25- In pieces

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In quel momento sarei potuta anche morire tra le braccia si Nico, e non mi sarebbe sembrata così brutta la mia fine.
Ma una voce mi fece sussultare così tanto, che mi staccai da Di Angelo , facendomi quasi cadere dalla sedia.
«Aliissa»
Una donna mi fissava con sguardo vitreo dall'altra parte del tavolo. Aveva le mani congiunte, posate sul legno massiccio.
Aveva un'aria familiare. Qualcosa mi premette sulla parte bassa del cervello. Sapeva di averla già vista, ma non ricordavo dove. C'era quel ricordo che cercava di venire fuori, ma non ci riusciva.
La guardai meglio. I capelli neri, tenuti indietro solo in parte, le incorniciavano il viso, particolarmente bello e indossava una veste nera elegante, con uno scialle intorno alle spalle. Sembrava di un altro tempo, e probabilmente lo era anche, dal pallore della sua pelle.
«Aliissa, questa è mia madre, Maria Di Angelo» mi presentò Nico, con un tono di voce ansioso.
Guardai gli occhi vacui della signora Di Angelo. «Piacere»
Cercai di non dare a vedere quanto in realtà me la stessi facendo sotto, a stare davanti ad un fantasma, ma quando lei mi indicò con un cenno del mento il corridoio dietro di me e mi disse con la sua voce apatica, indifferente allo shock che avevo ancora negli occhi «Puoi andare, con te ho finito », balzai in piedi come una molla e senza dire una parola camminai, quasi corsi, fuori da quella casa piena di polvere e vecchi ricordi che non mi appartenevano.
Quando la luce del sole che aveva fatto capolino da dietro le nuvole invernali mi colpì in pieno viso, socchiusi gli occhi e inspirai profondamente.
«Tutto ok?»
Riaprii gli occhi velocemente e notai la stessa figlia di Ecate che prima mi aveva fatto fuori con il manico del suo pugnale che mi fissava, incuriosita. Scattai, e feci un balzo di lato, portando maggiore distanza tra noi, e tesi la corda dell'arco che mi era apparso tra le mani. Le frecce puntate contro di lei.
Lei tirò fuori il suo pugnale, ma un'ombra si calò davanti a me e un ragazzo si mise in mezzo, puntandomi una pistola contro.
«Non toccarla» mi ringhiò tra i denti.
Non abbassai l'arma, nonostante avessi il cuore in gola. «Chi siete?»
«Io sono Rheim, lei è Alexa. Abbassa quell'arco, figlia di Gea»
Figlia di Gea. Ultima discendente. Figlia dell'Olimpo. Tutti quei nomi mi stavano facendo venire un enorme mal di testa.
Ma non ritirai l'arco. C'era qualcosa dentro di me che mi diceva che non dovevo fidarmi di lui.
Poi vidi Hazel che mi veniva incontro correndo, con la gamba fasciata. Ebbi un fugace ricordo di lei pugnalata alla gamba da Alexa, subito prima di svenire.
«Aliissa! Ferma!» mi urlò.
Mi tirò il braccio con cui tenevo l'arco e me lo fece abbassare. «Non ci vogliono fare del male.» La guardai come se fosse impazzita e lei sospirò. «Non più Aliissa, ora fanno parte del gruppo»
«Come scusa?» ora ero più che sicura che Hazel fosse impazzita.
Guardai i due ragazzi che mi fissavano con tranquillità. Facendomi capire che era vero. E la cosa mi fece andare nel panico.
Solo guardando negli occhi quel ragazzo mi si attorcigliava lo stomaco. «Cerchiamo entrambi la stessa cosa.» disse la ragazza, mettendosi davanti al suo compagno. «Cerchiamo anche noi il canto della Sirena Bianca»
«Perché?» chiesi sospettosa.
«Quel canto ha dei poteri che ci servono» rispose Rheim, scambiando uno sguardo di intesa con Alexa.
«Dove sono gli altri?» chiesi, cercando di evitare il più possibile di parlare con Rheim.
Mi mettevano soggezione i suoi occhi neri, scrutatori.
«Sono andati a cercare un posto dove passare la notte e dove poter cenare»
Guardai Hazel un attimo, sconvolta. Era passato veramente un solo giorno da quando ero scappata dal campo. L'adrenalina per tutto quello che era successo mi pulsava talmente tanto nelle vene che non ero riuscita a sentire la stanchezza. Ma quando realizzai che ero stata a digiuno per tutto il giorno e che si stava avvicinando la notte, per poco non mi brontolò rumorosamente la pancia e sentii le mie gambe farsi di piombo.
«Sì, ne abbiamo proprio bisogno» dissi.
In quel momento sentii la porta dietro le mie spalle scricchiolare e mi voltai rapidamente. Nico era appena uscito da quella che doveva essere stata casa sua e teneva lo sguardo basso e i pugni chiusi nella tasca dei jeans.
«Nico!» Hazel gli andò incontro e fece per abbracciarlo, ma quando lui alzò lo sguardo, lei si ritirò improvvisamente, preoccupata. «Cos'è successo?»
Mi avvicinai, curiosa. Le iridi nere di Di Angelo scivolarono su di me, ma saettarono velocemente da un'altra parte. Notai comunque quanto fossero rossi e gonfi i suoi occhi.
Ebbi l'impulso di stringergli la mano e di abbracciarlo. Feci un passo in avanti, e lui ne fece uno indietro.
Non farlo.
Lo guardai male.
Capita a tutti di piangere, Nico.
Non è per quello.
Ammettilo che hai bisogno di un abbraccio.
Aliissa..
Gli sorrisi, cercando di rassicurarlo.
Su, dai.
Mi avvicinai di nuovo e lui mi afferrò saldamente le spalle, impedendomi di fare altro.
«No.» disse velocemente, con durezza.
«Nico.» lo rimproverai, con le gambe che già iniziavano a tremare e il sorriso che scompariva.
Scosse la testa e mi lasciò andare, spintonandomi via leggermente. «Non capisci»
Si voltò e si incamminò verso il ponte che portava dall'altra parte del canale, che passava davanti al quartiere vecchio. Si incamminò, allontanandosi da me. Era una scena che avevo già visto, e che, come la prima volta, mi stava spezzando dentro. Sentii il cuore appallottolarsi come un pezzo di carta stretto in un pugno.
Ma questa volta non rimasi a guardare come una cretina.
Riempii a grandi falciate la distanza che aveva messo tra di noi e gli afferrai il braccio, fermandolo. Non si girò.
«Non capisco, e allora spiegami! Non puoi continuare a scappare così!» sentii la mia voce crescere fino a quasi urlare dalla disperazione. Non rispose e continuò a fissare davanti a sé.
«Fa male, Nico» sussurrai infine, talmente piano che temetti che non mi avesse sentito.
Ma lui si voltò e mi prese il volto tra le mani, facendo incontrare i nostri sguardi.
Sentii le farfalle nel mio stomaco agitarsi dolorosamente.
«Credi che a me non faccia male? Guardami Aliissa» sussurrò con con la labbra che si muovevano appena. «Fa un male cane, ma devo starti lontano. In qualche modo devo farlo. Non posso permettere che ti succeda qualcosa di brutto, non me lo perdonerei. Quindi, ti supplico, non rendere le cose più difficili.»
Gli strinsi la felpa, sperando di trattenerlo ancora un po'. Non volevo vederlo scivolare via ancora, proprio quando credevo che si fosse risolto, non tutto, ma quasi, tra noi. «Non puoi lasciarmi, non ora.» Tentai. « Io..» mi si bloccarono le parole, impigliate nell'enorme nodo che mi si era creato nella gola. Sentii le lacrime pizzicarmi gli occhi.
«Shh, non dire niente che possa fare ancora più male. E inizia ad ascoltare ciò che ti dicono gli dèi. Possono essere subdoli, ma non sempre mentono.»
Indugiò qualche secondo prima di lasciarmi andare e voltarsi.
Ed ora dove vai?, gli chiesi mentalmente.
Talia e gli altri si sono persi, vado a recuperarli. Torno subito.
Mi fece un piccolo sorriso, e si buttò nell'ombra del ponte, svanendo.
Non so come, ma sapevo che la nostra storia era finita lì. Avevamo incontrato un bivio per la via, ed avevamo scelto due strade separate.
E non potevamo tornare indietro.
Sospirai e mi voltai cercando di apparire più calma possibile. Ma Hazel aveva intuito tutto e la scenetta non era passata inosservata ai due ragazzi nuovi.
Ma fecero tutti finta di niente.
Mentre fissavo i due nuovi arrivati, mi passò un dubbio per la mente.
«Scusa, Rheim, giusto?»
Il ragazzo annuì.
«Sei un semidio?» chiesi, ricordandomi in quel momento che aveva fatto apparire l'arma piegando l'oscurità sotto il suo volere.
Rheim scrollò le spalle. «No. Sono più una specie di legato con dei poteri. Mio nonno era Figlio di Ade, nato prima della stipulazione del Giuramento tra lui e i suoi due fratelli Poseidone e Zeus»
Feci un senso di assenso. «Capito. Sembri molto potente, comunque »
Mi lanciò un'occhiata diffidente. «Anche tu, se per quello»
Mi sentii avvampare fino alle punte delle orecchie e scossi la testa. «Gioventù particolare»
«Idem» disse lui facendo spallucce.
Mi incuriosì, ma lui non aggiunse nulla ed io stetti zitta. Sapevo quanto potessero essere odiose le domande sul proprio passato. Soprattutto se era particolare.
La conversazione morì lì e ci mettemmo tutti a fissare un punto indefinito, aspettando il ritorno di Nico con Matt, Talia e Hedge.
Dopo una quindicina di minuti riapparirono vicino al ponte. Matt guardava con odio Nico. Poi si voltò verso di me e mi fece un sorriso a tutti denti.
Grazie agli dei è ancora intera, lo sentii dire. Anzi, pensare.
Sospirai, non capendo proprio come potevo riuscirci.
Mi venne incontro e mi abbracciò forte. Gli baciai la guancia cercando di reprimere la tristezza che mi stava assalendo.
«Come stai?» mi chiese.
«Bene, anche se sono un po' stanca »
Mi strinse un fianco per rincuorarmi e mi fece il suo più solare sorriso.
«Tranquilla, non abbiamo trovato un posto dove dormire a Venezia, ma ha detto Nico che appena arriviamo a Napoli possiamo riposarci sulla spiaggia»
Mi sciolsi dall'abbraccio, ma mi tenni comunque stretta al suo braccio.
«E come facciamo ad arrivare a Venezia entro stasera?»
Passò una strana scintilla negli occhi azzurri di Matt e si corrucciò. «Viaggio Ombra. Nico dice che è sicuro ora. Glielo ha assicurato una persona fidata».
Studiai il suo sguardo indispettito. «Non riesci a fidarti di lui, non è vero?»
«No. Non dopo quello che ti ha fatto. Se ti spezzasse il cuore un'altra volta, lo ucciderei con le mie stesse mani »
Sentii gli angoli della bocca tremare e piegarsi pericolosamente verso il basso. Ma mi trattenni. «Tranquillo. Il cuore si spezza solo una volta, il resto sono solo ferite » gli abbozzai un sorriso per calmarlo e raggiungemmo gli altri. Mano nella mano.
Ma sentii la voce intrufolarsi nella mia mente.
Oh, no cara Aliissa. Il cuore si spezza quante volte vuole, perché dopo che va in frantumi una volta, si ripara, a modo suo, aspettando poi che vada a pezzi un'altra volta. È così che funziona. Le cicatrici che portate voi umani non sono altro che i punti dove si sono rincollati i vostri pezzi di cuore infranto.
Socchiusi gli occhi e piegati la testa da una parte, per scacciare a voce fastidiosa del Dio dalla mia testa.
Matt notò la mia espressione alterata e mi strinse di più la mano. «Tutto ok?»
Riaprii gli occhi e mi massaggiai le tempie. «Sì, tranquillo. Andiamo ora»
Lo tirai e mi affiancai ad Alexa, pronta per partire.
Strinsi forte la cintura della borsa a tracolla.
«Ehi, calma.» mi sussurrò all'orecchio Matt. «Non succederà niente di male, ne sono sicuro»
Annui senza guardarlo. In quel momento, il Viaggio Ombra era l'ultimo delle mie preoccupazioni.
Ripensavo a quello che mi aveva detto la voce di Eros. Perché per quanto volessi ignorarla, non potei fare a meno di essere d'accordo con lei.

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora