Capitolo 2

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Proprio come aveva immaginato, Christian si era ritrovato ad essere l'ultimo arrivato. Quando si era avvicinato con la macchina ai cancelli di Coverciano, anche se le norme anticovid non avrebbero permesso un assembramento simile, trovò una massa di persone che urlavano e incitavano l'Italia con cori da stadio che personalmente lui amava alla follia. Sapeva quelli della curva dell'Atalanta a memoria e avrebbe volentieri imparato anche quelli della nazionale appena ne avesse avuto l'opportunità.

Era stato necessario che qualcuno andasse a recuperarlo, facendo disperdere la folla, per poter permettere alla sua macchina di varcare il cancello della tenuta di Coverciano e in pochi minuti Christian si era trovato a dover assimilare molte informazioni tra sponsor e regole fondamentali che avrebbe dovuto rispettare, come anche la notizia di chi avrebbe diviso la stanza con lui: Federico Chiesa.

Quasi era scoppiato a ridere sentendo quel nome, immaginandosi come sarebbe stato passare le serate a fare videochiamate con la sua famiglia e cercare contemporaneamente di non far parlare Federico così che Alexia non sclerasse al telefono.

Lo avevano accompagnato in stanza, facendolo passare per i campi dove avrebbe avuto dieci giorni per allenarsi in vista della prima partita contro la Turchia. Aveva osservato quelli che sarebbero stati i suoi compagni di avventura per quel mese e mezzo, non vedendo l'ora di raggiungerli, ma dovendo come prima cosa mettere a posto le sue cose, infilarsi la tuta e poi raggiungere Mancini, come gli era stato chiesto. Arrivato davanti alla porta della propria stanza, quindi, iniziò a percepire tutta l'ansia di quella nuova esperienza, delle aspettative che gravavano sulle sue spalle e le mani iniziarono a tremare così tanto che non riuscì ad infilare la chiave del buco della serratura.

Si fermò un istante e prese fiato.

Non poteva permettersi di andare in panico in quel modo.

Provò di nuovo ad infilare la chiave.

Questa volta la porta venne aperta, si, ma dall'interno, mentre qualcuno fece per uscire dalla stanza.

"Ciao!" esclamò Federico, ritrovandosi davanti un Christian totalmente in panico, bianco in viso, quasi che stesse per svenire. Per cui, se in un primo momento lo vide sorridere, qualche secondo dopo il giocatore della Juventus lo prese per le braccia e lo aiutò ad entrare in stanza, davvero spaventato dalla sua espressione.

"Chri? Tutto bene?"

Il moro alzò lo sguardo e annuì piano, nonostante sentisse ancora il panico scorrergli nelle vene. Non poteva crederci di star facendo quella figuraccia appena arrivato, il primo istante in cui un calciatore come lui gli fosse stato vicino. Lui che era abituato a giocare in grandi competizioni come la Champions League.

"Scusami Fede, non so che mi prende"

Lo sentì sorridere.

"Tranquillo è una cosa normale sentirsi così. Questo posto la prima volta ha fatto questo effetto anche a me"

Christian ricambiò il sorriso e si sbattè le mani sulle ginocchia, alzandosi in piedi, anche se la testa se ne stava ancora un po' troppo leggera e un piccolo capogiro minacciava il suo equilibrio.

"Devo mettermi la tuta e andare dal mister"

"Mancini vuole già vederti?"

Christian si voltò a guardarlo, con un enorme punto di domanda sul volto.

"Io l'ho visto solo il giorno dopo che sono arrivato. Ma forse tu lo vedrai adesso perché sei arrivato all'ultimo momento e deve dirti come procedere con gli allenamenti per sostituire Matteo"

"Probabile"

Il giocatore della Juventus gli mise una mano sulla spalla e lo scosse come a dargli forza, per poi uscire dalla stanza salutandolo, così che potesse sistemarsi. Christian tirò fuori dalla borsa la tuta che gli era stata consegnata appena arrivato, quella della Puma con lo stemma dell'Italia addobbato con le quattro stelle che rappresentavano i mondiali vinti dalla nazionale.

Chissà se l'anno successivo sarebbero riusciti a conquistare la quinta stella tanto agognata.

La stanza attorno a lui era perfettamente in ordine, quasi come se nessuno ci avesse dormito prima che lui fosse entrato e gli venne da chiedersi se fosse Federico a mettere in ordine o se qualcun altro entrasse, come se fossero in un vero e proprio albergo. Ma sicuramente quel ragazzo doveva essere molto ordinato. Altro dettaglio che avrebbe tenuto nascosto a sua sorella.

Lasciò la stanza in qualche minuto, facendo a ritroso le scale che lo portarono di fronte a quello che gli avevano detto essere l'ufficio del mister, che lo stava attendendo.

Bussò.

"Avanti"

Abbassò la maniglia e si fece spazio nella stanza, trovando al suo interno non solo Roberto Mancini, ma anche Vialli, il vice del mister, e il capitano Giorgio Chiellini. Gli occhi quasi abbandonarono le sue orbite di fronte a quella scena e si ritrovò a dover trattenere quel capogiro che lo aveva colto in fallo prima di fronte a Federico.

"Buongiorno" si ritrovò a dire, quasi come un automa, davanti a quei tre uomini importanti. Con Giorgio aveva avuto molte occasioni di parlare, anche perché aveva giocato svariate volte contro la Juventus, ma Mancini e Vialli erano due leggende del calcio moderno con cui ancora non aveva avuto la fortuna di avere a che fare.

"Ciao Christian, accomodati" rispose Roberto, indicandogli la sedia accanto a Giorgio, che alzò la mano in segno di saluto. Lui fece come gli era stato chiesto, trovando una sedia morbida ed accogliente ad aspettarlo. Si chiese se tutto in quel posto fosse così perfetto, se ogni cosa lo avrebbe lasciato senza parole.

"Dobbiamo discutere del tuo ruolo e del modo in cui ti devi allenare"

"Sono pronto mister, mi può mettere a giocare in qualunque ruolo, mi adatterò, basta giocare" si ritrovò Christian a straparlare, diversamente da sempre, quando se ne stava in silenzio per non fare brutta figura. Eppure in quel momento aveva così voglia di attirare l'attenzione su se stesso, per realizzare il suo sogno, che per la prima volta le parole erano uscite dalla sua bocca come se non ci fosse un filtro tra cervello e bocca.

Tutti e tre gli uomini davanti a lui scoppiarono a ridere e Mancini poi se ne uscì con un:"Facciamo che per ora giochi lì dove sei più bravo. In centrocampo sull'ala destra"

Qualche minuto dopo venne congedato dalla stanza e per Christian sembrò di poter tornare a respirare, come se avesse trattenuto il respiro in una stanza colma di storia del calcio. Lì dentro erano passati campioni Europei e campioni del mondo del calibro di Francesco Totti, Alessandro Del Piero, Fabio Cannavaro, Marco Materazzi, Andrea Pirlo e tanti altri che tutta Italia venerava come fossero dei, dei del calcio.

Si portò una mano al petto e si fece strada verso il campo esterno, perché forse un po' d'aria e una corsa gli avrebbero fatto bene, avendo ricevuto le istruzioni da Mancini su come allenarsi, su cosa concentrarsi. Corse per il corridoio e arrivò alla porta che spalancò ritrovandosi quasi addosso a Jorginho che stava rientrando dal campo esterno.

Doveva smetterla quel giorno di cercare di finire tra le braccia dei suoi colleghi.

"Ciao!" disse a Jorginho, certo che lui non lo conoscesse, perché questa era la prima volta che veniva convocato e non aveva mai avuto l'opportunità di giocare contro quel campione che giocava nel Chelsea. Eppure il ragazzo dalle origini brasiliane lo sorprese stringendogli la mano e facendo un grosso sorriso.

"Che piacere poter finalmente giocare con te! vieni che ti do qualche istruzione su cosa migliorare e anche tu mi devi dire come fai a fare quella cosa coi piedi"

Jorginho lo prese per le spalle e lo portò con se verso il campo, richiamando l'attenzione di tutti i loro compagni, presentando loro Christian urlando, praticamente e il panico che aveva sentito scorrergli nelle vene, scemò un pochino, visto che anche grandi campioni sapevano chi fosse e addirittura volessero delle lezioni da lui. Si ritrovò circondato dal calore che l'italo-brasiliano aveva scatenato e sorrise a tutti mentre si presentavano.

Forse non sarebbe stato un mese tanto malvagio.

Coro Azzurro [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora