13.

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Era una notte strana, silenziosa.
Non si sentiva un gufo, un lupo, animali notturni.
Sembrava che il mondo al di fuori della piccola casetta di legno avesse smesso di vivere, di respirare.
Sembrava che ci fosse stata la fine del mondo, ma senza le esplosioni che si sarebbero potute aspettare, ma senza nessun suono.
Sembrava che fosse stato tutto sostituito dal nulla.
Forse quel silenzio era dovuto alla mancanza della solita luce lunare.
"Anche con la luna nera la vita notturna continua, no? O forse mi sto sbagliando?" Si chiese Giuly, immersa fino al collo da coperte calde.
Nonostante fosse estate, quella serafaceva particolarmente freddo. Forse un'altro effetto della luna nera.
Giuly non riusciva a dormire, ripensava sempre a l'interrogatorio avvenuto nel pomeriggio.

Improvvisamente aveva voglia di sapere per quando era stata sveglia.
Non si vedeva niente.
Trasformò i suoi occhi in occhi da sirena, visto che riuscivano a vedere un po' il buio. Sapeva che un po' di pelle accanto gli occhi si era trasformata in piccole squame verde-acqua. Vide la sveglia posata sopra il comodino accanto al letto.
L'una e cinquantadue.
Giuly sospirò e si buttò nel letto, beandosi del calore delle coperte. Fece rapidi calcoli.
Era rimasta sveglia circa quattro ore e cinquanta minuti.
Ripensò per l'ennesima volta all'interrogatorio.
Quindi il suo Angelo era imprigionato.
In una prigione speciale, perchè poteva riuscire a scappare in qualsiasi momento, se no.
Quello stronzo!
Avrebbe ripreso il suo Custode a qualunque costo, non voleva essere invidiosa per sempre della sua amica.
Perché il loro rapporto umano-Custode andava a meraviglia.

La parola "rapporto" gli fece venire in mente la sua storia.

Era nata in un'anno pericoloso per i bambini.
Erano di più quelli che morivano che quelli che sopravvivevano. E quest'ultimi crescevano deformati.
Ma i genitori di Giuly erano ricchi, e si erano permessi una cura costosissima.
Giuly era nata e cresciuta in perfetta salute.
La madre era felicissima che la cura avesse avesse funzionato, ma il padre era sospettoso.
-Perché non è deforme?- chiedeva sempre.
-La abbiamo curata, caro- gli rispondeva la moglie.
-Sì, ma il medico aveva detto che c'erano pochissime possibilità che avesse funzionato- ribatteva lui, e mentre aspettava che Giuly crescesse.
Lei cresceva bene, aveva tanti amici, andava bene a scuola. Insomma, una ragazza perfetta.
Poi lei aveva scoperto una cosa su se stessa: era lesbica.
Aveva deciso di dirglielo ai suoi genitori.
La reazione era diversa da come si era aspettata.
Suo padre continua ad urlare -Ecco la deformazione! Ecco la deformazione!- come un matto.
La madre era pallidissima e apriva e chiudeva la bocca senza dire niente.
Poi la cacciarono fuori di casa.
Per la ragazza fu uno shock.
Si nascose nel bosco e trascorse intere notti e interi giorni a piangere.
Poi si era riscossa e aveva incominciato a pensare lucidamente.
Aveva uno zio. Poteva andare lì.
Aveva incominciato il suo viaggio verso un'altro luogo, un'altra città. Erano stati i due mesi più brutti della sua vita.
Non era stata addestrata per questo tipo di cose, e i primi giorni stava quasi per morire affamata e stremata. Poi era arrivata la prima casa del suo percorso.
Il proprietario si era mostrato gentile e gli aveva offerto del cibo, insegnantole a risparmiarlo. Gli aveva dato pure una grande bottiglia di acqua e uno zaino.
Allora aveva ripreso il viaggio, fermandosi in tutte le case che incontrava.
Erano passati così due mesi, con il suo compleanno nel mentre.
Poi, finalmente, arrivò a destinazione. Suo zio, il fratello del padre, aveva accettato la sua situazione, e quindi l'aveva fatta rimanere a casa sua.
-E poi- disse -non mi  dispiacerebbe avere un po' di compagnia-
Ma un giorno scoprì che lui non era solo.
Era scesa in cucina, come tutte le mattine, per fare colazione.
Ma in cucina ci aveva trovato un'Angelo  che stava vedendo il cibo.
Cacciò un urlo fortissimo.
L'Angelo si girò, e notò che la ragazza di fronte lo stava guardando.
L'Angelo aveva la pelle bianchissima (come tutti gli Angeli), capelli biondi e occhi grigi. E non dimentichiamo delle ali.
Arrivò suo nonno, chiamato dall'urlo.
Allora Giuly notò che non poteva vedere l'Angelo.
-Che è successo?- aveva chiesto suo zio.
-Ho visto... un ragno enorme!- mentì Giuly.
-E dov'è?-
-È entrato in un buchino del muro- e quella conversazione finì.
Un'altro mesetto dopo era arrivata Phoenix. E lì la storia assurda era incominciata.

Giuly sospirò.
Ricordando la storia, si domandò se suo zio fosse vivo.
Allora osservò Phoenix.
Lei aveva sofferto di più.
Aveva perso una famiglia che amava, una città che amava.
Aveva perso tanto.
Giuly si accorse che il cuscino di Phoenix era bagnato.
Anche lei avrebbe pianto al posto suo.

Si accorse che Demo non c'era.
Allora, con uno sforzo di volontà enorme, si alzò dal letto.
Rabbrividì di freddo.
Uscì dalla sua stanza e andò in salotto.
Cercò con lo sguardo da tutte le parti visibili. Notò un ammasso nero sul divano, e allora si ricordò di Nathan.
Adorava il suo mantello. Era di quel nero che assorbe tutta la luce, quello che ti faceva sembrare che hai qualcosa negli occhi. Quello che, se lo piegavi non si notava nessuna differenza, perché è più scuro delle ombre.

Comunque Demo non c'era. Giuly si affacciò alla finestra.
Demo era sulla sedia a dondolo. Stava guardando la luna.
Visto che aveva trovato Demo, Giuly decide di andare a dormire. Seriamente.

Arrivò in camera e si buttò sul letto.
Si mise le coperte. Come erano calde!
Fece trasformare i suoi occhi da sirena in occhi normali.
In un'attimo non vide più niente.
Chiuse gli occhi, ma non cambiava nulla. Pensò a tutte le cose che aveva pensato questa notte e si addormentò.

Il Mio Demone CustodeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora