26- Conversazioni Notturne

2.4K 199 17
                                    

C'era qualcosa di agghiacciante nel Viaggiare nell'Ombra. I morti che urlavano, i brividi freddi che strisciavano sotto pelle e la costante paura di poter essere presa da un momento all'altro e portata via dalla matrigna di Nico.
Strinsi ancora più forte la mano di Matt. L'ansia mi stava divorando.
Non staccai gli occhi dalle nostre dita intrecciate fino a quando il rumore del mare superò le urla delle anime perdute, che andarono velocemente scemando.
Alzai lo sguardo e sentii i nervi rilassarsi alla vista delle onde che si infrangevano dolcemente sulla spiaggia.
Nessuno disse niente. Ci guardammo tutti attorno, alla ricerca della stessa cosa.
La Sirena Bianca.
Ma non vedemmo nessuno. Eravamo soli.
Rheim si grattò la testa confuso. «Siamo a..»
«Punta Licosa, sì»
Non mi voltai a guardarli. Lasciai la mano di Matt e iniziai a camminare lungo la costa, puntando gli occhi sul lungo tratto scoglioso che si estendeva in mezzo al mare, al limite della spiaggia.
Era lì, ne ero sicura.
«Forse non si fa vedere sempre.» consigliò Matt. «Forse è tardi».
Annuii, pur sapendo che quello era solo un gesto per tranquillizzarmi.
Iniziai a camminare più velocemente, ma qualcuno mi bloccò afferrandomi per la maglia. Mi voltai e vidi Matt che scuoteva il capo.
«Andiamo a cercare un posto dove riposare per la notte. È tardi ed è stata una giornata intensa.» mi lanciò un'occhiata di intensa e mi arresi. Era stata davvero una giornata molto lunga.
«Va bene» sospirai.
Ci incamminammo tutti in silenzio, sentendo la stanchezza che gravava su tutti. In una mezzora raggiungemmo un paesino sopra Punta Licosa, chiamato Castellabate. Trovammo un ostello per giovani economico, vicino al centro e ci diedero una stanza da dividere con una coppia.
«Non è stato facile far passare il vecchio coach come un ragazzo» ridacchiò sotto i baffi Talia mentre posava il suo zaino accanto a uno dei letti a castello.
«Stai dicendo che sembro anziano? »
Il viso del satiro divenne rosso dalla rabbia.
«No certo che no!» intervenni cercando di reprimere un sorriso divertito che l'avrebbe solo fatto inalberare di più. «È la barbetta che inganna, ma tutti sappiamo che è giovanissimo!»
Gli altri annuirono vigorosamente e Coach Hedge fece il suo sorrisetto furbo. «So cosa pensate pasticcini bacati. Ma non me la prendo, perché io sono giovane dentro!»
Gonfiò il petto con orgoglio, e con un salto che avrebbe fatto invidia al miglior atleta, saltò sul letto in alto nell'angolo. «Così posso controllarvi durante la notte» ci lanciò un'occhiata di monito e poi, come se qualcuno avesse premuto il tasto off, posò la testa sul cuscino e si addormentò pesantemente.
A quel punto scoppiammo tutti a ridere, ma ci zittimmo non appena il vecchio coach si rigirò nel letto. Volarono altre risatine e poi seguimmo Hedge e ci mettemmo sotto le coperte.

Non riuscii a prendere sonno subito. Il pensiero di quello che sarebbe dovuto accadere il giorno dopo, mi perseguitava. Non lo avrei mai ammesso ad alta voce, ma avevo ansia di rivedere la Sirena Bianca. C'era qualcosa in lei che mi inquietava da morire. Eppure attraeva la mia curiosità.
Non capivo cosa potesse c'entrare nell'impresa, e tantomeno cosa volesse fare Tiresia del suo canto.
Sempre se avrebbe cantato.
Scossi la testa e mi girai dall'altra parte, giusto in tempo per vedere qualcuno che entrava di corsa in bagno, senza accendere la luce. Feci finta di niente e chiusi gli occhi, cercando si farmi investire dal sonno. Ma pochi secondo dopo sentii dei conati di vomito e balzai a sedere sul letto. Mi scostai velocemente le coperte di dosso e corsi in bagno.
Una testa bionda era china sulla tazza ed era scossa dai tremiti mentre rigurgitava.
Mi chinai su di lei e gli accarezzai la schiena. Sobbalzò e alzò lo sguardo, posando i suoi occhi viola spaventati su di me.
«Alexa cosa ti succede?» sussurrai per non svegliare nessuno nella stanza accanto.
Lei scosse la testa e mi fece cenno di allontanarmi, mentre con una mano si teneva la pancia e l'altra i capelli. Un altro conato la scosse e si chinò di nuovo sulla tazza. Le tenni i boccoli biondi e aspettai che avesse finito.
Quando anche l'ultimo conato la scosse, fece una smorfia di dolore e si piegò in due tenendosi la pancia con forza.
«Aspetta, vado a chiamare Rheim»
Feci per alzarmi, ma lei mi afferrò il polso e mi tenne giù.
«No» disse con voce roca. «Non voglio svegliarlo anche stanotte, ce la faccio.»
Si mise a sedere, con la schiena contro il muro e inspirò intensamente.
La sua immagine tremò per un attimo, come se fosse avvolta dalla nebbia. Pii tutto tornò normale. La guardai incuriosita ma non volli approfondire. Non credevo che in quel momento avesse la forza di dare spiegazioni.
Restai al suo fianco, in silenzio, mentre il suo respiro si regolarizzava lentamente.
«Allora» pronunciò ad un certo punto sussurrando. Mi voltai a guardarla incuriosita. «Cos'è successo col Figlio di Ade?» chiese.
Sentii il mio cuore mancare un battito. Abbassai lo sguardo sulle mattonelle bianche del pavimento. Un po' per evitare il suo sguardo, un po' per non far vedere i miei occhi diventati lucidi.
«Abbiamo preso vie differenti» sussurrai dopo qualche minuto di silenzio.
«Che vuoi dire?»
«Lui ha troppa paura di farmi male e ha voluto prendere le distanze.»
«E tu?»
«E a me è toccato starlo a guardare mentre se ne andava. Un'altra volta.»
Sentii le lacrime minacciare di scendermi, ma mi trattenni.
«Se lo ami, perché semplicemente non gli fai capire che a te non importa se ti fa del male. Perché è così, vero?»
Annuii e continuai a fissare il pavimento.
«Ho tutti contro, persino lui. Come posso riprendermelo?»
Dire quelle cose ad alta voce mi fecero sentire il vuoto che aveva lasciato Nico come mai prima di quel momento. Una lacrima solcò la mia guancia ma l'asciugai subito, senza farmi vedere.
«Non hai mai pensato che forse ha i suoi buoni motivi per allontanarsi? Forse alla fine, ha ragione.»
La guardai sbalordita. «Cambi idea così velocemente?»
Alexa sorrise e mi scosse la testa. «Io e Rheim l'abbiamo subito notato che provate qualcosa di molto profondo l'uno per l'altro. Si legge nei vostri sguardi. E quindi mi è parso strano che lui si sia allontanato così. E per ben due volte, come hai detto tu. Forse ha ragione. Ti ama così tanto da volerti lasciar andare. Per il tuo bene.»
Mi passai una mano tra i capelli, irritata.
«Lo so che non lo accetti. Sembri Rheim. Siete entrambi dei testardi.»
Un sorriso dolce spuntò tra le sue labbra. Mi fermai a osservarla. Sembrava totalmente assolta nei suoi pensieri.
Avevo avuto anche io quell'espressione dipinta sul volto quando parlavo di Nico?
«Parlami di tu e Rheim.»
Ormai avevo capito che il sonno mi aveva abbandonato per quella notte, e sembrava che avesse abbandonato anche Alexa.
Tanto valeva continuare a chiacchierare.
Lei scrollò le spalle e il suo sorriso si allargò. «Ci siamo conosciuti in America. Niente di speciale. Siamo tornati a Venezia qualche giorno fa perché il nonno di Rheim è morto, e gli ha lasciato la lettera con scritta la sua eredità spettante. »
Mi lanciò un'occhiata strana. Dei brividi mi salirono lungo la schiena. Solo che non avevo freddo.
«Suo nonno era un semidio, figlio di Ade, giusto?»
Alexa annuì. «Sì, erano molto uniti. È stato lui a crescerlo da piccolo, quando ha perso i genitori. È stato lui a insegnargli quello che sa fare oggi.»
«È una cosa dolce» pensai ad alta voce.
«No.» mi aggredì Alexa. «Per niente. È stato terribile per lui.»
La guardai sconvolta. «Cosa vuoi dire?»
«Suo nonno lo prendeva e lo metteva in mezzo a un branco di mostri e Rheim doveva combattere fino allo stremo delle sue forze. Ha rischiato veramente troppe volte di rimetterci la pelle.»
Rimasi zitta, stravolta.
«Ma nonostante questo si volevano bene.» continuò. « Suo nonno lo faceva per dargli un carattere forte. Rheim non ce l'ha più con lui.»
Ero troppo scioccata per dire qualcosa. Il silenzio calò su di noi, facendoci immergere nei propri pensieri.
«A cosa vi serve il canto della sirena?» Lo sguardo di Alexa si incupì, e capii di essere stata troppo inopportuna.
Ma lei rispose comunque.
«Sono malata, e il nonno di Rheim ci ha spiegato che posso guarire con la magia della voce della Sirena Bianca.»
In quel momento compresi la faccenda del vomito.
«Oh, va bene. Farò il possibile per far sì che la sirena canti per entrambe.»
Le sorrisi e lei ricambiò. «Grazie. Non sai quanto questo significhi per me e Rheim.»
Sbadigliammo entrambe, e la lunga giornata iniziò a farsi sentire.
«Credo sia ora di andare a letto.» dissi. Lei annuì e si rimise in piedi.
Mi alzai anche io, ma prima di aprire la porta del bagno mi voltai di nuovo verso di lei, con un pensiero che mi era saltato in mente.
«Quando tutto questo sarà finito, perché non venite al Campo Mezzosangue con noi?»
Alexa mi guardò confusa. «Cos'è il Campo Mezzosangue?»
«È la casa di tutti i semidei.»
Il suo sguardo si illuminò. «Perché no? Potrebbe essere divertente. »
Ci sorridemmo un'ultima volta e tornammo ognuna nel proprio letto.
Questa volta, non appena toccai il cuscino mi assopii immediatamente ed entrai nel mondo dei sogni.
Solo che il sogno non era il mio.

Ero in una selva. Gli alberi che mi circondavano sembravano sfiorare il cielo ricoperto di stelle. Per un attimo ebbi la sensazione di essere tornata ai miei soliti incubi, ma poi notai la ragazza inginocchiata nell'erba, con il volto chino a terra.
Ti avevo detto di portarla da me, tuonò una voce, che si espanse tra gli alberi.
La ragazza sussultò, e chinò ancora di più la testa, con i capelli neri, tagliati corti, che gli sfioravano le spalle. «Mi spiace mia signora.» Nonostante dalla sua posizione sembrasse timorosa la sua voce risuonò salda. «Non ho saputo come fare. Ade sta aiutando suo figlio.»
Sua moglie non ne sarà contenta.
L'aria davanti alla ragazza scintillò e comparì una ragazzina ancora più giovane. Non poteva avere più di dodici anni, ma emanava un potere enorme. I capelli lunghi e rossi brillavano e si muovevano in un vento sovrannaturale.
La riconobbi all'istante.
Artemide.
E se lei era Artemide, la ragazza china doveva essere..
In quel momento la ragazza dai capelli scuri si alzò, tenendo il mento alto. Il cerchietto color argento intorno alla sua fronte scintillò.
Talia.
Ero entrata nel sogno di Talia.
Mi nascosi dietro a un cespuglio, non sapendo se potessero vedermi o meno.
«Che cosa puoi dirmi di lei?» chiese la Dea.
«Sa usare bene l'arco.» scrollò le spalle Talia.
«È cresciuta con mio fratello, non potevo pretendere altrimenti»
Artemide continuò a fissare la sua Cacciatrice. Voleva altre risposte.
«È testarda.»
«Continua» disse la dea, vagamente incuriosita.
Talia stava rigida davanti a lei, nervosa. «Non segue le regole, non ascolta ciò che le viene detto. È molto cocciuta.»
Qualcosa passò negli occhi della dea. «C'è dell'altro?»
Talia esitò qualche secondo, poi capì che doveva parlare se non voleva far irritare maggiormente Artemide. «È innamorata del Figlio di Ade. Io non credo che potrà mai essere una di noi.»
Artemide sorrise freddamente. «È tale e quale ai suoi genitori.» Talia annuì, per dimostrare che era d'accordo con lei. «Ma nonostante tutto» continuò la Dea «la voglio come Cacciatrice, ma solo quando questa impresa sarà finita.»
Talia aprì la bocca scioccata e fece per ribattere, ma Artemide la interruppe. «Deve pagare per la sua nascita. Tutto questo non sarebbe successo se sua madre avesse rispettato il Voto a me.»
I suoi occhi scintillarono di rabbia ed io mi sentii improvvisamente di troppo.
Non sarei dovuta essere lì. Non avrei dovuto sentire una parola di quella conversazione.
Desiderai ardentemente tornare indietro, svegliarmi o persino tornare ai miei soliti incubi. Tutto, pur che fosse il più lontano possibile da quella Dea.
«Talia» Solo quando parlò di nuovo, notai che stava scomparendo. «Sarà meglio che ti svegli, lei ha sentito tutto.»
La postura di Talia si irrigidì ancora di più e vidi le sue mani chiudersi a pugno. «Come?» chiese a corto di fiato e con gli occhi spalancati.
È nella tua testa in questo momento. La Dea scomparì del tutto. Feci qualche passò indietro, ma pestai un ramo e lo ruppi. Il rumore si espanse nell'eco della foresta silenziosa. Talia si voltò nella mia direzione ed io scattai in piedi, ormai colta sul vivo.
Ci guardammo senza dire niente, tutte e due sconvolte e spaventate, poi delle folate di vento si alzarono con prepotenza, talmente tanto intense da farmi staccare i piedi dal terreno.
Volai via, tornai indietro, nella mia testa e nel mio corpo, e mi svegliai annaspando.
Sobbalzai e mi rigirai nel letto, sentendo ancora il viso irritato dal vento e il cuore che mi batteva a mille. Matt, anche lui sveglio, venne subito al mio fianco.
Lo lasciai fare e sprofondai in un suo abbraccio. Ma in quel momento la mia mente stava galoppando. L'unico pensiero che avevo in testa era l'immagine di mia madre che frequentava mio padre in segreto.
Perché lei non avrebbe mai dovuto stare con un uomo.
Lei era stata una Cacciatrice di Artemide. Ma aveva infranto il patto più importante.
I miei occhi incontrarono quelli blu elettrico di Talia, che mi fissavano dall'altra parte della stanza.
Si portò un dito sulle labbra, e mi fece cenno di stare zitta. Non dovevo dire a nessuno quello che avevo visto quella notte.

//Ho dovuto ripubblicare il capitolo 25 perché Wattpad me lo aveva cancellato.
Negli ultimi tempi mi sclera abbastanza tanto.
Peace&Love

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora