Quando tornai a casa in Calabria per l'ecografia di mia sorella, era marzo inoltrato. Avevo ufficialmente abbandonato il giubbotto imbottito per uno leggero di jeans, da mettere sopra le T-shirt. Quando andammo in clinica per la visita ginecologica, Daria era felice che fossi lì con lei, e lo ero molto anche io. Scoprire il sesso del bambino era stata un'esperienza unica e commovente che mi aveva fatto rivalutare la gravidanza di mia sorella. Più guardavo quel pancione farsi via via più rotondo, più diventavo trepidante all'idea di conoscere mio nipote. Sì, era un maschietto.
Il mio rapporto con i bambini era piuttosto travagliato. Sicuramente passare i primi undici anni di vita contornata solo da quei mostriciattoli ribelli aveva il suo peso, ma dovevo ammettere che non ero per nulla una persona paziente. E con i bambini ne serviva davvero tanta! Tuttavia, avevo stretto un legame particolare con un mio cuginetto più piccolo, adottato proprio come me, di nazionalità vietnamita. Ricordavo di aver passato molto tempo con lui, soprattutto durante le svariate festività organizzate in famiglia, e mi ero stupita di come riuscissi a sopportare i suoi capricci. Non mi dava fastidio nulla di ciò che faceva, e dovevo ammettere che era un bambino parecchio vivace e frizzante. Ma stare con lui mi piaceva, e mi ci ero affezionata moltissimo. Nessun altro bambino era riuscito a farmi provare tanta tenerezza, però ero certa che il mio nipotino avrebbe ottenuto il primo posto nel mio cuore a vita.
Dopo la visita, io e Daria decidemmo di andare in un bar a prenderci qualcosa da bere e da mangiare. Lei ordinò un enorme frappè al cioccolato e una brioche col gelato, mentre io presi uno spitz accompagnato da qualche stuzzichino per spezzare la fame. Parlammo di tante cose, confidandoci di tutto, e io le raccontai perfino di Chan.
«È un idiota se non ti perdona, soprattutto dopo che hai passato ventiquattro ore al suo capezzale a pregare che si risvegliasse» disse Daria dopo aver fatto fuori il suo frappè in meno di cinquanta secondi. La gravidanza era un concetto alquanto interessante.
Comunque, la sua affermazione mi aveva fatta sorridere. «Andrò a trovarlo domani, ho già parlato con la sorella.»
«Andrai direttamente a casa sua?»
«Per forza. È ancora in riabilitazione e non può fare sforzi. Ha subito gravi danni al cervello, dopo essersi risvegliato non riusciva nemmeno a muoversi autonomamente.»
«Ma ora sta bene? Insomma, danni al cervello in che senso?»
Guardai male mia sorella, capendo dove volesse andare a parare. «Sta bene, sì. Ma deve fare ancora molta fisioterapia per riacquistare la completa mobilità delle gambe. Luna dice che ci vorranno al massimo altri due mesi.»
«Immagino che la famiglia si sia presa uno bello spavento» disse Daria toccandosi d'istinto la pancia. «Dev'essere stato terribile.»
«Già, lo è stato» risposi ripensando all'aspetto di Luna non appena l'avevo raggiunta all'ospedale. «Quando l'ho visto la prima volta in quel letto di terapia intensiva, intubato, pieno di lividi e graffi, ho subito pensato che sarebbe morto. Penso sempre al peggio, lo sai.»
«Sì, lo so.»
«Subito dopo mi sono sentita terribilmente in colpa. Passiamo troppo tempo a preoccuparci di cose futili, non rendendoci conto che le persone che amiamo e che ci affiancano ogni giorno, potrebbero sparire da un momento all'altro.»
«Siamo umani, Yuliya. È nella nostra natura commettere errori e non far caso a cose più grandi di noi» disse Daria accarezzandosi la pancia. Aveva lo sguardo puntato nel mio, i suoi occhi apparivano più chiari del solito. La gravidanza le aveva donato un aspetto ancora più bello.
«Io non voglio più commettere errori. Ogni volta che sbaglio, ferisco qualcuno che amo, e poi non mi do pace.»
«Cara sorellina, sei ancora troppo giovane per capire certe cose. Lo sono persino io. Purtroppo, non possiamo risolvere ogni cosa, e non possiamo avere la risposta pronta a ogni domanda. Lascia che l'universo ti parli e ti indichi la via. Fidati solo del tuo istinto.»
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L'altra faccia della Luna
General Fiction[COMPLETA] ✔️ Yuliya è una studentessa di lettere moderne, vive a Napoli da sola e conduce un'esistenza piuttosto malinconica e solitaria. Ha pochi amici, tanta voglia di fuggire altrove e un passato burrascoso che non la lascia in pace. Un giorno i...