Nico
L'incubo era sempre lo stesso, da quattro anni.
Un lampo di capelli biondi, scossi dal vento, occhi turchesi che si scurivano fino a diventare verdi, mentre si allontanavano da me.
Mentre cadevano. Sempre più giù. Inghiottiti dall'oscurità.
Ed io che mi buttavo sull'orlo del precipizio e riuscivo ad afferrarla all'ultimo secondo. Prima che potesse andarsene definitivamente.
Col cuore che batteva a mille e un dolore lancinante al petto.
E lei che mi fissava sorpresa, quasi chiedendomi cosa stessi facendo.
Semplicemente, non potevo stare senza lei. Non potevo starmene a guardare mentre scompariva.
Non un'altra volta.
E poi tutto cambiava. Lei diventava Bianca, con il suo capello verde che le copriva una parte della fronte e l'arco attaccato alla schiena, segno che era una Cacciatrice di Artemide. Ci guardavamo un secondo e dopo mi scivolava via dalla presa. Ed io non potevo fare altro che urlare all'abisso che la prendeva e la portava via da me.
L'ultima cosa che vedevo sempre, era il luccichio argento del suo arco.
Quell'arco che l'aveva distanziata da me. Che l'aveva fatta morire.
No.
Ero io che l'avevo uccisa.
Io e la mia stupida passione per le statuine degli dèi.
Ed erano stati i miei sentimenti contrastanti che avevano ucciso Aliissa.
Il senso di colpa mi attanagliava sempre il cuore, lasciandomi senza fiato.
Cercavo di dormire il meno possibile.
Negli ultimi giorni preferivo non chiudere nemmeno occhio. Da quando era tornata Aliissa quei sogni erano più vividi nella mia mente e quei pensieri risuonavano più rumorosamente dentro di me.
Me ne andavo al giro per delle città a caso, o me ne stavo lungo una sponda dello Stige, dove c'erano delle foglie di menta e un albero di pioppo quasi in fiore. Era stato un regalo di mio padre, per tirarmi un pochinino su il morale dopo la spedizione di Gea. Sapeva che quando non volevo sognare andavo lì, e aveva convinto Persefone a rendere quel luogo un po' più confortevole. All'inizio ne ero stato quasi grato, poi avevo scoperto che la mia matrigna aveva accettato perché voleva festeggiare la morte di Aliissa.
Ci andavo solo perché era il luogo più lontano dal palazzo di mio padre e dal resto del mondo sotterraneo e superficiale.
Lì ero solo e stavo bene.
Nessuno sapeva quanto soffrissi in realtà. Nessuno sapeva della rottura tra me e Aliissa. Ed io proprio non ce la facevo a dire che ci eravamo lasciati per colpa dei miei sensi di colpa mi soffocavano giorno e notte.
Quindi nessuno poté capire perché, quando quella mattina venni a sapere che Aliissa era partita all'alba con mia sorella e Hedge per le Terre Antiche, mi infuriai talmente tanto da aprire un varco in cima alla collina.
«Vengo con te» affermò Matthew mentre si portava lo zaino alle spalle.
«No, tu non ci vieni.» ribattei prendendo ambrosia e nettare e infilandomele nelle tasche della felpa.
«Nico, pensaci. È il suo destino, la sua profezia. Sono già in tre»
Chirone cercò di calmarmi e di dissuadermi dall'idea di partire ma ormai non avevo in testa altro.
Trovare Aliissa e strozzarla.
Non poteva andarsene così. Questo era molto peggio dei miei incubi.
Era tutto vero.
Ormai mi ero abituato al suo sguardo disorientato per il campo, mentre si allenava con Matt o parlava con dei ragazzi. Mi ero anche abituato agli sguardi che mi lanciava a tavola. Pieni di tristezza e delusione.
E vedere quella mattina la sua camera vuota, e l'assenza di Layla nelle stalle mi aveva fatto perdere la testa.
«Non mi importa!» sbraitai uscendo dalla Casa Grande, avviandomi verso la foresta.
I ragazzi si erano radunati tutti lì, per vedere cosa stesse succedendo ma quando mi avvicinai si divisero immediatamente lasciandomi passare.
Probabilmente emanavo oscurità da tutti i pori e questo li spaventava.
Ma qualcuno si mise nel mezzo all'ultimo secondo e mi afferrò il polso prima che potessi iniziare a correre.
Sapevo chi era ancora prima di voltarmi.
Ormai conoscevo di lui ogni dettaglio e potevo riconoscerlo anche solo se mi sfiorava.
«Non fare cazzate. Non andare da solo»
Will mi guardava serio e sapevo che da quello sguardo inquisitore non potevo scappare.
Ma questa volta era diverso.
«Lasciami andare Will. Proprio come hai fatto con lei » sibilai guardandolo truce.
La stretta di Will si intensificò.
«No. Non finché avrò la sicurezza che non sarai da solo.»
Era preoccupato per me, glielo leggevo nello sguardo. Avevo fatto uno sbaglio tremendo a baciarlo la notte scorsa, e glielo avevo detto. Ma questo per lui non significava che doveva smettere di occuparsi della mia incolumità.
«Nico, Will ha ragione. Forse se partissimo tutti insieme, come l'altra volta..»
Percy mi si avvicinò ma si bloccò non appena gli lanciai un'occhiataccia.
«No. Non viene nessuno ho detto »
Tirai il braccio, ma la presa di Will non si allentò.
Ci guardammo per qualche secondo. Lui sapeva cosa volevo, ed io sapevo cosa voleva, ma uno dei due sarebbe rimasto insoddisfatto. E non volevo essere io.
«Parto io con te, insieme al biondo »
Una voce si alzò tra la folla che si divise subito, mostrando chi aveva parlato.
Mi venne un conato di vomito vedendo quegli archi argentati e quelle felpe che anche una volta mia sorella aveva indossato.
Le Cacciatrici di Artemide se ne stavano in semicerchio, guardando male ogni ragazzo che li stava vicino. Al centro c'era Talia, con la sua corona sottile che gli cerchiava la fronte e lo sguardo fiero. Era stata lei a parlare.
Rimanemmo tutti in silenzio a fissarla, sbigottiti.
Alla fine fu Jason, suo fratello, a parlare esprimendo ciò che tutti stavamo pensando.
«Che ci fai qui?»
Alla Cacciatrici di Artemide il Campo non piaceva. C'erano troppi ragazzi per i loro gusti. Quindi se erano qui, c'era solo una spiegazione.
«Ci ha mandate la nostra Dea. Voleva che prendessi parte di una spedizione insieme a Di Angelo e al nuovo figlio di Apollo.» rispose Talia, spostando lo sguardo da me a Will.
«Credo che quello nuovo sia io» borbottò Matthew dietro di me.
Will sorrise e mi lasciò finalmente andare. «Perfetto»
Sbuffai e guardai male le Cacciatrici di Artemide.
Tra di noi non scorreva buon sangue, per quello che era successo con mia sorella, e non avevo mai parlato con Talia.
Si prospettava un viaggio orribile.
«Meglio muoverci, la Figlia dell'Olimpo potrebbe essere nei guai» disse Talia, per poi incamminarsi verso la costa.
«Dobbiamo andare nella foresta» replicai incamminandomi verso gli alberi verdeggianti.
Talia mi affiancò e Matthew ci seguì.
«Le Terre Antiche sono di là » disse Matt studiando Talia con lo sguardo.
Scrollai le spalle. «Sì, ma il mezzo per arrivarci è nella foresta»
«Non usiamo i pegasi? » ora avevo attirato tutta la sua attenzione.
Alzai gli occhi al cielo, chiedendomi come avrei fatto a sopportarlo per tutto il tempo.
«No, mi odiano. Useremo le ombre.»
«Cosa?» mi guardò sgranando gli occhi e Talia fece un piccolo sorriso divertito.
«Non sarà niente di male. Basta che ignori i lamenti e le urla dei morti»
«Urla dei morti? I morti non urlano » la guardai stranito.
Sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «Stavo scherzando Figlio di Ade»
«Ok» alzai le spalle e mi avvicinai all'ombra di un albero, lasciando perdere l'umorismo di Talia.
«Ce l'hai ancora con noi?» chiese la Cacciatrice scrutandomi.
«Chiudete gli occhi e beh, ignorate le lamentele dei morti» dissi ignorando la sua domanda.
Presi il polso di Talia e Matthew e senza dare il tempo al biondo di fare un'altra domanda li trascinai con me contro l'albero, immaginandomi Aliissa a cavallo del suo pegaso, lasciando dietro di me il Campo Mezzosangue.
STAI LEGGENDO
La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]
Fanfiction"I Fati Troveranno La Via" Aliissa Earthborn è una sedicenne che crede di avere una vita normale. Fino a quando non incontra il suo primo amore del quale non ricorda nemmeno l'esistenza, Nico di Angelo. Scoprirà di aver fatto scelte che neanche c...