Capitolo 13. La giostra.

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"Sento malinconia trapelare come sudore sulla pelle.
Alterno tratti in cui il mio essere, disconosce ciò che sono.
Mi guardo allo specchio vedendo un nemico fissarmi dall'altra parte di me. "

Continui conflitti accompagnano noi e tutto ciò che ci ruota attorno: amici, amore, passioni, famiglia, sogni.
Combattiamo la lotta più comune contro noi stessi e le nostre paure: siamo incatenati tra la voglia di realizzarci e la paura di fallire.
Il fallimento è un mio caro vecchio amico, lo tengo custodito nell'attesa che i miei malumori lo chiamino in causa per far da protagonista.
Non mi sono mai arresa eppure, continuo a partire dal punto zero.
Vedo la cima della mia vetta, sembra così lontana che solo alla vista provo vertigini.
Sogni e speranze mi cullano e fanno da ninna nanna ai tormenti più fastidiosi, zittendoli.

Ora so con certezza che la vita è una giostra nella quale saliamo senza sapere poi quando scendere;
fatta di alti e bassi:
ti farà quasi toccare terra per poi catapultarti verso il cielo
e vedrai le stelle e
vedrai tutta la città dall'alto e
non te lo aspetterai.
E poi tornerai di nuovo giù e
la giostra continuerà senza sosta a farti venire il mal di vita se soffrirai costantemente durante il viaggio.

Imparo a gestire la mia vita nella speranza di ritrovare la strada perduta.
Una nuova città da chiamare casa, un nuovo lavoro e la mia indipendenza, un amore da avere al mio fianco, il viaggio in Thailandia eppure, tutto questo non mi basta. Sento la costante voglia di raggiungere l'impossibile, che ai miei occhi infondo, è soltanto qualcosa travestito da mistero.

C'è una fila interminabile e sento l'ansia farmi formicolare le dita delle mani lasciandomi disorientata. Ricordo solo questa sensazione vuota e angosciante, tutte le volte che mi ritrovo a fare la fila in un negozio.
La vita mi aveva teso una trappola e io cascai al suo tranello. Vizi e abitudini nere mi rendevano sorda, cieca.
A sedici anni conobbi la depressione, non mi piace chiamarla per nome ma devo, per darle il peso che lei stessa incombe nelle vite di chi incontra. Lei rappresenta il punto nel quale su di una giostra, ho quasi toccato terra ed è stata frutto del mio continuo soffrire lungo il viaggio. La mia giostra sembrava essere guasta e non si prestava a ripartire.
Sono stata ferma per giorni, mesi, anni;io lei e la paura di fallire.
Non mi sentivo abbastanza per gli altri, non mi piacevo come si piacevano gli altri, nessuno mi amava come amava gli altri.
Il mio problema fondamentalmente non ero io ma erano gli altri.
E così passavo giorni interi a frustrarmi per il loro pensiero riflesso sul mio: le offese, gli abbandoni, gli sguardi di troppo; tenevo tutto conservato in memoria e di tanto in tanto, rievocavo quei momenti per analizzarli, per capire cosa avessi fatto di sbagliato per meritare tanto odio:
"Sei un bidone"
"Sei una balena"
"Sei un'obesa di merda"
"Nessuno ti vorrà mai"
Le loro voci le sento ancora nella testa offuscare il mio giudizio ma io resisto e non c'è giorno in cui non pensi a quanta sofferenza mi ha recato tagli sul petto, pianti isterici, fiducia mancata.
Ma io resisto.
Come quando intravedi riflesso l'arcobaleno dopo il temporale e sai infondo che ogni momento cupo porta fuori il sole.
E sai ti sembrerà di non averlo mai visto.
Ti sembrerà estate in pieno inverno.
E ti amerai, e piangerei ancora ma ti amerai.
E ti ascolterai e ascolterai parole che cuciranno le ferite che porti dentro.
Parole d'amore ti insegneranno che nella vita non esiste solo il male.
E la mia giostra all'improvviso ripartì, dopo tutti gli sforzi fatti per tornare a guardare la città dall'alto.

Che fine fa la malinconia quando scompare? Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora