39. Ostinazione

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Pᴀɪɢᴇ

La settimana passata nella Grande Mela vola via in un batter d'occhio, ma è stato il più bel viaggio che io abbia mai fatto e, se ne avessi la possibilità, lo rifarei altre milioni di volte.

Di posti ne ho visti tanti, ma stavolta è stato diverso perché ho avuto delle persone con cui condividerlo.

Abbiamo camminato fino a sentire le gambe pesanti, scattato più foto di un'anteprima da matrimonio, mangiato hot dog su hot dog a pranzo e ci siamo ubriacati nelle nostre camere, ridendo delle cose più stupide, facendo le ore piccole.

Mi alzo di malavoglia dal letto e trascino il mio corpo verso il bagno. Indosso una semplice maglietta nera e una gonna a quadri, poi tiro i capelli in uno chignon basso e lascio due ciocche ricadermi davanti al volto e, per completare, aggiungo un cerchietto di perline.

I raggi caldi del sole penetrano nel salotto e gli uccellini che gracchiano descrivono appieno l'aria tipica di marzo. Mi accomodo a tavola e Avril mi serve succo d'arancia e biscotti.

«Buenos días, mi amor», mi saluta, raggiante come solo lei sa essere.

«Buenos días, Avril», ricambio. Istintivamente, mi massaggio dietro l'orecchio mentre sorseggio il succo e le mie dita scendono verso il lobo. Ho l'abitudine di toccarmi spesso gli orecchini, siccome ho la costante paura che si allenti la farfallina che blocca l'orecchino. Di fatto, il lobo è spoglio, ma questo è perché quelli che andava cercando non li ho trovati nel mio portagioielli.

«Avril!», la richiamo. «Hai per caso visto i mie orecchini? I pendenti in argento, quelli con le perle», le descrivo.

Avril mi risponde di rimando dalla cucina: «Se non vado errato, li indossava tua madre ieri. Controlla nella sua stanza»

Una volta terminata la colazione mi dirigo nuovamente al piano superiore. I miei sono già andati a lavoro, quindi non c'è nessuno a parte me.

La camera matrimoniale è grande il doppio rispetto alla mia e prevalgono i toni del bianco, del nero e del grigio.
Mi dò un'occhiata intorno, frugando per lo più in mezzo alla roba di mamma. Apro la prima cassettiera del comodino grande, dove so che mamma conserva con cura i suoi gioielli. Ma gli orecchini che sto cercando non ci sono. Sbuffo piano e mi sposto verso quello più piccolo, accanto al letto.

Appena lo apro, il display di un telefono si illumina: è quello che usava lei qualche anno fa. Gli occhi mi cadono involontariamente sul messaggio appena arrivato.

Numero sconosciuto: È arrivato il tuo ordine.

Mi blocco.

Di che ordine si tratta? Forse, qualcosa per lavoro?

Mi faccio i fatti miei e scavo alla ricerca dei miei orecchini, ma una seconda notifica attira la mia attenzione.

Numero sconosciuto: Sono 120.

Numero sconosciuto: Al solito posto. Il bar di Zinco's. Ti aspetto lì per lo scambio. Mi raccomando: i soldi in contanti.

La bocca mi si fa arida mentre la mia mente elabora la peggiore delle ipotesi.

«No», mormoro piano, scuotendo la testa. «Questo è impossibile»

Assalita da un'istinto, afferro il cellulare e lo sblocco. E al diavolo la privacy!

Apro l'app dei messaggi e noto che le ultime interazioni risalgono a tre anni fa. Tutte tranne una. Con il cuore in gola clicco sulla prima chat e scorro verso l'alto per capire meglio.

Regina delle NeviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora