Capitolo 58

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Il fatidico giorno era arrivato; era venerdì e Jungkook quella mattina avrebbe ridato per la seconda volta l'esame di italiano che sembrava essere diventato il suo più grande nemico nonostante, quelle rare volte in cui parlavamo nella mia lingua madre, lo parlasse benissimo.

Capivo perfettamente la sua frustrazione, in fondo anche io che sono una madre lingua avevo problemi con la grammatica specialmente con i congiuntivi che ero arrivata a saperli benissimo in spagnolo.

Ironico no?

D'altronde quale italiano azzecca sempre i congiuntivi.

Capivo perfettamente anche la sua totale agitazione, anche io ero come lui quando diedi il mio primo esame di coreano. Anzi, forse io sono molto peggio; quando, due anni prima, diedi il mio primo esame di coreano ero letteralmente terrorizzata. Avevo deciso di fare una vera e propria pazzia dedicando la mia vita allo studio di due lingue non solo completamente diverse dalla mia, ma anche tra di loro. Cinese e coreano erano davvero due poli opposti, due poli che io amavo.

Quella mattina mi svegliai prestissimo penso fossero le cinque quando la sveglia suonò, presi il treno delle sei meno cinque e alle sette in punto, dopo un viaggio durato una cinquantina di minuti circa, ero davanti all'ateneo scalpitante di intravedere una testa castana sbucare da qualche vialetto.

L'esame iniziava alle otto e mezza e io già un'ora e mezza prima ero lì, pronta a far irritare al massimo Jimin e ad offrirgli la colazione più calorica che poteva desiderare.

<< Solo perché sei la mia piccola principessa>> annunciò non appena mi raggiunse, il viso pallido e ancora segnato dal sonno, due segni scuri sotto gli occhi mi facevano pensare che non avesse dormito molte ore rendendolo più simile a uno zombie invece che a uno studente universitario.

<< Sopportami fino alle otto e mezza e poi sarai libero di odiarmi e tirarmi dietro tutti i Santi, ma ti prego aiutami che non so niente>> gli dissi in italiano unendo le mani in  segno di preghiera.

<< Sarà, ma prima andiamo nel bar qui vicino ho fame e qua fuori  fa freddo>> disse prendendomi a braccetto.

<< Sappi che sei libero di ordinare tutto ciò che desideri. Offro io>> gli dissi con fare da ruffiana stringendogli il braccio.

<< Leccaculo>> brontolò guardandomi in modo truce mentre io facevo tanto la carina con lui.

<< La prossima volta non basterà una colazione a comprarmi>> mormorò prima di entrare nel bar.

Passammo l'ora successiva ad abbuffarci, o meglio lui si abbuffò, di cappuccini, cornetti e pasticcini mentre mi sottoponeva con il quaderno sotto al naso alle domande più disparate riguardo all'alfabeto e alla grammatica in generale alternando momenti di conversazione base.

Mi accompagnò dentro l'edificio, facemmo la strada fino a giungere all'aula dell'esame davanti alla quale si era già formata una folla di persone.

È in quegli orribili momenti d'attesa che l'ansia raggiunge il suo apice: il cuore inizia a pompare ad un ritmo più concitato del normale, la sudorazione aumenta facendoti sudare perfino i palmi delle mani, lo stomaco si chiude e un senso di nausea prende possesso del tuo intero organismo.

<< No Chim, io me ne vado non sono pronta.  Non sono per niente pronta>> furono le parole che dissi appena prima che aprirono le porte.

<< No Yua, non posso accettare di essermi svegliato all'ora delle galline solo per venire qui, farti l'interrogatorio e poi sapere che tu rinunci. Te lo scordi, sei pronta, prontissima e se il professore non ti da il massimo più lode mi incavolo>> fu il modo in cui Jimin mi fece mettere l'anima in pace, tattica che usava praticamente con tutti.

•Insegnami ad amarmi• |K.TH|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora