34- Nec Plus Ultra

1.8K 163 7
                                    

L'unica luce che mi accompagnò per tutta la caduta fu la collana, che aveva iniziato a brillare intensamente di una luce oro. E bruciava. Bruciava da pazzi.
Nonostante il vento e le lacrime non riuscii a tenere gli occhi chiusi. Sapevo cosa aspettarmi, sapevo dove sarei finita. Le parole delle Parche risuonavano nella mia testa in una cantilena che superava anche il fischio del vento. La tua protetta andrà dove la morte le ha teso la mano. L'ultimo posto che avevo visto nella mia vita precedente, e il primo dove avevo incontrato Nico.
Il Tartaro.
Non sapevo quanto ci volesse per arrivarci, né quanto tempo era passato da quando la terra si era richiusa tra me e Nico. L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era a quanto fossi terrorizzata da quello che sarebbe successo dopo. Sapevo di non essere pronta ad affrontare il Tartaro di nuovo. Era una sfida impossibile. Era morte certa. Ma non potevo fare niente. Se quello era il destino che le Parche avevano tessuto per me non mi restava altro che accettarlo. Dovevo tornare là e morire. Il solo pensiero mi dava il voltastomaco.
Ad un certo punto l'aria intorno a me cambiò. Si fece più gelida e mi si drizzarono i peli sulle braccia, scossi da una strisciante sensazione di sbagliato. Mi guardai intorno e prima che potessi anche solo realizzare quello che stava succedendo, un pavimento scuro mi venì incontro a gran velocità.


***

Riaprii gli occhi a fatica, a causa della luce che filtrava attraverso gli alberi che incombevano intorno a me. Era impossibile, ma sembrava vero. Vedevo il cielo azzurro con il sole che mi scaldava la pelle, e sentivo l'erba fresca sulla quale ero stesa. Mi misi a sedere e mi guardai intorno confusa. Quel posto era troppo familiare, e non sapevo dire se era una cosa buona o no. Mi sembrava di star vivendo un déjà vu. Un riflesso cristallino oltre gli alberi catturò la mia attenzione. Mi alzai in piedi e mi avvicinai al limitare degli alberi, che non era molto lontano, e il mio scetticismo non poté far altro che crescere.
Devo essere morta, mi dissi.
Davanti a me si stendeva una distesa di sabbia bianca, bagnata dal mare verde, come gli occhi di Percy.
Non c'è altra spiegazione.
Ma qualcosa non andava. In un angolino basso della mia testa c'era ancora quella strana sensazione di familiarità che mi stava stringendo lo stomaco. E sapevo bene che quelli non erano gli Inferi. Nico me li aveva descritti. Provai a ricordare quello che mi aveva detto, ma il suo ricordo comparì come una macchia sfocata nella mia mente. Non riuscivo a ricordare il suo volto, o la sua voce. Mi sforzai, ma più tentavo più il ricordo sembrava un quadro astratto. Il rumore di passi mi fece tornare alla realtà, o a qualunque cosa fosse quella. Mi voltai velocemente, con la mia testa che urlava PERICOLO, e i nervi che entravano in tensione fino a farmi male. Iniziai a girare su me stessa lentamente, aspettando un attacco in qualunque momento. Ma non arrivò niente. Feci qualche passo indietro, uscendo allo scoperto, sotto il sole cocente che illuminava la costa. Il rumore di passi era cessato, ed ora l'unica cosa che sentivo erano le onde del mare che sbattevano dolcemente contro la riva. La sensazione di non essere sola non mi abbandonava, ma mi misi comunque a camminare lungo il bagnasciuga cercando qualcosa che confermasse quel sentimento di familiarità. E dopo un centinaio di passi lo trovai.
Ad un certo punto la spiaggia svoltava dietro un ammasso di alberi che erano cresciuti al di là del confine della foresta, e non appena li attraversai la luce riflessa sulle colonne doriche di marmo bianco mi accecarono. Ma nonostante tutto riuscii a leggere quello che vi era scritto sopra, e capii dove mi trovavo.
Non plus ultra. Quello dicevano le colonne.
Le colonne di Ercole.
L'imponente dirupo di Gibilterra si ergeva immediatamente dietro di esse, lasciando senza fiato chiunque lo vedesse.
«Chi abbiamo qui, una semidea smarrita?»
Il mio cuore sprofondò dal panico, riconoscendo quella voce. Mi girai, ma prima che potessi parlare, Ercole tese le mani sul mio collo e iniziò a stringere con forza, tanto da sollevarmi da terra. Iniziai a dimenarmi alla ricerca di ossigeno, graffiandogli le braccia e le mani, cercando di colpirlo con dei calci, ma sembrava che non gli facessero niente. I suoi occhi erano pieni di rabbia ferocia e teneva i denti digrignati per lo sforzo. Ormai l'ossigeno non riusciva più ad entrare e la mia vista stava iniziando a riempirsi di puntini neri. Cercai con tutte le mie poche forze rimaste di lottare ma, alla fine, mi abbandonarono anche loro, tutto si fece scuro e la mia anima fu trascinata in mezzo ai ricordi.

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora