Capitolo 25

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Il respiro di Christian si spezzò quando, il giorno prima della partenza, poco dopo aver finito l'ultimo giro di campo, prima di poter andare a lavarsi e cenare, gli parve di vedere, insieme alla folla che se ne stava accampata fuori dal cancello di Coverciano, la sua nuvoletta dorata preferita.

Si era bloccato ed insieme a lui anche il respiro era rimasto bloccato nei polmoni, perché Mattia gli mancava da morire. Lo sentiva tutte le mattine e tutte le sere, gli dava il buongiorno e la buonanotte, ma averlo così vicino eppure così lontano, lo stava letteralmente torturando. Vedeva i frutti di quella volontà del mister, vedeva come la frustrazione stesse dando i propri risultati sul campo. Era più veloce, prestante agli stimoli, ma avrebbe preferito sbagliare qualche passaggio in più e poter far prendere ossigeno al proprio cervello potendo abbracciare Mattia, piuttosto che soffrire e avere le allucinazioni come in quel momento.

Mancini fischiò.

Tutti i ragazzi si fecero in gruppo davanti al mister, caldi, sudati, frustrati e ascoltarono quello che sarebbe stato uno degli ultimi discorsi che il mister avrebbe fatto loro durante quell'esperienza la cui fine era imminente. Christian ancora non ci credeva di essere arrivato a quel punto, se glielo avessero chiesto il primo giorno lui ci avrebbe messo la mano sul fuoco che ci sarebbero arrivati, perché conosceva le capacità di ogni giocatore in quella squadra, ma esserci davvero, era un'altra consapevolezza, sapere di essere più bravi di tutte le squadre che erano state eliminate, persino della Francia campione del mondo.

"Vi devo ringraziare ragazzi. So per quanto sono stati difficili per voi questi giorni, ma vi dovevo chiedere il massimo della concentrazione per raggiungere il nostro obiettivo. Vi siete allenati come non mai e domani su quel campo voglio che siate nello stesso modo in cui siete stati in questi giorni qui a Coverciano –" il mister voltò lo sguardo verso ognuno dei componenti di quella squadra, chi vi faceva parte da più tempo e chi era stato convocato solo recentemente, ognuno con la propria storia, ognuno con il proprio talento e poi, continuò dicendo:"-per questo voglio che domani vi divertiate a Wembley. Non importa cosa possa accedere, non importa il risultato, voi divertitevi e il resto verrà, perché siamo forti, ce la possiamo fare!"

Il gruppo squadra urlò per la frase di incoraggiamento del mister, seguito subito dalla folla che se ne stava davanti ai cancelli. Christian si voltò, col sorriso in volto, verso quel gruppo, contento di poter sentire il calore dei tifosi, di un'Italia unita sotto un unico colore. Non importava la squadra del cuore di provenienza, tutti, in quel mese, avevano tifato Italia, dal bimbo più piccolo, al nonno più anziano. E mentre esultava felice, dopo giorni di frustrazione, ancora una volta gli parve di scorgere quella nuvoletta dorata tra la folla e allora si costrinse a distogliere lo sguardo, sospirando, cercando di mantenere il sorriso sul volto, non volendo mostrare al mister il proprio vero stato d'umore.

Mancini fischiò di nuovo.

"Ragazzi, non ho finito!" esclamò cercando di richiamare l'attenzione su di se l'uomo e la squadra si zittì, anche Jorginho, il più rumoroso del gruppo, che dopo più di un mese in compagnia del mister, aveva iniziato a portargli un rispetto formale, di cui Christian non aveva idea che fosse in grado. Il nativo brasiliano era un asso nel calcio, uno dei migliori centrocampisti al mondo, forse il più bravo a suo parere, ma conosceva quanto gli piacesse ridere e scherzare, fare lo scemo e vederlo cambiare in qualche istante, lo sorprendeva sempre.

"Per stasera ho un regalo per voi. Siamo arrivati in finale, siete stati bravi durante gli allenamenti e penso che stasera una bella cena, in compagnia delle vostre famiglie, vi possa fare bene"

Questa volta il gruppo rimase in silenzio, compreso Christian, il cui cuore si era bloccato definitivamente nel petto e il suo sguardo si voltò direttamente verso la folla fuori dal cancello, lì dove quella nuvoletta dorata che stava evitando di guardare, ancora se ne stava, coperta da tantissime altre persone. E allora gli venne d'istinto correre verso quei cancelli e prendere Mattia tra le braccia, salvarlo da quella folla, anche per via del covid, ma si trattenne e chiuse gli occhi sperando che non fosse tutto uno scherzo del destino, che non si svegliasse nel letto e fosse mattina, il mattino dopo, in cui dovevano andare a Wembley a giocarsi la finale. Quando riaprì gli occhi, però, la scena era sempre la stessa, con lo stesso gruppo davanti, lo stesso Mancini con lo stesso annuncio appena pronunciato, con mezzo sorriso sul volto, come se fosse contento della reazione appena scatenata.

Coro Azzurro [zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora