Capitolo 32

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Delmar, Albert e Cristopher erano diventati arcimaghi e risvegliato la magia della parola in loro, avrei voluto dargli un bastone da arcimago con l'elemento corrispondente il loro primo attributo, ma avevamo tutti e quattro bisogno di usare un bastone di elemento luce, quando il demone avrebbe deciso di abbandonare gli incantesimi e iniziato ad attaccarci con la magia demoniaca, quei bastoni avrebbero fatto la differenza.

Avevo ripulito il magazzino dalle matrici che non servivano più e creato un'unica matrice con una potente magia di attributo oscurità che avrebbe creato delle illusioni, all'interno delle quali vi erano diverse simulazioni di battaglia contro il demone, i tre arcimaghi in questo momento erano all'interno della matrice ad allenarsi.

Mentre io ero a negozio a rivedere la contabilità, qualcuno entrò e si avvicinò al bancone dove ero seduto a controllare il registro della partita doppia.

«Disturbo?»

Alzai gli occhi dai registri e vidi mio padre.

«Cosa ti porta qui?»

«Sono venuto a scusarmi con te e Robert.»

«Non è stata colpa tua.»

«Questo però non mi ha impedito di ferire entrambi. Quando il figlio degli Smith fu cacciato di casa e tu cercasti di proteggerlo, non avrei dovuto darti quello schiaffo, ero così arrabbiato con me stesso perché non riuscivo a controllare il mio corpo e dispiaciuto per te. Ho provato giorno dopo giorno ad uscire dal controllo di quella cosa, ma non ci sono mai riuscito, sono un debole.»

«Non sei debole, sei solo umano.»

«Sono molto orgoglioso di te e Robert, volevo che lo sappiate.»

«Grazie, glielo dirò.»

«Non tornerete più a casa vero?»

«Io no. Non so Cristopher, glielo chiederò.»

«Tua madre è tornata a casa ieri, alla fine è riuscita a recuperare la memoria, non si dà pace.»

«Questo lo credo a stento.»

«So che non hai avuto buona impressione di lei, soprattutto quanto è stata in cura qui da te, John Davies me ne ha parlato. Ma prima che il demone la controllasse lei ti voleva molto bene.»

«Eppure io non ho mai avuto un buon ricordo di lei, mi faceva fare sempre cose che non volevo, mi affidava a precettori che mi picchiavano e mi facevano odiare quello che mi insegnavano.»

«Come sarebbe a dire che ti picchiavano?» Chiese esterrefatto mio padre e dal suo sguardo sapevo che il suo stupore era genuino.

«L'insegnante di danza usava una bacchetta di legno, mi picchiava sulle mani ogni volta che sbagliavo. L'insegnante di matematica aveva sempre un grosso spillo che mi conficcava sulle braccia fino a quando non sanguinavo a volte intorno al buco si formava un grosso ematoma, quello di geografia mi dava schiaffi in faccia, vuoi che continui?»

«Perché non mi hai mai detto niente?»

«Credevo che lo sapessi, mamma li incoraggiava a farlo, secondo lei era il miglior modo per imparare, ogni volta che mi punivano lei gli dava dei soldi.»

«Quella donna malvagia e spregevole, ora capisco da chi hanno ripreso Adam e Richard. Questa sera mi sentirà, chiederò il divorzio.»

«Papà puoi fingere di non sapere nulla fino a dopo la mia festa di compleanno? Ho bisogno che mantieni con lei le apparenze, dopo il mio compleanno puoi fare quello che vuoi.»

«Va bene, ma solo perché sei tu a chiedermelo.»

«Aspettami qui, vado a prendere una cosa.»

Andai a prendere il vestito che avevo preparato per Berenice, era completo di un soprabito e delle scarpe tutte in tinta.

L'abito era all'interno di una grossa scatola che appoggiai sul bancone.

«Che cosa è?»

«L'abito che dovrà indossare Berenice alla mia festa di compleanno. Mi raccomando è importante che lo indossi.»

«Tua madre è molto schizzinosa quando si tratta di abiti.»

«Non ti preoccupare questo gli piacerà.»

Delmar, Albert e Cristopher avevano lavorato duramente nell'ultimo periodo, così decidemmo di prenderci una pausa e andare a fare un picnic tutti insieme.

Uscimmo dalla capitale e ci fermammo vicino ad un ruscello con l'acqua gelida e limpida.

Mi presi cura di tutto, volevo che si rilassassero e passassero una giornata serena e con la mente lontana da quello che ci aspettava.

Mettemmo delle coperte a terra e mentre loro tre riposavano io iniziai a cucinare.

Accesi un fuoco con la legna, aspettai che si formasse la brace e vi misi patate e cipolle a cuocere, presi delle uova a cui feci un buchino sulla parte più alta e poi l'appoggia sulla brace in modo che l'uovo non uscisse dal buco.

Mentre tutto si cuoceva, usai una gratella dove mettere la carne e in una casseruola il pane.

«Padrona vuoi una mano?»

«Albert, non ti avevo detto che non dovevi chiamarmi più padrona?»

«Sarei sempre la mia amata padrona, quella che mi ha accolto quando non avevo niente e mi ha dato tutto.»

«Fa come vuoi. Il cibo è quasi pronto.»

Servii il cibo a tutti e mangiammo fino ad essere pieni.

Albert si offrì di ripulire e poi ci sdraiammo tutti insieme a guardare le nuvole passare.

Fu un bel modo di trascorrere la giornata, non sapevo se saremo sopravvissuti a quello che ci aspettava, ma questo sarebbe stato il nostro ricordo felice.

ESPULSA DALLA FAMIGLIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora