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Capitolo ventinove di Difficult.

Venerdì mattina

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Venerdì mattina.
3 novembre.

Dopo esser tornati a casa ieri sera ero veramente distrutta, tanto che non so neanche come abbia avuto la forza di spogliarmi e mettermi a letto.

In realtà non ricordo neanche bene come siano avvenuti questi passaggi
Tutto ciò che ricordo sono le frasi di Cassie e di aver ballato con due ragazzi.

Poi ho l'immagine di uno dei due sbattuto a terra da Vladimir.

Fine.

Dopo ciò è tutto nero.
Quel che ricordo bene però è l'attimo in cui, dopo essermi messa a letto, Vlad mi ha raggiunta e si è messo a dormire con me.

La porta del bagno che si chiude mi sveglia definitivamente dal sonno che stavo facendo e in quell'attimo in cui i miei occhi si aprono vedo il braccio di Vladimir che mi stringe la vita e il suo viso poco distante dal mio, mentre dorme beatamente.

Ha l'espressione leggermente corrucciata. Neanche quando dorme si rilassa del tutto, è incredibile.

Alzo una mano per spostargli una ciocca di capelli che gli è ricaduta sulla fronte e quello basta per dargli fastidio e svegliarlo dal suo sonno.

Apre lentamente gli occhi e porta lo sguardo confuso nel mio.
Come tutte le mattine che ci svegliamo insieme toglie immediatamente il braccio dal mio corpo allontanandosi di poco da me, mettendo lo spazio secondo lui necessario.

Come se fino a quel momento non fosse stato in quella posizione.
Come se quel gesto facesse sì che non mi avesse abbracciata per tutta la notte.

Sbuffo mettendomi in piedi, scavalcando il suo corpo, ma non appena poggio i piedi a terra e sollevo il mio corpo, ad investire la mia mente c'è un capogiro pazzesco.

Porto una mano alla fronte sentendo anche un forte mal di testa e non mi rendo neanche conto che a sorreggermi c'è la mano di lui che mi prende saldamente per un avambraccio.

Abbasso lo sguardo sulla sua mano e l'attimo dopo è subito sui suoi occhi.
«Che c'è? Puoi anche smettere di far finta che ti importi qualcosa. Ho capito che non è così» sbotto contro di lui togliendo il braccio dalla sua mano.

Provo a fare qualche passo andando verso la piccola cucina della stanza per prepararmi la colazione, e dietro di me sento subito la sua presenza che si alza in piedi per seguirmi.

Poggio le mani sulla superficie del tavolo facendo finta di non aver bisogno di aiuto.

«Puoi anche lasciarmi stare»
Non ho il tempo di finire questa frase però che le sue mani sono sui miei fianchi.

Mi fa voltare nella sua direzione e l'attimo dopo sono seduta sulla superficie di legno.
Sì avvicina a me portandomi due dita sotto il mento per farmelo alzare in modo da guardarlo.
«Cosa vuoi?!»
Continuo a rivolgermi a lui sgarbatamente.
Dopo ieri sera non credo meriti buone parole.

«Hai bisogno di un aspirina» risponde noncurante e si sposta di poco in modo da non farmi muovere tenendo la mano ferma sulla mia coscia. «E di acqua. Bevi»
Mi ordina porgendomi un bicchiere rimenando tra le mie cosce.

Vorrei davvero controbattere ma avevo intenzione proprio di fare ciò prima di prepararmi un caffè.
La mai gola è secchissima , sono sicura che lo sia sia più del deserto in questo momento.
E tutto ciò che vorrei è sotterrarmi di coperte e morire nel letto fino a domattina.

Lo guardo male e accetto quel gesto portando il bicchiere alle labbra.
L'acqua fredda che mi investe la gola è un sollievo immenso.

Mi concentro così tanto da non accorgermi neanche delle mani di Vlad ferme sulle mie gambe. Riesco a notarle solo quando abbasso lo sguardo poggiando il bicchiere sul ripiano del tavolo sul quale sono seduta.
O meglio dire, sul quale lui mi ha fatta sedere.

«Ora dimmi cosa ricordi di ieri sera» mi esorta con tono duro.
Come se usando questi modi mi invitasse a parlare di più.
«Cosa vuoi sapere? Facciamo prima. Non chiederesti cosa ricordo se non ti interessa qualcosa in particolare»

Ma lui nulla. Non accenna a rispondere, così continuo.

«Vuoi sapere se ricordo le battute di Cassie? Perché le ricordo tutte»
Passo lo sguardo nel suo, in cerca di qualche tentennamento, ma nulla.
Allora sarà qualcos'altro.

«Allora quando ho ballato con quei due?»
Il suo occhio ha un piccolo spasmo, se fossimo stati distanti poco più neanche me ne sarei accorta.

Strabuzzo gli occhi ragionandoci su e le parole mi escono sole. «Il bacio. Vuoi sapere se ricordo quello?»

E come un'ondata fresca mi ritorna tutto in mente.
Io che bevevo, il modo in cui lui mi guardava mentre ballavo con quei due di cui però non ricordo il viso.
Il bacio, e il seguente pugno di Vladimir.
Seguito ovviamente da tutti gli schiaffi che gli ho lasciato sulle braccia.

Lui capisce perfettamente che da una parte ci sto godendo di quella dimostrazione, perché per me è una perfetta dimostrazione di gelosia.

Noah è sempre stato geloso ma non ha mai sbattuto a terra quelli con cui mi baciavo. A meno che non ero consenziente e loro esageravano.
Quindi dev'essere stata per forza una sua iniziativa.

«Eri geloso mi è sembrato di capire. Sia a me che a tutti quelli presenti direi»
«Me l'ha detto Noah» si giustifica subito lui, ma so che è una bugia bella grossa.

«Si certo. Noah. Come se non conoscessi mio fratello»

Vedo la sua mascella serrarsi, e i lineamenti del suo viso indurirsi mentre si avvicina al mio.
Mi posa una mano sulla guancia e ci applica pressione con il pollice fermandosi ad un soffio dalle mie labbra.

«Non provarci mai più, o la prossima volta chiunque esso sia lo uccido»
Ha il tempo di sussurrare sulle mie labbra prima di venire interrotti da Andromeda che esce dal bagno, ed io a tratti sono incerta di essermelo sognato.

Ci guarda corrugando le sopracciglia mentre si abbassa per prendere le scarpe e infilarle.
«Vlad, vado in caffetteria con Christian. Avvisa quel troglodita del tuo amico che non mi serve l'accompagnamento. Non mi si avvicina nessuno se c'è lui. Li riconoscerebbe»

Vlad si allontana dal mio corpo più di quanto non abbia fatto sentendo la porta del bagno e prende il telefono passandosi una mano tra i capelli, iniziando a digitare il messaggio.

Poi i movimenti di And che si tira su per finire di prepararsi attirano al mia attenzione.
Soprattutto quando vedo che sta prendendo uno dei miei cappotti.
«Ma quello è mio!» esclamo sorpresa ma lei non sembra sentirmi mentre richiude la porta alle sue spalle.

Non mi da fastidio che lo prenda anzi.
Però sono abbastanza sorpresa perché non avrei mai pensato che l'avesse iniziato a fare.
Stiamo facendo passi da gigante.

Una volta che Vlad posa il telefono non si riavvicina in quel modo a me. 
Rimane sulle sue non lasciandomi capire cosa gli passa per la testa. 

Ormai però il non capire nulla di lui è una cosa da tutti i giorni. 

«Vado a fare una doccia.» esordisco alla fine quando lui continua ad ignorarmi. 
Devo schiarirmi le idee e magari mi aiuterà a ricordare qualcosa di ieri sera. 

«Io ordino il pranzo cosi arriva in tempo»

Gli faccio un piccolo cenno di assenso e raccolgo velocemente tutto l'occorrente rifugiandomi in bagno. 

Mentre sono sotto l'acqua sento lui che prova ad entrare ma avevo chiuso a chiave. 

Non so perchè avevo immaginato che ci avrebbe provato, ma ora non è proprio il momento di scopare. 

Non capisco nulla. 
Di tutto.
Di lui. 

IMPOSSIBLE: I can't love youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora