Capitolo 1

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Il mio nome è Clara Harrison, sono la figlia del duca Harrison, mio padre è il fratello del re.

Nel regno di Arats, re Grosvenor fa il bello e cattivo tempo, ma in fondo è un re giusto, a parte quel piccolo difetto di essere un guerrafondaio.

Ogni tre anni dava inizio ad una guerra o meglio iniziava ad allestire manovre militari lungo i confini con i regni di Cos, Urai e Monok, ovviamente non tutti insieme, se i loro sovrani si fossero coalizzati contro il regno di Arats ci avrebbero spazzato via in poche ore.

Grosvenor si dilettava nell'arte dello stuzzicare e alla fine il gioco gli si rivoltava contro.

Cento anni fa il nostro era il regno più florido e ricco, oggi le nostre terre sono state assimilate in gran parte dagli altri regni a causa delle esercitazioni militari organizzate dal re, vedendosi sfidare gli altri sovrani non rimanevano con le mani in mano e mandavano i loro soldati a difendere il confine, le battaglie erano inevitabili e più terreno conquistavano i nostri nemici e minore terra ci rimaneva da governare.

Vi starete chiedendo perché non ci avessero annientato, ora ve lo spiego. Il nostro è un regno di magia, se gli altri regni si coalizzassero per attaccarci insieme, saremo autorizzati da un trattato di non belligeranza ad attaccare con tutta la nostra forza, ma solo se veniamo attaccati per primi e da tutti i regni confinanti.

Ovviamente anche gli altri sono regni magici, ma un conto è una guerra di logoramento che spreme le casse di tutti i regni e un altro è assimilare terre lungo il confine ogni tre anni come se fossero regalate.

Ma la storia che sto per raccontare non parte da qui, ma da me, l'unica figlia femmina dei miei genitori, ma così inutile che loro stessi mi hanno trattato come se non esistessi, è dura per un duca dover ammettere di aver dato vita ad una persona inutile, un mangia a uffa che non si sposerà mai perché non è capace di usare la magia elementale che è suddivisa in acqua, fuoco, terra, fulmine, vento e dagli elementi più rari come luce, oscurità, ghiaccio, legno e metallo.

Metallo è un elemento raro e dimenticato, nessuno se lo ricorda, infatti, se qualche genio di sacerdote se lo fosse ricordato non sarebbe andato a dire che sono inutile il giorno del rituale del risveglio della mia magia.

Il metallo è una magia che permette al mago di manipolare qualsiasi metallo esistente e farne quello che uno vuole, da fonderlo a creare l'arma più potente al mondo.

«Sei una vergogna per la nostra famiglia, passi che non sei un mago ma nemmeno un guerriero, dentro di te non c'è un filo di magia, anche il contadino più povero o lo schiavo più umile ti sono superiori.» Mi disse mio padre alla fine del rituale, io avevo sperato di diventare un guerriero spadaccino. I guerrieri possono manipolare gli elementi come i maghi, ma solo attraverso armi incantate, la spada per un guerriero magico è il corrispettivo della bacchetta per il mago, anche se i maghi di oggi non usano gli incantesimi ma magie ricavate dagli attributi elementali.

Ciò che nessuno sapeva però era che dalla mia nascita io conservavo i ricordi delle mie vite passate in questo stesso mondo di magia e anche di simili, dove ero stata sia un guerriero valoroso che un mago supremo, un arcimago.

Come arcimago avevo risvegliato in me tutte le magie e potevo usare anche le armi incantate come i guerrieri, ma mentre un guerriero poteva sfruttare solo un elemento in battaglia io potevo usarli tutti. Era la prerogativa di essere, arcimago, scalino più in alto della scala evolutiva.

Conservando i miei ricordi del duro lavoro fatto nel corso di trecento anni per diventare arcimago, ora potevo replicare quel mio risultato impareggiabile in minor tempo, tant'è che già con mesi di anticipo avevo sbloccato la magia in me, quindi il giorno del rituale di risveglio avrebbe dovuto essere solo una proforma per me.

Tutti lasciarono la sala ricevimento dove avevo dato il mio rituale del risveglio lasciandomi lì da sola.

Il maggiordomo venne a prendermi e mi accompagnò alla porta, lì per lì non capii cosa stava succedendo, ma quando la porta per rientrare mi fu sbarrata e dopo due ore di attesa nessuno venne a riprendermi capii di essere stata abbandonata con nulla in mano. Le guardie sotto ordine di mio padre o forse mia madre vennero ad allontanarmi dall'ingresso del maniero di malo modo facendomi cadere a terra su di una pozzanghera d'acqua e sporcando il mio unico vestito che mi era concesso portare con me, quello che avevo addosso.

Ero sempre stata una ragazza con una classe innata, ogni mio movimento trasudava nobiltà e stile, non avevano dovuto educarmi al bon-ton o alle regole di corte, sapevo già tutto.

Mi rialzai con una certa eleganza nei movimenti che faceva invidia a molti, me ne andai senza guardarmi indietro.

A parte lo stile che potevo sfoggiare, ero terrorizzata a morte, avevo si i miei ricordi di vite passate, ma in questa avevo tredici anni e dove potevo andare a sbattere la testa? Non avevo amici, i miei genitori erano troppo potenti e gli altri nobili avevano paura di loro come del re, quindi i bambini degli altri nobili non mi si avvicinavano per paura che io potessi prendermela con loro, neanche fossi una bulla.

Mentre camminavo per le strade buie e sporche della capitale Era, mi imbattei in alcuni tombini che oltrepassai senza pensarci troppo, finché quasi non caddi in uno in cui era stato rimosso il coperchio di metallo.

Spaventata oltre ogni modo per la fine miserabile che avrei potuto fare cadendoci dentro, decisi di appropriarmi di parte del tombino rimosso. Usai la magia del metallo sul ferro del tombino e ne sciolsi un piccolo pezzo a cui diedi la forma di un coltello molto affilato e di colore argentato, il ferro del tombino era un nero molto sporco, ma la mia magia l'aveva ripulito e lucidato.

Con il coltello nascosto tra le mie vesti mi sentii più al sicuro, poi mi ricordai del figlio del marchese Smith, anche lui dopo la sua cerimonia di risveglio della magia fu bandito dalla sua casa, mi sembra che si chiamasse Baptist, anche il nome mi dava un senso un po' da sfigato, un nome da maggiordomo, non che avessi qualcosa con i maggiordomi ma di solito portavano tutti nomi un po' simili, e quel nome non mi faceva pensare ad un nobile, tutto qui. Ma non potevo stare lì ad insultare nessuno, non ero in una posizione migliore, il mio nome probabilmente nel tempo avrebbe preso la connotazione di perdente tra i nobili se non avessi preso in mano la mia vita.

Secondo i pettegolezzi della servitù, in quella che una volta era la mia casa, Baptist si era rifugiato nei bassi fondi circa sei anni fa ed era entrato a fare parte di una banda di criminali.

Sapevo che se volevo sopravvivere avrei dovuto trovarlo.

ESPULSA DALLA FAMIGLIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora