Capitolo 20. Confusione.

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Mi sono sempre detta: leggi quando ti senti vuota e scrivi quando hai disordine dentro.
Continuo a farlo anche controvoglia tutte le volte in cui cerco di calmarmi.
Le parole sono allarmi e li sento suonare dentro le volte in cui mi metto in discussione.
Nella vita amo l'ambizione.
Vorrei salire scalino dopo scalino verso la cima che conserva i miei sogni, senza cadere; eppure mi ritrovo costantemente a fallire.

Il fallimento.
Ho sempre temuto di fallire, proprio per questo mi sono sempre imposta di avere le idee chiare sul mio futuro e su chi volessi essere, da piccola.
Ho sempre faticato per costruire il mio futuro, nella speranza in cui sarebbe arrivato il giorno in cui gli sforzi, mi avrebbero fatta sentire quella che volevo essere. Così non è stato. Come un uragano che si abbatte su dei grattacieli, ho fatto crollare tutto perdendomi tra le rovine.
E dopo anni ancora mi cerco: cerco me stessa tra i sogni che ho incenerito, li ho visti sfumare e
scomparire lentamente senza sosta.
Tutto ciò in cui credevo, andato perso.
È un attimo e l'istante successivo hai scordato chi sei. Sono figlia di una circostanza sbagliata. Sono figlia di malumori e bassa autostima ma anche di una donna con le palle e questo tutte le volte in cui crollavo, mi ha salvato.
Volevo così tanto diventare qualcuno che ho scordato chi fossi nel presente.
Non mi sono mai accettata per quella che ero.

"Questa non sei tu, quando sarai grande sarai bella, quella sarai tu."

Queste le parole che continuavo a ripetermi allo specchio per ingannarmi.
Ho perso anni dietro all'idea che volevo costruire e ora tutte le volte che mi guardo allo specchio, finisco per non riconoscermi.
Da tutto quello che sbaglio cerco di coglierne il senso per non impazzire fallimento dopo fallimento e se c'è una cosa che ho capito e maturato, è che ambire a qualcosa che non diventeremo mai perché non ci appartiene, ci allontanerà sempre più da ciò che realmente siamo. E soffriremo. E avremo due noi che viaggiano su binari paralleli. E non saremo mai felici.
È un concetto tanto elementare da sfuggirci la maggior parte delle volte, sfugge come il tempo che abbiamo nella vita e che spesso così facendo sprechiamo.
Perché ci accontentiamo, perché ci rassegniamo e non capiamo che la vita è anche fallire.
Fallire, comprendere e ricominciare da capo.
Comprendere chi sono ha previsto un fallimento dopo l'altro e ognuno di essi mi hanno portato dove sono ora, sempre più vicina a ciò che ho sempre voluto essere.
Fallire mi ha portato a lui.
Fallire mi ha fatto conoscere la mia migliore amica.
Fallire mi ha fatto capire chi voglio essere.
Quindi fallire, alle volte, vuol dire solo riconoscere di aver sbagliato strada e cambiarla. Perché siamo alla scoperta di noi, del mondo, della vita. E siamo in continua evoluzione.
E sbagliato è chi crede che fallire sia sinonimo di perdere perché dal fallimento, se lo si vuole, si rinasce.

Un nuovo anno è arrivato e come sempre cerco di lasciarmi alle spalle tutto ciò che mi ha deluso.
Le feste sono passate così velocemente che quasi non mi sono accorta dello scorrere dei giorni.

"Ci possiamo vedere?"

Leggo il messaggio sullo schermo del telefono, quasi di nascosto, per cercare di sbriciare un eventuale risposta negativa.
Ansia mista ad adrenalina invade il mio corpo, non riesco ad essere lucida.
Rivederlo vorrebbe dire mettere da parte l'orgoglio, riaprire la mia ferita.
Ne vale la pena?
Consideravo il nostro rapporto l'ennesimo fallimento e di giorno in giorno ho provato con tutta me stessa ad accantonare l'amore che sento ma non ci riesco.
Come posso pretendere di scordare qualcuno che ancora amo?
"Stasera alle otto?"

Che fine fa la malinconia quando scompare? Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora