2. Provarci ancora

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DYLAN


Ritorno in strada con Cecilia tra le mie braccia. A quando pare, e cito testualmente, "i gradini sono troppo alti per me e l'ascensore è troppo piccolo: Tommy non ama gli spazi piccoli". Credo fossero solo scuse per farmi intenerire: inutile dire che ha funzionato. Così ho attraversato 3 piani con Cecilia stretta a me: Tommy, al sicuro nella sua piccola mano, penzolava sulla mia schiena. Non che mi lamenti. Adoro quando cerca la mia protezione e, per un attimo, riesco a calmarmi.

C'è un incubo che mi perseguita ormai da due anni: perdere Cecilia nello stesso modo in cui ho perso lei. Da un momento all'altro e senza avere la possibilità di fare qualcosa per evitare una tragedia.

La chiamata di questa mattina mi ha gettato nel panico, facendomi rivivere il momento della sua morte senza che io potessi fare nulla per evitarlo.

"Signor Anderson, la chiamo per avvisarla che Cecilia si è appena sentita male. Sarebbe meglio se venisse a prenderla" mi avevano detto.

Per fortuna, la ricerca di un lavoro mi aveva portato a pochi minuti dalla scuola che Cecilia frequenta da sole due settimane. Ho corso per pochi minuti e, solo quando l'ho vista seduta all'ingresso insieme a una maestra, sono tornato a respirare. Mi ha visto, sulla soglia della porta, ed è corsa tra le mie braccia come fa sempre. Si sentiva al sicuro mentre mi stringeva. Non sapeva quanto io mi sentissi vulnerabile e debole prima di vederla.

Non ho mai saputo, nei miei 27 anni di vita, cosa fosse realmente la paura. Vivevo la mia vita come chiunque altro, senza troppe pretese ma con spensieratezza. È stato in quel maledetto giorno che tutto è cambiato. In quel giorno ho perso l'unica persona che, ero sicuro, mi sarebbe stata accanto per sempre. E Cecilia ha perso sua madre. Da allora lei è diventata, oltre che una mia responsabilità, la mia principale ragione di vita.

"Voglio un gelato, mi porti là?" mi chiede, indicando un bar dall'altro lato della strada. Siamo usciti dal laboratorio da una decina di minuti ma il tempo è cambiato drasticamente.

Se prima Cecilia si trovava a suo agio nel suo vestitino rosa a maniche lunghe, ora il vento soffia forte e ho dovuto infilarle una mia maglia che fortunatamente tenevo in auto. Le sta larga e le cade fino ai piedi quindi è costretta a camminare con l'orlo stretto tra le mani per non cadere.

"Cecilia fa molto freddo. Non sarebbe meglio una cioccolata calda o qualcosa del genere?"

La vedo girarsi di colpo, con lo sguardo truce che poi si trasforma in un grazioso broncio. Le sue braccia si incrociano all'altezza della pancia, nella chiara ma fallimentare intenzione di imporsi. Tutto ciò che ottiene è apparire più piccola e adorabile. Tuttavia riesce a ottenere quello che vuole. Ci riesce sempre.

Quindi cedo, senza porre troppa resistenza, davanti a quel concentrato di dolcezza e la osservo mentre cerca di mangiare il suo gelato al cioccolato e alla vaniglia, lottando contro la mia maglia troppo lunga che la fa inciampare ogni due secondi.

Restiamo nelle vicinanze del bar e mi soffermo su una bacheca colma di volantini, posta contro un muro di un enorme palazzo. La maggior parte degli annunci riguarda feste in discoteca o serate all'aperto. Vi sono pochissime offerte di lavoro e, tra queste, evito i ristoranti e le pizzerie: di solito gli orari di lavoro sono concentrati nelle ore serali e non potrei lasciare Cecilia da sola a casa. La mattina, per me, sarebbe perfetta siccome lei è impegnata con la scuola e, a tal proposito, scorgo tra i vari fogli un'offerta di un negozio di elettronica. A quanto parte, cercano un commesso part-time.

"Ho freddo, voglio andare a casa"

Cecilia strattona la mia mano per richiamare la mia attenzione. Tutto ciò che le resta del gelato è la parte inferiore del cono che mi offre: ormai è diventata un'abitudine per lei lasciarmene una parte.

"Va bene tesoro, ora ti porto a casa" le dico, mangiando il cono.

Prendo il volantino, con il numero di telefono del negozio, e lo infilo in tasca.

Per fortuna, casa nostra non dista molto dal laboratorio Agnes ma, in pochi minuti di tragitto, Cecilia riesce comunque ad addormentarsi in auto. Il malore di questa mattina e le analisi l'hanno sfinita.

Parcheggio davanti al viale di quella che, da appena un mese, è diventata la nostra nuova casa. La prendo lentamente per evitare di svegliarla, poggiando la sua testa sulla mia spalla. La sento stringersi a me mentre le sue gambe mi circondano la vita, come se fosse un piccolo koala. Non per nulla, questo è il suo soprannome da qualche mese. Si arrabbia terribilmente quando la chiamo così.

Salgo lentamente le scale e, dopo averla messa a letto con Tommy poggiato sul cuscino, scendo al piano di sotto. Recupero il telefono dalla penisola della cucina, speranzoso in un messaggio ma lo schermo è vuoto. Nessuna notifica.

Decido di controllare i messaggi: magari non c'era linea sufficiente per inviarlo, prima che io uscissi. Invece non è così.

"Smettiamola con questa storia assurda. Cecilia ha bisogno anche di te. Chiamami appena puoi!"

Se non fossi in attesa della chiamata di Miriam, sbatterei il telefono all'istante contro il muro per la forte delusione. E all'improvviso mi ritrovo a pensare a quella ragazza, così gentile.

Solo ora mi rendo conto di quanto posso esserle apparso irrispettoso, presentandomi nel suo laboratorio senza nemmeno un appuntamento durante la sua pausa. Non credo che in molti si sarebbero comportati come lei. Magari mi avrebbero chiesto gentilmente di ritornare dopo la fine della pausa o di presentarmi il giorno dopo con un appuntamento.

Invece lei ha reso tutto più facile, con la sua gentilezza e la sua comprensione. Tuttavia non c'è molto che io possa fare adesso, se non aspettare che le analisi siano pronte. L'unica cosa su cui posso agire è il lavoro: recupero il volantino dalla tasca e compongo il numero di telefono scritto sull'annuncio.

Non sono stato molto fortunato da quando mi sono trasferito, A parte qualche lavoretto qua e là, non ho trovato nulla di stabile e non posso permettermi di perdere altro tempo.

Mi risponde un ragazzo che, da come riesco a capire, è un impiegato. Mi conferma che cercano un commesso per il turno mattutino, dalle 8 alle 12. Ci accordiamo per una prova il mattino seguente e, finalmente dopo un mese, riesco a sentirmi di nuovo fiducioso.

Eppure mi hai stravolto la vita (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora