Il sorriso di Apollo svanì non appena incontrò il mio sguardo.
Non volevo niente da lui. L'amarezza per l'ultimo nostro incontro mi bruciava ancora come una ferita a contatto con il sale. E non volevo nasconderlo. Volevo fargli capire quanto mi aveva fatto male.
«Non accetterò niente da te» dissi incrociando le braccia al petto per sembrare più irremovibile.
«Aliissa, lascialo parlare, almeno.» Rachel mi strinse la spalla «Sta facendo tutto questo di nascosto da Zeus, solo per te»
Lanciai un'occhiata alla rossa e poi tornai a guardare il dio. Teneva le mani nelle tasche dei jeans scoloriti e mi guardava con occhi carichi di speranza.
Gli feci un piccolo cenno e lui si avvicinò.
«Non abbiamo molto tempo» disse, e la sua voce era come quella di mio padre nei miei ricordi. Dolce e armoniosa.
«Ecate mi sta coprendo, ma non so ancora per quanto continuerà.»
Continuava a guardarmi come se avessi dovuto cadergli tra le braccia da un momento all'altro. Ma io non riuscivo a vederlo come mio padre. Non più.
«Rachel mi ha detto che hai una soluzione al mio problema. Quale sarebbe?»
Sospirò abbattuto dalla mia freddezza e si passò le mani tra i capelli dove teneva gli occhiali da sole, nervoso.
«Prima di quello..» esitò un secondo prima di abbracciarmi.Non feci niente, ne mani sui fianchi, ne viso nell'incavo del collo,sorpresa com'ero. Ma lui mi teneva stretta a sé e mi accarezzava i capelli, sentivo la sua mano che tremava «ti adoro. Ti ho sempre adorata. Forse più di quanto a un padre immortale fosse concesso» mi sussurrò sommessamente.
Sentii le lacrime minacciare di scendere ma le ricacciai indietro. Non potevo permettermi di piangere, anche se sentivo qualcosa crescere dentro di me. Non riuscivo ancora a vederlo come mio padre, ma lo era. Forse dovevo solo accettarlo.
Si scostò dall'abbraccio e sorrise evidentemente sollevato.
Non volevo rovinargli il momento e quel gesto mi aveva spiazzato, ma ora la curiosità di sapere quale aiuto voleva offrirmi mi stava soffocando.
«Sì, ehm..» mi torturai la collana mentre cercavo le parole giuste «la soluzione a cui mi ha accennato Rachel..»
Un rumore dietro di noi mi bloccò. Apollo si voltò verso il rumore allarmato.
«C'è qualcuno» sussurrò Rachel «presto andate dentro!»
Ci prese entrambi per i gomiti e ci trascinò dentro la caverna, che aveva l'entrata coperta da delle tende colorate.
«Aspettate qua» ci disse in tono autoritario e se ne andò.
La caverna non aveva un aspetto tetro e grottesco. Anzi, era illuminata da una lunga fila di minuscole lampadine sospese nell'aria e c'erano dei cuscini colorati sparsi qua e là. Nella parete più in fondo era accostato un letto e accanto al letto si trovavano dei cavalletti. Era pieno di dipinti, di tutti i tipi. Alcuni erano appesi, altri lasciati incompleti da una parte, alcuni ancora, erano impilati l'uno davanti all'altro vicino a una scrivania.
«Quanti quadri» esclamai avvicinandomi a uno che raffigurava dei guerrieri davanti all'Empire State Building, circondato da fulmini.
«A volte Rachel Elizabeth dipinge ciò che prevede» disse Apollo guardando il quadro vicino a me «altre volte lo fa per sfizio. O perché qualcuno glielo chiede»
«Sembri molto informato» commentai, continuando a guardare i dipinti.
«Ogni tanto butto anche io un'occhiata per vedere ciò che succede da queste parti»
Capii dal suo tono che stava sorridendo.
Peccato che non hai mai visto me.
Apollo sospirò e si mosse nervoso. «È complicato, Aliissa»
Scossi la testa e liquidai la questione con un cenno della mano. Non sapevo nemmeno più se ero arrabbiata con lui o solo stanca. Tutta la mia vita era diventata una tremenda complicazione. Un cruciverba impossibile di domande con risposte inesistenti o per lo più celate. Un rebus con più dubbi che certezze.
«Zeus non sa proprio niente?» chiesi dopo un po' di silenzio che si era creato tra noi.
Apollo scrollò le spalle e lanciò una veloce occhiata al soffitto. «No. E se lo venisse a sapere, mi fulminerebbe. E fulminerebbe pure te. Sai, di me mi preoccupo poco, anche se farebbe un male cane, ma tu..» mi guardò angosciato e non finì la frase.
Si stava preoccupando per me. Quel ragazzino di diciassette anni che in realtà era mio padre adottivo, un potente dio immortale con altri cinquanta figli legittimi, si stava preoccupando per me. Mi morsi l'interno della guancia per impedirmi di sorridere.
Mi voltai da un'altra parte. Non volevo guardarlo, perché più stavamo assieme, più il rancore per lui diminuiva lasciando spazio a un sentimento che mi ero ripromessa di non provare. Ma se non guardavo lui, guardavo i dipinti di Rachel. E l'occhio mi cadde su una tela, impilata su altre due, sopra la sua scrivania.
Mi chinai sul quadro e quasi mi cedettero le gambe.
«Papà» chiamai allarmata, senza pensarci «papà, vieni qui»
Apollo mi raggiunse e un po' incerto mi guardò. «Cosa c'è usignolo?»
Quel nomignolo mi fece sorridere pure il cuore, ma non era il momento adatto per indagare su quello. Gli indicai il quadro.
«Guarda» sussurrai.
Prese in mano il dipinto e sbiancò.
Vi erano disegnati degli alberi spogli, visti dal basso, che si contorcevano nel cielo, creando il volto di una donna. Un volto che non avevo mai visto ma che, alla prima occhiata, mi aveva fatto gelare il sangue e mi aveva fatto venire in mente una cosa.
«Ogni notte sogno la voce di una donna, può essere lei?» chiesi guardandolo.
Mi fissò allarmato «Cosa ti dice? Raccontami tutto, non tralasciare niente»
Si vedeva che era inquieto.
Gli raccontai del sogno che mi aveva perseguitato per tutte le notti da un anno a qualche giorno prima e dell'ultimo che avevo fatto.
Alla fine, lo sguardo di Apollo era ancora più cupo. «Non posso dirti tutto, rischierei troppo. Ma ti posso dire che la voce che hai sentito è quella di Gea, la Madre Terra e che i tuoi sogni sono solo delle rievocazioni di ciò che ti è accaduto in passato , al contrario di quello che succede agli altri semidei. Di solito loro sognano cose premonitrici.»
Mi grattai la testa confusa ma annuii comunque «Ok»
«E l'uomo che hai sognato stanotte è Eros, non sottovalutarlo. Mai» mi lanciò un'occhiata e capii che mi stava dicendo qualcosa di importante. Ma ovviamente non compresi cosa e lui non si spiegò oltre.
Abbassai lo sguardo sugli altri due dipinti. Uno era solo una bozza con dei cerchi e delle linee che per me non avevano senso e l'altro era un mio dipinto. Solo che ero più grande. A guardarla meglio, quella donna non era io anche se la somiglianza era incredibile.
«Filomena»
Apollo sussurrò il nome di mia madre ed io ebbi un tuffo al cuore. Mi chinai sul quadro per vederlo meglio, ma il dio me lo tolse da sotto il naso e lo prese in mano per ammirarlo.
Non lo avevo mai visto con uno sguardo così luminoso. Le accarezzò piano le guance, come se fossero vere e notai che stava trattenendo il respiro.
«Le somigli molto» disse dopo un po' senza staccare lo sguardo dal quadro «sei testarda come lei e hai una strana propensione al rompere le regole, come faceva lei»
Ripose il quadro al suo posto e si voltò verso di me sorridendomi malinconico.
«Entrambe avete dato la vita per la persona che amavate»
Volevo fargli una domanda che mi ronzava in testa, ma in quel momento Rachel entrò nella caverna.
«Mi spiace interrompervi, ma Chirone ti vuole parlare Aliissa e anche un ragazzo nuovo che è venuto a cercarti e sarà meglio che ci sbrighiamo. Gliel'hai data?» disse infine a Apollo.
Rachel aveva il viso paonazzo e si vedeva che il ragazzo che mi cercava l'aveva fatta spazientire abbastanza. Per quello non feci domande e guardai Apollo che era di nuovo tornato serio.
Tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans una lettera e me la porse. La presi ma le sue dita esitarono un attimo prima di lasciarla.
«Cos'è?» chiesi circospetta.
«La soluzione al tuo problema» Apollo mi prese il viso tra le mani e mi costrinse a fissarlo negli occhi «Non è un gioco, Aliissa. So che sei confusa e disorientata, infatti prenditi del tempo prima di leggere quella lettera. Quando sarai sicura di tutto ciò che ti sta accadendo intorno, aprila. Ma prima di quel momento infilala in un cassetto e dimenticala. Quella lettera viene direttamente dalle parole delle Parche, quindi non sottovalutare nulla di ciò che c'è scritto. Non te l'avrei mai data, se non fossi stato sicuro che quella sarebbe stata la tua unica possibilità di salvarti. Quindi ascoltami, prenditi del tempo, fatti una vita qui al Campo, e dimenticati della lettera per ora»
Quel discorso così serio mi spaventò.
«E Nico?»
Era l'unica cosa che mi era venuta in mente in quel momento. L'unica e la più importante.
«Cosa devo fare con lui, per ora?»
Apollo mi lasciò andare e fece qualche passo indietro. Scosse la testa e iniziò a svanire lentamente.
«Fai quello che credi meglio per te. Ascolta il tuo istinto, ma non lasciare da parte la ragione»
Quando le sue gambe svanirono il panico mi attanagliò.
«Papà, no!» mi lanciai su di lui ma lo trapassai, come se fosse fatto di aria.
«Tranquilla usignolo, ci rivedremo. Non smettere di cantare, mi raccomando»
Lo guardai svanire e giurai di aver visto il volto del padre dei miei ricordi che mi sorrideva orgoglioso, prima che se ne andasse. Nonostante non ricordassi il suo volto, in quel momento ne ero sicura.
Quando rimanemmo solo io e Rachel, mi capii bene come mi sentii. Felice, perché mio padre mi voleva aiutare, e terrorizzata dal contenuto della lettera che tenevo in mano. Sembrava pesasse una tonnellata, o forse era solo la mia preoccupazione.
La ripiegai e me la infilai nella tasca dei pantaloni, decisa di voler fare quello che mi aveva consigliato Apollo.«Chi era quel ragazzo che mi cercava?» chiesi a Rachel, mentre ripercorrevamo il bosco, dirette alla Casa Grande.
La rossa scosse la testa pensierosa «Non mi ricordo il nome, è un ragazzo nuovo. L'hanno riconosciuto ieri. Guarda caso è figlio di Apollo» ridacchiò e mi lanciò un'occhiata divertita.
Sorrisi asciutta, scansando un ramo basso «Guarda caso. Chissà cosa voleva.»
«Chi lo sa. Ma sembrava parecchio urgente»
Sbuffai esasperata e senza pensarci mi sfiorai la tasca dove avevo la lettera «Tutto ciò che mi riguarda è urgente o pericoloso e mortale. Ormai ci sto facendo l'abitudine».
Rachel rise, ritrovando l'allegria che aveva perso qualche ora prima. Solo che io non ci trovavo niente da ridere.
Più andavo avanti, più rimpiangevo la mia vecchia, rassicurante bolla di bugie e ricordi falsi, ma felici.
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La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]
Fanfiction"I Fati Troveranno La Via" Aliissa Earthborn è una sedicenne che crede di avere una vita normale. Fino a quando non incontra il suo primo amore del quale non ricorda nemmeno l'esistenza, Nico di Angelo. Scoprirà di aver fatto scelte che neanche c...