11- Olimpo

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Quando riaprii gli occhi, il mio sguardo si posò su una reception. C'era un uomo grosso, chino sul bancone, che leggeva una rivista. E accanto a lui c'era un cartello con scritto "Non più di venti persone nell'ascensore" e sotto "Non più di quindici semidei armati". Fissai il cartello interdetta.L'ultima frase era scritta in greco antico e l'avevo appena letto come se fosse stato inglese.
Mi ricordavo quella reception. C'ero stata in gita con le mie cugine a settembre.
«Non ti è nuovo questo posto, vedo»
Mi voltai verso l'uomo che mi aveva portato nella hall dell'Empire State Building.
«Chi è lei?» chiesi cauta, non sapendo cosa aspettarmi. Aveva dei poteri, me ne aveva dato atto e lo percepivo sulla pelle, ma non capivo chi era.
«Non mi riconosci ragazzina?»
L'uomo si avvicinò e mi porse una tessera.
«Dovrei?»
Guardai la tessera e poi lui. Non mi sembrava un pericolo, ma non mi fidavo comunque.
«Prendila, i mortali non possono accedere al seicentesimo piano senza questa. E sì, ragazzina insolente. Dovresti proprio»
Presi la tessera e me la rigirai tra le dita. Era oro e vi era incisa un'omega sopra. Nient'altro.
«Non sono una Mortale da quello che mi hanno raccontato. E non esiste un seicentesimo piano qui dentro.» risposi mentre l'uomo si avviava all'ascensore.
«Vieni e smettila di replicare. Mi ha sempre dato noia questo tuo lato contestatore. Anche se devo ammettere che da piccola eri più insopportabile»
Lo seguii dentro l'ascensore. «Sei uno degli Olimpi?» chiesi scrutandolo con attenzione. «Forse Dioniso, con quella camicia sembri proprio lui»
«Visto allora che sai chi sono?» ridacchiò pigiando un bottone vicino alle porte. Vi era incisa la lettera omega anche lì.
«Ah, immagino di doverti chiamare papà allora»
Mi guardò stranito «Certo che no. Puoi chiamarmi zio»
Decisi di non commentare. La mia vita stava decisamente prendendo una strana piega.
«Dove stiamo andando?» chiesi sempre più impaziente. La canzone Chandelier di Sia in sottofondo non aiutava e iniziavo a sentirmi claustrofobica dentro quell'acensore.
Dioniso sorrise vedendo il mio disagio.
«Stai tornando a casa» le aporte si aprirono in quel momento «la tua vera casa»

Per essere la mia vera casa, era davvero incredibile. Sospesa sulle nuvole, sopra New York, con vie costellate da fiori e alberi rigogliosi nonostante fosse Gennaio. Peccato che io non potessi entrarci.
Feci un passo avanti, per uscire dall'ascensore ma andai a sbattere il naso contro un muro invisibile.
«Te l'ho detto che ti serve la tessera» ridacchiò sotto i baffi Dioniso.
Lo guardai male mentre usciva tranquillamente dall'ascensore, facendomelo apposta.
«E cosa dovrei fare?» dissi stringendo il pass tra le dita.
«Passala nel campo di forza»
Inarcai un sopracciglio ma feci come mi aveva detto. Quando allungai il piede, non trovai nessun ostacolo.
«A volte fidarsi di ciò che ti dicono non è un male, dovresti averlo capito»
«Siamo davvero..» mi morirono le parole in gola. Era assurdo anche solo pensarlo.
«Ben tornata sull'Olimpo, cara»
Mi sorrise veramente per la prima volta, ed io ricambiai entusiasta.
Non feci altro che commentare tutto ciò che vedevo. C'erano fontane bellissime e templi magnifici solo che era tutto silenzioso e non c'era nessuno in giro.
«È sempre vuoto quassù? » chiesi mentre guardavo un'altalena che si muoveva da sola, spinta da una brezza leggera.
«Solo quando Barba di Tuoni è arrabbiato»
In quel momento un lampo illuminò il cielo grigio sopra di noi.
«Oh, andiamo. Quel soprannome è carino» borbottò il mio accompagnatore.
Mi si rivoltò lo stomaco. Zeus era arrabbiato. E Dioniso aveva deciso di portarmi lì. Brutte coincidenze.
Quando arrivammo davanti a un'enorme scalinata che portava a un palazzo bellissimo, Dioniso si voltò verso di me incredibilmente serio.
«Ci saranno tutti. Persino Ade e sua moglie. Un consiglio veloce, tieni a freno la lingua, annuisci e basta e qualunque cosa venga detta tu non replicare. Se succede qualcosa ci pensiamo noi. Capito? »
Mi chiesi a chi si riferisse quel noi, ma mi limitai a fare un cenno con la testa. Quello sguardo serio mi metteva paura.
Fortunatamente durò poco. I suoi occhi violacei tornarono ad essere vispi e furbi e mi sorrise. «Siamo felici che tu sia tornata, davvero»
Ancora un volta mi chiesi a chi si stesse riferendo con quel plurale.
Quando arrivammo in cima alla gradinata ed entrammo in una sala enorme, mi sentii le gambe di gelatina.
Tutti gli Olimpi erano seduti sui rispettivi troni, una ragazzina era in mezzo a loro, con davanti un braciere ma il fuoco era quasi spento. La sua espressione carruciata faceva intendere che non ne era affatto contenta. E accanto a lei c'era una donna con dei capelli biondi e un completo nero che mi somigliava moltissimo. E la odiai non appena mi sorrise freddamente.
Mi guardai intorno non sapendo esattamente cosa fare. Gli Dèi avevano tutti dimensioni colossali e mi fissavano. Li guardai uno ad uno. Zeus che aveva un'aria alterata, Era che mi fissava col volto imperscrutabile, come Atena e Demetra. Ade aveva un'aria cupa e Persefone accanto a lui mi fissava con odio profondo. Poseidone sembrava leggermente innervosito, come Efesto e Afrodite mi sorrideva tranquilla. Ares aveva una faccia talmente felice che sembrava un bambino alla festa di compleanno più bella dell'anno. Ermes sorrideva divertito e lanciava occhiate a Artemide che dallo sguardo tempestoso che aveva, sembrava volesse uccidermi sedutastante. L'unico che non mi guardava era Apollo. Teneva lo sguardo basso, più occupato a rigirarsi gli occhiali da sole tra le mani che guardare me. A volte alzava lo sguardo su Zeus, ma quest'ultimo non lo degnava nemmeno di un'occhiata.
Era troppo occupato a studiarmi, come tutti. Si aspettavano che facessi qualcosa, ma io ero impalata accanto alla bambina del focolare. Insomma, cosa dovevo fare davanti a tredici dèi ultrapotenti che già una volta mi avevano quasi ucciso?
Guardai Dioniso che intanto si era seduto sul suo trono. Mi fece in cenno di incoraggiamento ed io gli sorrisi.
«Aliissa Earthborn» Zeus richiamò la mia attenzione mentre un altro paio di tuoni si schiantarono sopra di noi «ti dovresti rivolgere prima di tutto al padrone di casa»
Mi avvicinai lentamente al suo trono e feci un mezzo inchino. Volevo apparire rilassata. Volevo far vedere che loro non potevano più spaventarmi.
«Mi avete chiamato qua per una valida ragione, suppongo» dissi senza staccare gli occhi da quelli di Zeus.
La mascella del dio si irrigidì. «Dobbiamo votare per la tua vita e tu devi darci un buon motivo per non ucciderti»
Era sorrise soddisfatta accanto a lui. Scommisi che l'idea era sua e che se suo marito avesse fatto a modo suo mi avrebbe ucciso alla prima occhiata.
«Perché dovreste uccidermi?» chiesi incredula «Non ho fatto nulla di male»
«Ma potresti farlo. Sei la Figlia dell'Olimpo e i tuoi poteri si stanno risvegliando» replicò Zeus.
«I suoi poteri non si risveglieranno mai del tutto»
La donna coi capelli biondi avanzò fino ad affiancarmi. «A meno che lei non lo faccia con la proprio volontà come ha fatto durante lo scontro con le mie ancelle, i suoi poteri non saranno mai svegli del tutto»
Mi si strozzò il fiato in gola. «Rosalie e Cloe erano le tue ancelle? Ciò significa che tu sei..»
«Sì. Sono tua nonna Ecate, patrona di tutta la magia e di coloro che la praticano»
La guardai negli occhi. Erano scuri, ma non come quelli di Nico, sfaccettati come diamanti da mille emozioni, questi erano freddi, calcolatori, millenari.
«Io stessa» continuò lei rivolta agli dèi presenti «ho sigillato i suoi poteri in modo che nessuno potesse risvegliarli a parte lei. Però» mi prese il braccio e alzò la manica della mia felpa, scoprendo una linea frastagliata, rossa che mi percorreva l'avambraccio interno e che iniziò a pulsare. Una cicatrice. «ogni volta che lo farà, ogni volta che aprirà la sua anima ai vecchi poteri il suo corpo si piegherà, come accadeva prima.»
Guardai mia nonna e poi la cicatrice. Mi venne in mente il sogno che avevo fatto qualche giorno prima. La me, piena di cicatrici. Ritirai velocemente il braccio.
«Non lo farò » pronunciai con voce ferma «Non risveglierò proprio un bel nulla. Non voglio ritrovarmi con il corpo pieno di cicatrici.»
Zeus mi analizzò un attimo «Ho la tua parola che non ridesterai più nessun tuo potere? »
Lo guardai e guardai tutti i presenti intorno a me. Quelli in ansia del verdetto, quelli che mi odiavano, quelli con sguardo orgoglioso di me e mio padre. Mi soffermai su di lui. Si era messo gli occhiali da sole, nonostante montasse sopra di noi una tempesta. Non voleva farmi vedere il suo stato d'animo, anche si notava da come stritolava i braccioli del suo trono d'oro e da come faceva ballare la gamba posata su quell'altra.
«Sì» giurai senza staccare gli occhi da mio padre «ho di già quelli che mi servono»
Apollo non fece nessuna espressione, ma rilassò visibilmente il corpo .
Tornai a guardare lentamente Zeus. Sulla sua fronte era apparsa una ruga di preoccupazione.Non era la risposta che si aspettava, non stava andando come lui sperava. Non mi avrebbero ucciso. Non oggi.
«Non dovevate mettermi ai voti?» chiesi leggermente divertita.
Gli occhi del dio si accesero di rabbia e un lampo sopra di noi tuonò.
«Chi è d'accordo a lasciare in vita questa ragazzina
Incrociai mentalmente le dita e indietreggiai fino ad avere accanto la bambina del focolare. Afrodite alzò la mano sorridendo, seguita da Dioniso e Ares, che aveva gli occhi in fiamme entusiasta. Poseidone mi lanciò uno sguardo e alzò anche lui la mano. Così fece anche Ermes. Mio padre fu l'ultimo ad alzare la mano.
Feci un veloce calcolo. Erano sei a sette. Mi salì il cuore in gola e un lampo divertito attraversò gi occhi di Zeus. «Hai perso ragazzina.Significa che..»
«Probabilmente il mio voto conterà poco o nulla, ma io non voglio che questa ragazza venga uccisa»
Voltai lo sguardo e, al posto della bambina che manteneva il focolare, vidi una donna bellissima che guardava Zeus mite. Aveva una mano alzata e l'altra stringeva il bordo del braciere.
«Estia!» tuonò interdetto Zeus. Iniziò uno scroscio di mormorii tra gli dèi nei troni. Io guardavo la dea Estia. Mi sentivo stupida, come avevo fatto a non riconoscerla? Ma soprattutto come mai stava votando?
Lei era la dea mite. La dea del focolare familiare, non prendeva parte ai voti, sedava solo le litigate quando poteva.
«Quando Aliissa è arrivata al campo si sono accese troppe discussioni e quando Dioniso è sceso a prenderla vi siete talmente infiammati di odio e paura che vi siete scordati di chi è lei veramente. Lei è vostra figlia. L'avete cullata e cresciuta voi stessi. Quando la prima volta la buttaste in quell'abisso oscuro non dissi nulla, ma sapevo che le cose sarebbero peggiorate. Infatti guardate dove arrivammo alla fine. Semidei che combattevano contro i loro fratelli, Tifone a piede libero per l'America e Crono e gli altri Titani che scalavano le vette del potere. E tutto questo smosso da semidei che non si sentivano più parte della famiglia olimpica, perché voi non li riconoscevate. Come lei. L'avete cresciuta ed educata e quando ha veramente mostrato i suoi poteri l'avete buttata nel Tartaro. Ed ora io sto parlando perché il braciere ha riniziato ad ardere quando questa ragazzina ha riconosciuto i poteri di suo padre Apollo. Vi ha smosso dentro quel sentimento di affetto familiare che provavate quando lei risedeva qui e che avete fatto seppellire dalla vostra paura dei suoi poteri.»
Spostai lo sguardo sul braciere che ora ardeva intensamente. Un'immagine mi inondò la mente. Apollo che mi cantava una canzone mentre io, in fasce, tra le sue braccia, fissavo ammirata le fiamme di quello stesso braciere, solo che in quel momento erano più alte.
La voce di Zeus mi strappò dai miei ricordi frammentati. «Peccato» disse rivolto a Estia «che il tuo voto non valga»
La Dea abbassò lo sguardo e tornò ad occuparsi del focolare in silenzio. Mi lanciò un'occhiata dispiaciuta. Sospirai e raddrizzai la schiena, pronta a qualunque destino mi sarebbe stato imposto. Pronta alla mia morte.
Ma Era alzò la mano sotto lo sguardo sbigottito di tutti. «Il voto di Estia non conta, ma il mio sì. E decido di voler tenere in vita Aliissa Earthborn»
«Anche io»
Atena alzò la mano senza smettere di guardarmi. Non era del tuo vogliosa di farlo, ma in quel momento non mi importava.
Erano otto mani alzate contro cinque no.
Ero salva, per ora.

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora