30- Caccia

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Qualcosa era andato storto. Mi guardai intorno. La scogliera, il mare, tutto era campeggiato dalla desolazione.
Ero sola.
Le onde montavano furiose sotto l'ira del vento, e il promontorio calava a picchio e sembrava ancora più minaccioso dell'ultima volta che ero stata lì. Iniziai a chiamare Nico a squarciagola. Matt, Hazel, Talia. Nessuno mi rispose.
Fischiai due volte, e guardai il cielo impaziente. Niente. Nemmeno Layla comparì.
Un sibilo catturò la mia attenzione. Mi voltai, e guardai nella direzione del rumore. C'erano due serpenti vicino al mio piede. Scattai indietro dallo spavento, ma loro non mi notarono neanche. Erano troppo occupati ad attorcigliarsi l'uno con l'altro.
«Ragazza»
Una voce rauca mi fece alzare lo sguardo. A qualche metro da me, appoggiato a un nodoso bastone di legno, c'era un signore, abbastanza avanti con l'età. La schiena era ingobbita, la pelle era verdacea e teneva gli occhi chiusi. Come se stesse dormendo. Come se fosse un sonnambulo.
«Tiresia.»
Le sue sopracciglia si alzarono ed eresse un poco la schiena. Sembrava sorpreso di essere stato riconosciuto.
E un sorriso maligno gli comparì tra le labbra.
«Sono proprio io.» sogghignò. «Dov'è il canto?»
Fece un passo avanti, ed io indietreggiai, per precauzione.
Esitai e lo squadrai, cercando di capire quanto potesse essere pericoloso.
«Non ce l'ho.» dissi. «Non sono riuscita a convincere la Sirena.»
Sperai che il battito del mio cuore non mi tradisse, e potesse smascherare la mia bugia.
Il sorrisino sul volto del vecchio indovino svanì. Sbatté il bastone a terra violentemente, e il soffio del vento, il rumore del mare e i sibili dei serpenti si acquietarono immediatamente. Il silenzio calò intorno a noi.
«Questo non va bene.» Il vecchio iniziò a scuotere la testa sempre più velocemente. Per un attimo temetti che gli si stesse per staccare dal collo. «No, no, no, no.» sussurrava.
«Non va bene!» urlò. Spalancò gli occhi e vidi con orrore che non erano affatto normali. Erano completamente neri. Solo una macchia bianca, al centro, che mi fissava con una scintilla di follia, rivelava la presenza dell'iride. Ed era cieco. Ma sembrava vedermi benissimo.
«Ci ucciderà. Ci ucciderà tutti!» continuò a urlare Tiresia.
Le sue urla risuonarono tutto intorno, come un eco, e sul suo viso si allungarono ombre minacciose. I suoi occhi si infiammarono di pura pazzia e spalancò la bocca, mostrando i denti marci.
Urlai dalla paura e iniziai a correre. Cercai di mettere più distanza possibile tra me e quel vecchio indovino pazzo. Ma riuscì a raggiungermi, troppo in fretta per le sue secche gambe, e mi fermò, afferrandomi il braccio. Iniziai a tirare e a contorcermi, per liberarmi, ma la sua presa era salda. Non pareva affatto un vecchio di mille e più anni.
«Lasciami!» sbraitai in preda al panico.
Mi bloccò anche l'altro braccio, ed io feci qualche passo indietro, ma per poco non persi l'equilibrio nel vuoto del precipizio. Ero al limite della scogliera. Il mare sotto di me si agitava sempre più furioso.
Sentii la presa dell'uomo solidificarsi ancora di più e mi morsi la lingua dal dolore. Avvicinò il viso al mio, ed io cercai di tirarmi indietro il più possibile. Il fetore che emanava e quella luce di pura follia erano terrificanti. Avvicinò le labbra al mio orecchio e sentii il suo respiro pesante, insieme alla sua gracchiante voce.
«Lei ti ucciderà, stanne certa.»
Volevo chiedergli chi fosse quella Lei, ma velocemente come mi aveva afferrato, mi lasciò andare, con una spinta. Mi sentii mancare la terra sotto i piedi, letteralmente. Il fiato mi si bloccò in gola, e sentii la mia pancia ribaltarsi, mentre cadevo. Scivolai sempre più giù, con il vento che mi fischiava nelle orecchie, e l'ultima cosa che vidi, prima di finire tra le braccia dell'oceano gelido, fu Tiresia ridere.

***

La botta alla tempia che ricevetti dal duro parquet fu tremenda. Gemetti, e mi accasciai a terra, con le fitte di dolore che mi attraversavano la testa come fulmini.
Contai mentalmente fino a tre.
Questa volta non mi ero svegliata urlando nella mente, come le altre volte, ma sapevo che lui era sempre connesso con me. E con i sogni che facevo.
Tre.
Due mani fredde mi presero e mi sollevarono da terra. Il profumo che sentivo quando c'era lui intorno era sempre quello.
Pioppo bianco e menta.
Il giramento di testa che ne conseguiva non accennava mai a diminuire.
«Ti senti bene?» mi chiese Nico, mentre mi poggiava sul letto.
Annuii. Solo un incubo.
Si sdraiò accanto a me e mi baciò la tempia. Quella sana.
Lo so.
Mi strinsi a lui e cercai di ignorare il dolore crescente alla testa. Ma era impossibile.
Sono caduta dal letto, sospirai alla fine.
Ridacchiò, e sentii il suo petto abbassarsi e alzarsi velocemente. Ho notato.
La porta della camera si spalancò, riversando nella stanza la luce del corridoio. Una figura snella con vaporosi riccioli si fiondò vicino al mio letto e accese la luce.
«Ho sentito un forte colpo! Aliissa stai bene?» Rachel mi guardò spaventata. Poi vide Nico e il suo viso si tinse dello stesso colore dei suoi riccioli ramati.
«Se Chirone vi vede diete finiti, lo sapete vero?»
Scossi la testa, cosa che mi procurò nuove fitte, e Nico si sedette sul materasso.
«Non è come pensi.» disse.
L'HO CHIAMATO IO. Le parole di Foschia si formarono tra me e lei. HO AVUTO UN INCUBO. SE SAPEVO CHE NON ERI NELLA FORESTA AVREI CHIAMATO TE.
Rachel scosse la testa, sapendo bene che non era vero, e si sedette sulla poltrona vicino a noi.
Da quando ero tornata al Campo lei era una delle poche persone a cui mi ero veramente legata. Anche se non ci vedevamo spesso, visto che lei doveva andare all'Università tutti i giorni. Ma era quella che più riusciva a comprendermi.
Mi sorrise ed io le sorrisi a mia volta. Con lei non serviva la telepatia per parlare.
«Inizia a raccontare.» mi esortò.
Con la speranza che il sogno potesse essere cambiato.

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora