Capitolo 30

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JAKE'S POV

"Andiamo amico, è da un po' che non passiamo una giornata tra di noi, solo con il nostro branco." La mano di Damon si appoggia sulla mia spalla con fare fraterno, ma in questo momento riesco solo a pensare che, ormai, non è più il mio branco.

"Penso si possa fare, ma dimmi stai cercando di fare questa piccola riunione tra di noi per non pensare a Dakota." Lo sbeffeggio.

Dakota. Beh che posso dire, da quando ho saputo che mio padre era un membro del suo branco sono stato preso in contropiede, all'inizio. Ma poi le cose che non quadravano nella mia vita si sono aggiustate, come quando si trovano i pezzi mancati del puzzle; la mia poca gestione della rabbia, il mio sentirmi così distaccato verso tutto e tutti, la voglia di cacciare incontrollata, che ora si è placata stando qui. Con il mio vero branco.

"Non è per merito suo se mi è venuta questa idea. Smettila di fare il coglione." Sbuffa aumentando il passo.

"No, certo che no. Perché dovrebbe? Infondo non ti parla da, esattamente, tre giorni. Tre giorni che non stai con lei, che lei ti evita. Ah si! E ti ignora pure. Epico stamattina a colazione quando hai provato ad avvicinarti a lei, e lei non ti ha neanche degnato di uno sguardo per poi alzarsi e andare alla fermata del pullman." Soffoco una risata, infondo è il mio migliore amico, e so che soffre stando lontano dalla sua compagna, anche se non lo ammetterà mai.

"Sto cercando un modo per risolvere con lei, ma lei è cosi testarda e orgogliosa, non mi fa nemmeno avvicinarmi per parlarle che: o mi lancia un'occhiataccia gelida o se ne va. Ah no! Quasi mi dimenticavo, l'altro giorno mi ha detto tre parole, per tua informazione." Apre la porta della tavola calda, dove andremo a pranzare, mentre aspettiamo Melanie e Addison.

"E sarebbero?" Domando sedendomi sulla panca di un tavolo vicino alla finestra.

"Levati dai coglioni."  Sprofonda sulla panca Damon, mentre io mi lascio andare a una grossa, anzi grossissima risata.

*****

DAMON'S POV
"Ci vediamo a casa ragazzi, non fate tardi. E tu, fratellone! Non fare il cazzone con Dakota e chiedile subito scusa appena la vedrai. Anche se conoscendola cercherà di staccarti la testa." Addison mi fa la linguaccia e sale sul pullman che riporterà lei e Mel a casa.

"Ha ragione fratello. Didi cercherà in tutti i modi di staccarti la testa." Stira un sorrisetto Jack e si mette la mani in tasca, ricominciando a camminare con il suo fare spavaldo.

"Didi?" Ringhio. So che loro due si sono avvicinati molto da quella corsetta nel bosco di un paio di settimane fa. MA DIAMINE! L'altra sera sono rientrati a casa persino insieme e alcune volte gli vedo lanciarsi degli sguardi e dei sorrisetti.

"OH DEA AMICO! SEI GELOSO MARCIO!" Inarca le sopracciglia Jack

"Non sono geloso." Digrigno i denti a bassa voce.

"Neanche con Jules eri così geloso." Scuote la testa e tira dritto.

"Non nominarla. Intesi."

"Mi spiace amico, mi è uscita così. Non avrei dovuto, anche se è quasi passato un anno da quando lei se n'è andata."

"Già, quasi un anno dalla sua scomparsa. -Stringo i pugni, finché non vedo del sangue colare dalle mie mani e decido di allentare la presa. -Prima a pranzo mi hai detto che volevi parlarmi di una cosa." Cambio discorso, non mi va di continuare a parlare di lei.

Jackson sta un paio di minuti in silenzio mentre ci avviciniamo al piccolo bar, dove non viene chiesto il documento per entrare, della città.

"Mi sono ricordato il nome di mio padre: David Dixon. Tu per caso ne sai qualcosa?" Mi lancia un'occhiata da sopra la spalla entrando nel Bar.

"David Dixon? No, perché."

Bugie.

Bugie.

E ancora bugie.

Riuscirò mai a smettere di mentire al mio migliore amico sul suo passato, su quello che è successo a suo padre.

"Così volevo sapere qualcosa di più su di lui, visto che non si sa nulla, essendo venuto da un altro branco sconosciuto. O forse tu sai da che branco proveniva." Domanda Jack sedendosi su uno sgabello al bancone.

"Non so da che branco provenisse tuo padre, ma perché vuoi sapere queste cose su di lui. Ormai è morto."
Questa volta non sto mentendo, sul serio non so da dove provenga il papà di Jackson e se dovessi saperlo glielo avrei detto subito, senza esitare.

"Volevo sapere qualcosa sulla famiglia di mio padre, ritrovare dei parenti, sapere qualcosa di lui."

"Amico mi spia-" vengo interrotto dal mio cellulare che incomincia a suonare e pochi secondi dopo anche quello di Jack suona.

Guardo il nome sullo schermo e noto che è Addison.

"Pronto?"

"Damon.- sento mia sorella chiamarmi sotto voce- devi venire subito a casa di Dakota." La sua voce si spezza dal pianto.

"Che sta succedendo a casa di Dakota,Addy?" Cerco di stare il più calmo possibile.

"Tranquilla rossa, sto arrivando. Ma tu non piangere, non accadrà nulla a Dakota e agli altri promesso."sento in sotto fondo la voce di Jake che cerca di calmare Piper.

"Ci hanno attaccati, i neonati. Dakota, Adrian e Melanie sono di sotto che stanno combattendo e mi hanno mandato di sopra con Logan, Piper e Zia Audrey. Sono brava a combattere, perché non hanno mandato qui, gli avrei potuti aiutare, ma mi hanno solo detto di chiamare te, mentre Logan chiama Lord. Devi aiutarli, ti prego." Scoppia del tutto a piangere.

Lascio una banconota da 20 dollari sul bancone, mi infilo il giubbotto di pelle e insieme a Jack corriamo fuori dal bar.

"Sto arrivando Addy, ora ti devo lasciare." Spengo il cellulare e lo butto in macchina insieme al giubbotto, vedo che anche Jack fa le mie stesse cose, chiudo la macchina e nascondo le chiavi in un cespuglio li vicino.

Con un cenno della testa e un controllata in giro, per vedere se non ci siamo telecamere o persone ci trasformiamo e corriamo nel bosco.

L'unica cosa in questo momento che riesco a pensare è che devo salvare Dakota, non mi importano le conseguenze.

The Lost Town -ai confini della realtà-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora