È passato un anno dal giorno in cui ho messo piede per la prima volta in questa frenetica metropoli.
La mia routine è la stessa da mesi: mi sveglio, faccio colazione col mio solito bicchiere di latte aromatizzato con del cacao di sottomarca e si, sono già in ritardo. Prendo il cappotto ,metto le scarpe, cerco le cuffie: sento il bisogno di una voce costante che zittisca i miei pensieri e mi faccia compagnia, come se avessi bisogno di non sentirmi costantemente sola. Scendo le scale, corro verso la metropolitana, cerco il biglietto, lo trovo, lo timbro. La metro sta per arrivare ,aumento il passo, con un ultimo scatto finale riesco a salire. Sono le nove ed è già piena. La mia voglia di vedere centinai di persone mentre ancora, sono solo parzialmente sveglia, è la stessa che ho quando vado al supermercato dopo dodici ore di lavoro.
Sono un essere poco socievole lo so ma a mia discolpa, posso dire che così ci sono diventata. Sono stata abbandonata nella mia solitudine ,così tante volte ,che ho dovuto imparare a gestirla, sopportarla e per non impazzire, apprezzarla.
Apro questo negozio che nei mesi è quasi diventato la mia prigione, essere intrappolata in un lavoro comune, nel quale mi sento soffocare sta sempre più, iniziando a farmi impazzire.
Sì, ho un lavoro, un normalissimo lavoro sottopagato, perché a ventitre anni cosa vuoi pretendere?
Fatico ogni giorno per cercare il mio posto nel mondo, la mia strada, la via verso la felicità.
Mi chiedo spesso cosa sia per me la felicità.
Negli anni me lo sono chiesta così tante volte, da non sapere più quale sia la risposta adatta.
Per essere felici bisogna analizzare così tante circostanze e situazioni ,che non saprei più da dove iniziare.
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Che fine fa la malinconia quando scompare?
General Fiction"Sembra come fosse ieri, il giorno in cui entrai in quell'agenzia di viaggi, malinconica e taciturna. Le valigie piene degli ultimi vent'anni della mia vita pronte a partire con me. Cento addii che non avrei mai voluto pronunciare eppure dovevo fa...