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Capitolo tredici di Difficult.

Dopo aver passato quasi tutto il pomeriggio a dormire, data la notte insonne a controllare che nessuno andasse a sfondare la porta di quel biondino, sono di nuovo in questo campus del cazzo a controllare che nessuno le segua

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Dopo aver passato quasi tutto il pomeriggio a dormire, data la notte insonne a controllare che nessuno andasse a sfondare la porta di quel biondino, sono di nuovo in questo campus del cazzo a controllare che nessuno le segua.

Ho la testa china sul cellulare quando mi rendo conto di Andromeda poco distante da me. Esce dal dormitorio guardandosi intorno. Che diavolo vuole fare ora?!

Mi tiro su, rizzando la schiena e aspetto un suo passo prima di muovermi.

Inizia a camminare spedita, ha in mente una destinazione ben precisa.

La seguo rimanendo distante e strizzo gli occhi vedendole tirar fuori una sigaretta. Fuma? Non l'avrei mai detto.

Si ferma poco distante da una panchina e inizia a guardarsi intorno. Guardo il cespuglio che mi ritrovo davanti e mi ci fermo.
Meglio rimanere qui dietro.

La mia preoccupazione aumenta tutto d'un tratto quando la vedo fissare un punto indefinito, che non riesco a vedere.

Mi sporgo leggermente in avanti per provare a guardare, ma proprio in quel momento il suo corpo ha come un leggero spasmo, gli occhi le si chiudono lentamente ed io reagisco d'istinto.

Mi precipito da lei prendendola ad un soffio da terra.
Che cazzo ha visto per reagire così?

Le scruto il viso sperando che riprenda presto conoscenza ed esalo un sospiro di sollievo quando le vedo sbattere lentamente le palpebre.

«Chi sei tu?» mi chiede corrucciando leggermente le sopracciglia.
«Un amico di Noah e Stefanie... tutto bene? Ti ho vista svenire e mi sono precipitato» chiedo cercando di capirci qualcosa, ma lei non risponde.
Dopo svariati secondi però, fa leva sulle mie braccia per alzarsi.

Si guarda intorno, ed io seguo i suoi movimenti, ma dalla sua espressione non trova ciò che cerca. O forse chi.
Gira su se stessa più volte continuando a cercare.
«Stai bene?» a questo punto sono io ad essere confuso.

Lei annuisce e decido di non continuare a chiedere, anche se non mi sembra molto convinta.

«Vieni, ti riporto in stanza, non mi sembri molto in for-» allungo una mano per afferrarle il braccio, ma a bloccarmi sono le sue urla.
«Non mi devi toccare! Sta' indietro!»
Questa è pazza. Non le do retta e la afferrò dal braccio iniziando a camminare verso la stanza.

Lei continua ad urlare di lasciarla stare e di non toccarla ma non me ne curo fin quando non la sento più pesante e mi fermo.
Le afferro entrambi gli avambracci e la guardo in volto.

Gli occhi le si rigirano e sviene definitivamente.
La sollevo a mo' di principessa e la riporto in camera.

Una volta lasciata sul suo letto, prendo il telefono e chiamo subito Noah.
Chiamo uno. Chiamo due. Chiamo tre.

IMPOSSIBLE: I can't love youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora