Capitolo Cinque

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Era mattina presto, iniziò a piovere proprio mentre avevo messo il piede fuori il mio palazzo. Aprii l'ombrello e mi incamminai a passo svelto verso l'università, che non distava molto lontano da casa mia. Vivevo in un palazzo consumato nel cuore del corso Garibaldi, adiacente alla stazione centrale di Napoli. Si trattava di un quartiere assai antico, dimostrato anche dal fatto che le scale del mio palazzo erano ancora fatte di pietra vulcanica e che alcune abitazioni erano costruite con la pratica chiamata "muro a secco". Non mi ero mai lamentata dell'aspetto cadente e consumato del mio quartiere, mi piaceva così come mi piaceva l'intera città. Napoli aveva lo stesso odore di salsedine della Calabria, ma sembrava avere una marcia in più rispetto alla mia città, nonostante la sua reputazione non fosse brillante.

I miei colleghi mi stavano aspettando dentro la facoltà, mentre io saltellavo da una pozzanghera all'altra lungo il corso Umberto I, con la borsa che penzolava sulla spalla e l'ombrello viola che, di tanto in tanto, rischiava di essere portato via dal vento feroce. Nonostante tutto, amavo alla follia quel tempo. In quel momento desideravo Silvia al mio fianco, mi ero chiesta spesso come sarebbe stata la mia vita universitaria se l'avessimo affrontata insieme. Sicuramente averla a un passo da me non mi avrebbe fatto, invece, avvicinare al gruppo di studio, nel quale ero entrata semplicemente perché mi sentivo sola, e non perché avevo bisogno di studiare in compagnia. Odiavo studiare in compagnia. Eppure, mi era andata bene, perché ebbi l'opportunità di conoscere persone amichevoli. Aurelio era quello con cui più andavo d'accordo. I suoi occhi scuri e il sorriso sempre presente sulle labbra riuscivano a migliorarmi la giornata, sembrava come se fosse apparso su quella grande scalinata che precede l'entrata dell'Università con il semplice compito di vegliare su di me.

Avere amici per me era importante, decisamente vitale. Non riuscivo mai a farmi avanti con gli estranei, a dire la prima battuta, ad aprirmi completamente, eppure quando mi legavo a una persona, quella connessione risultava essere piuttosto profonda. Perdere di vista un amico per me era davvero doloroso. Ci avevo impiegato parecchio tempo per superare la fine delle estati passate in un villaggio turistico quando ero più piccola, perché lasciare il gruppo di amici era stato devastante. Allo stesso modo era stato difficile lasciarmi indietro gli anni delle medie, e poi quelli del liceo. Tutti quei momenti di spiensieratezza non sarebbero mai più tornati, e soffrivo da matti al solo pensiero.

La verità era che io mi legavo agli altri piuttosto in fretta. Davo la mia fiducia a chiunque, anche quando mi imponevo di non farlo. La mente cercava di stare attenta, ma il cuore si abbandonava sempre all'innocenza, alla felicità di essere interessante per qualcuno, di poter piacere davvero. Mi lasciavo avvolgere dai sentimenti e dall'ottimismo, finché non rimanevo fregata e delusa. E così succedeva a ripetizione, ogni dannata volta che concedevo il beneficio del dubbio a qualcuno. Al di là delle amicizie perdute, ero decisamente una frana con le relazioni amorose. Ne avevo avute molte, e tutte erano andate male per un motivo o per un altro. Il primo fidanzatino era arrivato a quattordici anni, amico di amici, minorenne come me e con zero esperienza. A quell'età tutto mi sembrava perfetto, mi aveva persino dedicato un breve racconto su di noi pubblicato sullo stesso sito web sul quale scrivevo anche io. Più di un anno insieme tra baci e abbracci, parole dolci e sorprese romantiche, tra le prime esperienze sessuali, eppure le nostre strade si erano divise a causa di un'altra ragazza. Il secondo fidanzatino era arrivato a causa del primo, difatti non ero innamorata, volevo semplicemente stare con qualcuno per non sentirmi sola. In quel momento era arrivata anche la prima sigaretta, perché credevo che potesse aiutarmi a dimenticare la mia prima delusione amorosa e, dunque, farmi sentire meglio. Ovviamente non fu così. Invece era arrivato il ragazzo seguente, quello che mi era sembrato essere un raggio di sole che squarcia le nuvole fitte e grigie, che mi aveva riscaldata con le sue attenzioni e mi aveva finalmente dato un altro motivo per continuare a vivere. Con lui avevo vissuto una storia d'amore da manuale, avevamo passato due anni nella nostra bolla protetta dal resto del mondo, ma anche lui se ne andò così come era arrivato.

L'altra faccia della LunaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora