mio zaino lentamente, come se il mio corpo non se ne volesse andare, e uscii dall'edificio.

Trovai Ryan ad aspettarmi seduto sui grandi gradoni di pietra. Era impeccabile come sempre, indossava dei jeans grigi, una leggera camicia azzurra e un pesante cappotto stile Peacoat di colore blu.

Mi chiedevo se ogni mattina accorressero stilisti da tutto il mondo per vestirlo a dovere.

Non lo avevo più visto dal giorno del nostro arrivo e l'idea di affrontare il viaggio di ritorno con lui mi dava un che di agitazione, ma allo stesso tempo la voglia di rivederlo mi aveva tormentata per tutto il weekend.

Mi feci coraggio e scesi i gradoni fino a raggiungerlo. Appena il suo sguardo si posò su di me mi sorrise ma notai che c'era qualcosa che non andava, mi rivolse un rapido saluto, si alzò in fretta e senza dire una parola ci avviammo alla macchina.

Dopo interminabili minuti di silenzio non riuscii più a tacere.

"Si può sapere che hai?" chiesi infastidita.

Lo vidi scostare velocemente lo sguardo dalla strada e poi stringere leggermente le mani attorno al volante.

"Nulla ragazzina. Il tempo non promette bene se non ci sbrighiamo a tornare a casa ho paura che resteremo bloccati sulla via del ritorno." disse rivolgendomi un sorriso.

Accettai la sua menzogna e me ne ritornai a fissare il cielo che effettivamente si era annuvolato parecchio.

"Perché non mi racconti un po' di Noah? Come è andato il weekend?" chiese poco dopo cercando di alleggerire la tensione.

"E' andato bene, ma non sono mai pronta a ripartire, mi si spezza il cuore ogni volta che me ne vado senza di lui." ammisi torturandomi le mani.

"Non dovresti essere triste, vedrai che andrà tutto bene e quello che fai per lui è meraviglioso."

Dear Mr. DavisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora