31- Testardaggine

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Più ci inoltravamo nella foresta, più sentivo i rumori della Caccia alla Bandiera affievolirsi.
Urlavo il nome di Nico nella mente, ma ero sola. Sentivo che lui non era connesso con me e che la nostra telepatia era stata interrotta.
Ma non riuscivo a smettere di invocarlo. La paura mi stava stringendo lo stomaco in un nodo enorme. Non potevo nemmeno urlare a squarciagola.
E l'immagine di Matt che cadeva a terra incosciente era stampata a fuoco nella mia testa.
Non riuscivo a non pensare al peggio.
Gli occhi mi bruciavano dalle lacrime che stavo trattenendo.
«Se andrà tutto bene, sarai una di noi»
Mi sussurrò una cacciatrice nell'orecchio. Mi voltai a guardarla con occhi sgranati.
Se diventare Cacciatrice voleva dire che sarebbe andato tutto bene, allora avevo il terrore di sapere cosa sarebbe successo se quella storia fosse finita male.
Lei mi fece un piccolo sorriso, come a incoraggiarmi. Come se per lei fosse una buona cosa. Spostai lo sguardo davanti a me, e ricacciai indietro le ennesime lacrime.
Arrivammo ad una radura, costeggiata dagli alti alberi del bosco. Era terribilmente famigliare. Ripensai al sogno con Talia e Artemide. Un'ondata violenta di panico mi assalì di nuovo e mi riuscì difficile respirare.
«Non provare a parlare.» mi ammonì Talia, quando ci fermammo. La guardai male. «In nessuno dei tuoi modi.» si spiegò.
Stavo per risponderle a tono, nella mente, quando un bagliore argenteo si propagò in tutta la radura. La luna iniziò a brillare più intensamente.
Il cuore mi batté violentemente contro il petto e tremavo come una foglia. Avevo paura. Paura di lei.
E della sua vendetta.
Artemide comparì davanti a noi, nella sua forma di donna adulta, con in mano l'arco argenteo con la freccia già preparata a scattare.
Sapevo che aveva deciso di non apparire come una bambina per intimorirmi di più. Avrei voluto dire che non ci era riuscita, che in quel momento raccolsi il mio coraggio e scappai, o la affrontai, ma in realtà ci era riuscita eccome. Le mie gambe iniziarono a tremare violentemente, e venni trascinata giù senza fatica dalle Cacciatrici, che nel frattempo si stavano inchinando davanti alla loro Dea.
«Alzatevi, ragazze.» disse, e la sua voce si propagò anche nella mia testa.
Talia e le sue compagne si rialzarono, e fecero alzare anche me.
Sentivo tutto il coraggio e la determinazione scivolare lentamente via dalla mia anima. Ma almeno riuscivo a guardarla negli occhi. E lei non li distoglieva da me.
«Sai perché sono qui, Aliissa
Calcò sul mio nome.
Non risposi, lei conosceva già la risposta. «In questi giorni, sull'Olimpo si sta discutendo della tua vita. O meglio, della fine della tua vita. Ormai nessuno vuole più proteggerti.» strinse la presa intorno al suo arco.
«Perché tu» iniziò avvicinandosi a me con passo calmo «sei testarda, cocciuta e hai una disposizione a infrangere ciò che ti viene imposto e queste cose non vanno bene a noi Dèi.»
Mi studiò il viso, facendo una pausa.
Nel suo sguardo passò una strana scintilla che non seppi decifrare.
«Sei come tua madre.» disse infine.
Si voltò e tornò alla sua originale postazione.
Sentii il viso in fiamme. La rabbia mi montò dentro come una furia e in pochi secondi mi ritrovai a urlare nella mente, sapendo che lei poteva sentirmi.
Uccidimi allora! Se sono così insopportabile e di troppo per voi, fallo! Proprio come hai fatto con mia madre!
Il suo sguardo freddo si posò nel mio furente, ancora una volta.
«Stai zitta!» Talia mi strattonò il braccio, facendomi male.
Mi morsi la guancia e trattenni una smorfia di dolore. Ma almeno aveva funzionato. Mi ero zittita.
«Non ascolti ciò che ti viene detto.» Artemide non si scompose di fronte alla mia rabbia. «Comunque, nonostante tutto, ti voglio come mia discepola.»
Sentii un grugnito sommesso da Talia. Non ne era affatto contenta di quella proposta.
Ed io non ero da meno.
Mai.
Artemide alzò il mento, e in quel momento sentii il suo potere scorrere tra gli alberi e intorno a noi. Si stava innervosendo.
«Ti ricordi dei tuoi amici? Il discendente di Ade e la figlia di Ecate?»
Il loro ricordo mi punse il cuore come un coltello incandescente. Non c'era stata una notte dove non avevo pensato a loro. Non erano al Campo Mezzosangue. Non ancora. Mi ripetevo che si erano fermati da qualche parte e che dovevano ancora arrivare.
Che non avevano avuto problemi. Ma l'ansia e i pensieri negativi mi affollavano la mente ogni giorno sempre di più.
Lo sguardo di Artemide si illuminò, sapendo di aver colto nel segno. «Se avessi seguito ciò che ti ha detto Tiresia a quest'ora sarebbero sani e salvi qua al Campo.»
Il suo sguardo mi fece saltare nuovamente i nervi.
Dove sono ora?!
Iniziai a sbraitare, combattendo contro Talia e l'altra Cacciatrice per liberarmi dalla loro presa. Giuro che se è successo qualcosa a loro..
«Risparmia le parole, Rinnegata
Mi bloccai per qualche secondo davanti a quel soprannome. Era la prima volta che lo sentivo. E mi fece provare una strana sensazione di disagio. Non mi piaceva.
«Impara a seguire ciò che ti dicono.» continuò.
La guardai in preda alla collera, e tornai a provare a liberarmi.
Alla fine Talia si stufò e mi fece inginocchiare a terra. Non smisi di ribellarmi, ma sentii la punta di una freccia premermi dietro la testa.
«Continua e ti faccio fuori.» sputò tra i denti la Cacciatrice armata.
Artemide alzò la mano e la sua discepola si calmò un poco. O almeno, spostò di qualche centimetro dal mio cranio la freccia.
«Aliissa, hai davanti una proposta, cosa decidi?» tentò di nuovo la Dea.
Alzai lo sguardo su di lei. Se non accetto cosa succede?
Lei mi studiò ancora una volta. «O quello, o la morte.» pronunciò.
Eccola, la sentenza del giudizio degli Olimpi. Potevo quasi immaginarmeli, mentre discutevano della mia morte, decidendo a tavolino in quale doloroso modo potesse avvenire. Come se non si trattasse della stessa ragazza che loro avevano allevato. Che loro avevano cresciuto donandole ciò che loro sapevano.
Come se non fosse colpa loro.
Sentii ancora una volta l'irritazione inondarmi dentro come una tempesta. Ripensai a Nico, a tutto quello che aveva passato. A tutte le persone che si era visto scivolare via. A Bianca.
Non potevo fargli una cosa del genere. Non sarebbe riuscito a sopportarlo un'altra volta.
Non diventerò una di voi, ripetei.
Vidi la mascella della Dea della Caccia irrigidirsi. «E così sia.» ringhiò furente. «Rimpiangerai di non essere morta con quella traditrice di tua madre quella notte, Rinnegata. Il mio cinghiale non sarà niente in confronto a ciò che ti aspetta. Stai attenta, Lei è ovunque metti piede, e ti verrà a prendere per la sua vendetta.»
Talia e le altre due Cacciatrici mi lasciarono andare. Le braccia mi caddero lungo fianchi.
Artemide non mi guardò oltre. Scomparì, e la luce della Luna tornò normale.
Il silenzio regnò su tutto intorno. Nessuna delle Cacciatrici disse una parola. La ragazza che prima mi aveva parlato, mi guardò con uno sguardo pietoso. Le facevo pena.
Talia si limitò a sbuffare e alzò gli occhi al cielo. La Cacciatrice che fino ad allora mi aveva puntato l'arco contro, ritirò l'arma.
Mi lanciarono tutte un ultimo sguardo, scossero la testa sconsolate e se ne andarono, correndo via e immergendosi nell'oscurità del bosco.
Rimasi sola, e tutto quello che avevo trattenuto fino a quel momento iniziò ad essere troppo pesante da sopportare. E iniziai a piangere. Mi rannicchiai in posizione fetale sull'erba e piansi.
Piansi fino a consumare tutte le energie, liberandomi di tutta la paura e la rabbia che avevo provato.
Quando credetti di stare per addormentarmi, un urlo mi riscosse dal mio intorpidimento.
Una voce mi stava chiamando, o così mi pareva. Ero troppo stanca anche solo per aprire gli occhi. Rimasi stesa, in mezzo alla radura, senza rispondere.
Non sapevo di preciso quanto tempo era passato, ma quella voce aveva iniziato a urlare più forte. Non mi ero nemmeno accorta che per un po' era scemata fino a quasi scomparire. Ma ora era molto più vicina, e insieme a lei c'erano altre voci.
Una mano mi toccò la spalla. E a quel punto i miei sensi si risvegliarono e scattai indietro improvvisamente, spaventata.
Finii addosso ad un ragazzo, mandandolo a terra. Picchiai il braccio e mi presi una gomitata tra le costole. Alzai lo sguardo e incontrai quello verde marino di Percy. Il ragazzo che avevo travolto.
Scusa, dissi mentalmente. Poi mi ricordai che lui non poteva capirmi.
Mi rimisi in piedi e un paio di mani fredde mi afferrarono le braccia, da dietro.
Mi irrigidii ancora prima di capire di chi fossero. Mi fecero voltare lentamente e non riuscii a sostenere il suo sguardo nemmeno per due secondi. Crollai come un castello di carte sotto i suoi occhi neri e, per la seconda volta, scoppiai a piangere ancora.
Nico mi strinse a sé, e affondai il viso nella sua maglia grigia.
Cosa è successo?
I singhiozzi mi percuotevano in maniera incontrollabile. Non riuscivo nemmeno a formulare una frase nella mia mente, tanto ero scossa.
Non sapevo come mi sentivo. Volevo solo che tutto quello finisse.
Volevo piangere fino a finire tutte le lacrime. Fino ad addormentarmi e non svegliarmi mai più.
Stai tranquilla, andrà tutto bene, mi sussurrò.
Mi si spaccò il mondo sulle spalle. In quel momento realizzai che non sarebbe andato niente bene.
Realizzai che avevo sbagliato. Che avevo commesso un errore fatale.
Avevo lasciato che la rabbia mi offuscasse la ragione.
Mi sentivo malissimo.
Avevo condannato a morte me stessa.
E avevo condannato Nico ad assistere alla mia morte.
Per la seconda volta.

//I know, è corto come capitolo, però spero vi piaccia comunque c.c
Mi rifarò nel prossimo, giuro. Ho già pronta la scaletta eheheh

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora