4- Vetri Rotti

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Quando mi svegliai per poco non caddi di sotto dal letto dallo spavento. Ero circondata da tantissimi pezzi di vetro e per un attimo temetti che fossero quelli del mio sogno. Poi ricordai ciò che era successo. Quel ragazzo aveva fatto in modo che facessi esplodere i vetri di camera mia.
Guardai fuori e vidi che era mattina inoltrata. Perché le mie cugine non mi avevano svegliato? Qualcuno bussò alla porta.
«Avanti»
Vidi la maniglia muoversi ma la porta non si mosse. Eppure non c'era nessuna chiave.
«Aliissa hai intenzione di aprirmi, si o no? Io e Cloe siamo molto preoccupate» la voce di Rosalie mi apparve strana e sentii qualcosa formicolare sulla mia pelle.
«Ma non è chiusa a chiave» dissi alzandomi dal letto. C'era qualcosa che non andava. Sentivo l'impulso di allontanarmi dalla porta.
«Aliissa aprimi! » sbottò Rosalie.
Il formicolio sulla mia pelle aumentò e feci un altro passo indietro, sbattendo la schiena contro la libreria. Alzai la mano e feci uno scatto col polso come se volessi scacciare una mosca. La porta si spalancò e per poco non uscì dai cardini. Ma non fu quello che mi spaventò maggiormente. Cacciai un urlo quando mia cugina entrò e vidi il suo aspetto. Aveva una gamba d'oro e una d'asino, degli artigli al posto delle sue unghie ben curate e un paio di orecchie lunghe e pelose. Mi guardò interdetta per un attimo, poi sbiancò.
«Cloe! Vieni subito qui! La Foschia
Stava impalata a fissarmi ed io facevo lo stesso mentre mi arreggevo agli scaffali della libreria per non svenire.
Cloe arrivò e sembrava che avesse intorno a sé un'alone di nebbia. Ero sull'orlo di una crisi e lei se ne accorse. Spinse da una parte Rosalie che era tornata 'normale' e mi raggiunse stringendomi forte a se. Aveva il solito profumo di Cloe e la cosa mi tranquillizzò un po'.
Tu non sei affatto una mortale. Le parole del ragazzo mi tornarono in mente e il mio cuore sprofondò ancora di più dalla paura.
Cosa stava accadendo?

**

Ricordo davvero poco di ciò che successe poi. Mi ricordo solo che le mie cugine giustificarono le finestre esplose un improvviso calo di temperatura che si era verificato durante la notte che anche loro avevano sentito ma non avrebbero mai pensato che potesse farmi dei danni del genere.
Non provai ad accennare al fatto di cosa avessi visto al posto di Rosalie ne a chiedere cosa fosse la Foschia. E non smentii nemmeno la loro ipotesi, pur sapendo che non era affatto vera.
Non so come, ma mi ritrovai in macchina con le mie cugine. Fissavo costantemente fuori dal finestrino e vedevo le cose più strane. Una donna con delle ali al posto delle braccia che volava nel cielo, una ragazza con due serpenti al posto delle gambe che vendeva hot dog e mentre passavo accanto a Central Park vidi un pegaso nero che pascolava tra gli alberi e un ragazzo con delle gambe caprine che suonava uno strumento accanto al cavallo. Ero impazzita.
«Dove andiamo?» chiesi con un fil di voce guardando finalmente le mie cugine.
Stavano tese e in allerta ed io provai di nuovo l'impulso di scappare insieme a quello di saltare addosso a loro.
Iniziai a muovere la gamba nervosamente cercando di reprimere tutta quella aggressività.
«Andiamo in libreria e poi ti portiamo al negozio di strumenti lì vicino, visto che ti lamenti sempre che il tuo violino ha qualche imperfezione» sorrise Cloe, facendomi dimenticare tutte le cose strane all'istante.
«Davvero?» sorrisi entusiasta.
«È stata un'idea di Rose»
Cloe diede una leggera gomitata a sua sorella che si mosse a disagio sul sedile. «Si, volevo scusarmi con te per ciò che ho detto ieri sera» balbettò sorridendomi timidamente.
«Non c'era bisogno di tutto questo, ma grazie » diedi un bacio a tutte e due riconoscente di quello che facevano per me tutti i giorni «siete le migliori cugine del mondo, sarei persa senza di voi»
Una scintilla di dolore attraversò i loro occhi ma fu talmente veloce che credetti di aver visto male.
«Staremo sempre con te» disse un po' esitante Rosalie «ti vogliamo bene»

**

Mi buttai sul letto esausta. Lo shopping era stato sfiancante e alla fine, l'unica cosa che avevo comprato era stato un libro da leggere sulla mitologia greca che avevo trovato nel reparto di libri stranieri. L'avevo visto in una libreria in Italia ma non ero riuscita a comprarlo così ne avevo approfittato quel pomeriggio per cercarlo. Avevo trovato anche in violino bellissimo, ma aveva una corda un po' allentata anche se il venditore continuava a negare.
Mi misi il pigiama, che consisteva in un paio di pantaloncini corti e un maglioncino rosa, e mi misi a sedere sul materasso iniziando a leggere il libro. Non avevo più un singolo vetro in camera mia e quindi tenevo la finestra completamente spalancata, facendo entrare l'aria serale di fine gennaio.
Ero già a metà libro quando un paio di anfibi scuri scavalcarono il davanzale e atterrarono senza far rumore in camera mia. Alzai lo sguardo sullo strano ospite, cercando di nascondere l'agitazione che montava dentro di me.
«Quasi mi aspettavo una tua visita, Di Angelo» dissi posando il libro accanto a me.
«Lo so, ti sono mancato» sorrise sghembo.
Alzai gli occhi al cielo «No, fidati. Da ieri sera vedo cose strambe. Non è che quando sono svenuta mi hai drogato o cose simili?»
«L'unica cosa che ho fatto è stato metterti a letto» mi guardò serio «tutto ciò che vedi è il vero mondo in cui dovresti vivere»
Rimasi a fissarlo incredula. «Ma tu chi sei?»
«Cosa stai leggendo?» spostò lo sguardo sul libro eludendo la mia domanda.
«Mitologia greca» risposi leggermente irritata.
«Ti piace?» mi guardò strano. Ma non strano come facevano tutti. Era come incuriosito.
«Abbastanza. È affascinante come gli antichi poeti avessero così tanta fantasia da inventare miti così ingarbugliati e riuscire pure a tirarci fuori una morale.»
Spuntò la sua fossetta sulla guancia. Lo ammetto, la trovavo adorabile. «Inventare? Non ci credi a quei miti? Il Signore del Cielo, lo Scuotitore della Terra, il Re dell'Oltretomba? Ercole e l'Idra, l' uomo-toro, il cane a tre teste dell'aldilà?»
Rimasi un po' spiazzata vedendo che conosceva anche lui i miti greci. «Piacciono anche a te?»
Rise amareggiato e si scostò un ciuffo di capelli lunghi dal viso. «Io ci vivo tra quei miti»
Mi salirono i brividi dietro la nuca. «Ripeto, chi sei?»
«Bella domanda. Tu chi pensi che io sia?»
Si accovacciò davanti al mio letto e vi appoggiò i gomiti.
Lo fissai. Dovevo essere spaventata, invece mi sentivo a mio agio con lui. E la cosa mi irritava.
«Ma cosa ne so! Che vuoi da me?» sbottai.
«Voglio mostrarti una cosa» il suo sguardo si fece serio e i suoi occhi brillarono «Vieni con me»
Il mio cuore scalpitò. «Perché mai dovrei seguirti? Chi me lo dice che sei affidabile? »
Ridacchiò e si alzò in piedi. «Io sono uno dei pochi che potrebbe riportati a casa»
«Io sono a casa. Questa è casa mia» replicai.
«Ti hanno fatto il lavaggio del cervello» sentenziò porgendomi la mano.
«Io non ci vengo con te, non ti conosco nemmeno » incrociai le braccia, ostinata.
Di Angelo sospirò irritato e si mise a sedere sul letto. «Va bene. Mi chiamo Di Angelo, ho quasi 18 anni, il mio colore preferito è il nero. Faccio il compleanno il 28 gennaio e odio il mio passato. Contenta?»
«Tu non sai nulla di me» replicai.
«Sentiamo» una scintilla di spavento passò nei suoi occhi.
La ignorai.
«Mi chiamo Aliissa Earthborn, ho 16 anni e mezzo, il mio colore preferito è l'oro. Faccio il compleanno a Maggio e ho passato la mia vita con mio padre, un insegnante di musica ad un conservatorio in Tennessee fino a quando non è morto in un incidente d'auto, poi mi sono trasferita qui a New York dalle mie cugine, non avendo madre ne altri parenti » sparai, parlando veloce.
«Come si chiamava tuo padre?» chiese curioso Di Angelo.
Feci per rispondere ma mi bloccai. «Io..non..» Mi prese il panico. Non ricordavo il nome di mio padre, ne il suo volto. Mi salirono le lacrime e strinsi gli occhi cercando di scacciarle indietro.
«Tranquilla» mi strinse una spalla «è normale »
Lo guardai male «Normale?! Non mi ricordo il volto di mio padre!»
«Shhh» mi tappò la bocca con la mano e il suo tocco gelato mi fece rabbrividire. «Fai piano o quei mostri della tue cugine ci sentiranno» disse a denti stretti.
«Non sono mostri » sussurrai.
Fece un verso di scherno e si allontanò. «Fai come ti pare. Continua a vivere nella tua bolla fatta di sogni che ti creano quelle due, meglio che me ne vada»
«No aspetta!» lo seguii mentre scavalcava la finestra. «Mi dici chi sei? Chi sono io? Cosa c'entrano i miti greci nella tua vita? E nella mia?» gli presi la manica della felpa e lo tirai per fermarlo.
Mi guardò e i suoi occhi tornarono ad essere sfaccettati da mille emozioni come diamanti. «Tu sai che hai dei poteri. Ieri sera hai avuto solo paura di averne perso il controllo» sussurrò.
Mi sentii le gambe cedere e mi aggrappai a lui. Mi mise un braccio intorno alla vita sorreggendomi. «Te l'ho già detto Aliissa. Tu non sei una mortale. Apri gli occhi, guarda tra le crepe che si stanno formando nella tua bolla. Ieri sera hai rotto non solo i vetri della tua camera.» Mi baciò la fronte e mi allontanò da sé. «Sei intelligente, voglio che ci arrivi da te. Buonanotte»
Si voltò e come una pantera si calò nel mio giardino il più silenziosamente possibile.
Lo fissai mentre aggirava il mio albero e svaniva.
Tornai a letto, scombussolata. Qualcosa si rigirava nella mia testa, ma era altamente impossibile.
Mentre mi rigiravo sotto le coperte notai qualcosa per terra. Era il libro sulla mitologia greca. Mi chinai a raccoglierlo ma mi fermai quando lessi il titolo del capitolo a cui si era aperto durante la caduta. I MITI DEGLI EROI - Semidei.
Chiusi gli occhi e mi voltai dall'altra parte. Avevo sempre pensato che il caso non esistesse, ma per una volta sperai che fosse tutto frutto di una accidentalità.

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora