Capitolo Quindici

20 8 0
                                    

Caro Dimitri,

credo che questa sarà la lettera più significativa e più complessa fra tutte quelle che ho scritto nel corso della mia vita. Non ti ho mai dedicato delle parole, ma solo pensieri. E sono tanti i ricordi che ci accomunano. Ti sto scrivendo ma non so nemmeno se tu sia ancora vivo o morto, eppure una cosa la so per certo: sei tu colui che mi ha privato della felicità.

Ora sono grande, lo sai? Chissà se tieni il conto, chissà se pensi a me nel giorno del mio compleanno. Perché, Dimitri? Perché? Perché hai deciso di distruggere tutto compiendo un gesto così folle? Perché mi hai fatto del male? Proprio a me, fra tutti?

Ho conosciuto Kirill, ed è una persona decisamente migliore di te. Mi hanno allontanata da lui, ed è solo colpa tua. Hai idea di ciò che hai combinato? Ti senti almeno un po' in colpa? Ci hai privati l'uno dell'altra quando ne avevamo più bisogno, e non potrei mai perdonarti per questo. No, mai.

Ti ho sempre difeso, sai? Quando le persone mi chiedevano come cazzo facessi a sorridere mentre raccontavo di te, quando mi guardavano stranite nel sentirsi dire che ti volevo bene, io non capivo, e loro non capivano me. Ma ora eccomi qua, davanti all'ennesima pagina bianca, e finalmente ho capito. Ho capito che non ti voglio bene, ho capito che non mi manchi, ho capito di aver sbagliato quando nel cuore della notte scappai dalla famiglia in affido per venirti a cercare. Ho capito che sono sola e vuota a causa tua, perché tu mi hai privato di una famiglia che mi crescesse e educasse, mi hai privato dell'affetto di mio fratello, mi hai privato della mia infanzia, delle prime scoperte che avevo tutto il diritto di affrontare con dei genitori, e non con dei tutori rigidi e senza cuore, non con dei ragazzini estranei che non perdevano occasione di picchiarmi giorno e notte. Tu mi hai privato della voglia di vivere.

Mi ricordo quel giorno come se fosse ieri. È impresso nella mia mente e non vuole andare via. Sento questa irrefrenabile voglia di staccarmi la testa dal collo e smettere di pensare. Ma in realtà sono una fifona. Se pensi che io voglia togliermi la vita, ti sbagli. Tu hai fatto una scelta sbagliata, ma io non ripercorrerò i tuoi passi. Mi pento di essere venuta sotto casa tua, nostra, quella notte, dopo che ho vagato per la città come un cane randagio. Ero alla ricerca di un riparo sicuro, di calore e affetto, ma ora mi sento una totale idiota ad aver pensato di poter trovare queste qualità fra le tue braccia.

Sono stanca di sentirmi dire che ho qualcosa che non va, che sono strana, che ho un carattere debole, che piango sempre, che sono costantemente triste, che sono svogliata, che non apprezzo la bellezza della vita. Ma come faccio ad accettare e ad amare la vita di ora, che agli occhi degli altri appare perfetta, se ogni volta che chiudo i miei occhi la notte rivedo te? Prima non lo capivo, forse per l'ingenuità, forse perché credevo alle stronzate che diceva la gente, del tipo che tutti cambiano, ma ora ci sono arrivata finalmente. E la verità è che sei un mostro. Non meriti le mie attenzioni. E, se prima volevo tornare in Bielorussia a cercarti, ho capito solo adesso che sarebbe la cosa più sbagliata.

Dicono che io abbia bisogno di aiuto. Ma io odio la gente. E anche questa è opera tua. Tutto ciò che ho fatto e pensato nel corso degli anni è stato influenzato da te. Dal tuo sguardo quando ci siamo salutati per l'ultima volta. Ero piccola allora, ma noi cani randagi siamo più maturi di quanto la gente pensi, siamo forti e coraggiosi, riusciamo sempre a sopravvivere. Ma la verità è che io non dovevo essere così a quell'età. Dovevo essere ingenua, innocente, educata, seguita passo dopo passo. Era il tuo compito e l'hai mancato.

Chi l'avrebbe detto che avrei incontrato una famiglia straordinaria dall'altra parte del mondo? Chi l'avrebbe detto che avrei visto il mare e che ci sarei potuta andare ogni qualvolta volessi? Chi l'avrebbe detto che avrei ricevuto un'adeguata istruzione? Chi l'avrebbe detto che sarei finita a fare Lettere Moderne all'Università di Napoli? La vita è imprevedibile, ed è per questo che non voglio arrendermi. Spero ancora che un giorno mi sveglierò felice. Le magie a volte accadono.

Non riesco ad aprirmi con le persone perché tutto ciò che sto scrivendo adesso, loro non lo capirebbero. È facile dire che sono ciò che sono a causa della mia infanzia tormentata, ma la verità è che c'è altro. È più complicato di così, e sono sicura di non essere la sola nel mondo ad aver passato dei momenti brutti. Ma questi momenti hanno determinato la persona di oggi, una persona che io detesto profondamente, una persona che fa sbagli continuamente, una persona che sta in silenzio quando qualcuno prova ad aiutarla. Mi chiedo chi sarei diventata se tu ci avessi pensato due volte a fare ciò che hai fatto. Mi chiedo a come sarebbe stata la nostra famiglia. Mi chiedo come mi sarei sentita ad avere un fratello maggiore che mi protegge.

Quindi, caro papà, grazie per avermi rovinato l'esistenza. Ma grazie anche per avermi permesso di avere tutto ciò che ho ora, tutto ciò che tu non saresti mai stato in grado di darmi, indipendentemente se avessi ucciso la mamma o meno.

Le persone cercano in tutti i modi di capirmi, lo vogliono veramente! Credono che io sia interessante! È così interessante, papà? La mia incompetenza nel vivere, mi rende davvero interessante? Io non voglio essere capita, io voglio essere amata, e accettata per ciò che sono. E io sono questo, papà. Sono il tuo creato. Il tuo capolavoro. Sono un ammasso di cellule, nervi, muscoli, ossa, ma non ho un cuore. Seppur cerco di amare, non ne sono capace.

Ora dimmi, caro papà, sei sicuro di volermi ancora vedere?

Tua figlia, Yuliya.

D'accordo, quella lettera non era esattamente ciò che mi ero immaginata prima di iniziare a scrivere, ma allo stesso tempo mi sentivo più leggera, come se avessi tolto un peso enorme dal cuore. Le parole erano dure, violente, piene di rimorsi e rabbia, e quello sfogo mi aveva aiutata a svegliarmi più spensierata il giorno dopo. Kirill era partito subito, perché sapevamo entrambi che il tempo a nostra disposizione stava scadendo, e Dimitri era prossimo alla morte. Non sapevo con precisione quale reazione avrei ottenuto da lui dopo la lettera, non sapevo se lui mi avrebbe voluto vedere comunque. Ero stata dura, forse anche troppo, ma era necessario.

L'altra faccia della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora