11. Ricominciare a vivere

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Il tuo 23esimo compleanno. Avrei voluto esserci. Ci rifaremo presto amore mio.

Non riesco a smettere di pensarci. Buttare quel pacco e il biglietto nella pattumiera non è servito. Nulla potrà mai servire fino in fondo. Troverà sempre il modo di giungere a me, non importa quanto tempo passerà.

Amore mio..
Questa parola, pronunciata da lui, perde ogni suo significato. Non è l'amore a guidare le sue azioni, non lo è mai stato. Ciò che lo anima e gli dà forza è solo un'ossessione vorace e distruttiva.

Sul pacco non vi era alcun francobollo. Non è stato spedito ma consegnato personalmente da qualcuno davanti alla mia porta.
E questo vuol dire che lui è a Londra. È qui per tormentarmi e farmi impazzire, prima con la chiamata e ora con il regalo. E ho paura a immaginare quale sarà il suo prossimo passo.
Continua a tornarmi in mente la telefonata di mia madre: non mi ha chiesto notizie di Clark.
E se lei avesse saputo della sua "sorpresa"?

I miei genitori non sanno il reale motivo della nostra rottura: non volevo rischiare di perderli come è successo con James, che ancora mi crede una bugiarda. Forse avranno dato il mio indirizzo a Clark, credendo di fare la cosa giusta.

Sto diventando ancora più paranoica.
Giusy ha cercato di tranquillizzarmi, la scorsa notte. Non crede che Clark sia a Londra ma non so se ne è davvero convinta. Forse, in quel momento, aveva solo bisogno di crederlo, per me.
Ma è stato inutile.
Sento che si sta avvicinando e non saprei cosa fare se si presentasse di nuovo nella mia vita.

Sono arrivata al lavoro prima del solito, questa mattina. Ho un aspetto terribile, dopo aver passato la notte insonne, e mi sento stremata. Non avevo voglia di riprendere il discorso su Clark con Giusy quindi, dopo averle lasciato un biglietto sul tavolo della cucina, sono uscita senza fare colazione. Ma poco importa: oggi non ho prelievi da fare. Quindi mi chiudo in laboratorio e inizio ad analizzare al microscopio.

Di solito il lavoro mi aiuta a distrarmi ma oggi nulla sembra servire realmente a questo scopo.
Mi accorgo troppo tardi di aver urtato una provetta che perde l'equilibrio sul bancone e cade a terra: si rompe istantaneamente in mille pezzettini di vetro.

Mi chino a raccoglierli e uno di questi mi procura un piccolo taglio sul palmo della mano. I miei nervi non potrebbero essere più tesi.

Raggiungo l'armadietto accanto alla scrivania, dove tengo il kit di pronto soccorso.
Lo apro ed estraggo un cerotto. Lo applico sul palmo e le lacrime mi inondano gli occhi. Scivolo a terra, contro il pavimento, esausta di fingere e di vivere nel terrore di tornare all'inferno da cui sono scappata.

Ma non posso piangere.
Non voglio essere debole.
Non per colpa sua. E non di nuovo.

"Miriam"
Mi volto verso la porta, asciugandomi velocemente gli occhi.
Senza attendere una mia risposta, Ian entra nella stanza. Si inginocchia a terra e mi abbraccia subito.

"Giusy mi ha detto quello che è successo.. come stai ?"
È visibilmente preoccupato e mi stringe il cuore pensare che la causa sono io, ancora una volta.

"Ian non ti preoccupare. Starò bene.. torna al lavoro" gli dico sciogliendomi dall'abbraccio.
Non posso coinvolgere così tanto i miei amici nei miei problemi. Non è giusto per loro.
Non meritano di stare male per colpa mia.

Ian mi prende il viso tra le mani, non lasciandomi scelta se non guardarlo.
"So che non è così. E non me ne vado fino a quando non parli con me"

Scuoto la testa, sforzandomi di ricacciare indietro le lacrime.
"Ian cerca di capirmi. Parlarne mi fa male e io... non voglio crollare. Sono stanca di essere così debole"

Eppure mi hai stravolto la vita (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora