17- Difesa e Attacco

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Erano passati due giorni dal mio rincontro con Matt ed eravamo più uniti di prima. Passavamo ogni secondo della giornata insieme, tra le attività del campo e i momenti di tempo libero.
Mi aveva insegnato come si tira con l'arco, anche se alla fine non ce ne era stato bisogno, visto che in una gara tra noi due, l'avevo stracciato. Avevamo combattuto nell'arena, quando non c'era nessuno e anche lì gli ero nettamente superiore. Mi sentivo un po' in colpa ogni volta che finiva a terra con la punta della mia lama vicino al viso, come se stessi barando. Ma quelle regole e quei movimenti gli avevo impressi dentro ed erano cose che il mio corpo non era riuscito a dimenticare.
Però, a differenza di Matt, gli altri ragazzi di Apollo mi guardavano male ogni volta che potevano, soprattutto Will.
Molte volte iniziava a parlare con Matt ignorando la mia presenza. Ed era una cosa che mi infastidiva.
Per non parlare delle battutine che faceva su me e Nico tutte le volte che ero a portata di orecchie.
Non sapeva ancora che io e Di Angelo non stavamo più insieme. Non lo sapeva nessuno, a parte Rachel.
Nico non si era preso il disturbo di dirlo a qualcuno ed io ero ancora troppo ferita per parlarne, anche con Matt.
Quindi tutti erano convinti che stavamo insieme e che davanti a loro non parlavamo perché lui era timido e che ci vedevamo la sera dopo il coprifuoco nella foresta.
Me l'aveva raccontato quella mattina Matt, durante una lezione di greco antico. Me l'aveva raccontato usando il greco ed io l'avevo tradotto benissimo, purtroppo.
Avevo davvero desiderato che fosse come tutti credevano, ma ovviamente non era vero quello che si diceva in giro.
E quando era toccato a me parlare in greco, non ero stata in grado di dire niente. Matt aveva dato la colpa al mio essere per tre quarti mortale, ma io sapevo che non era per quello, anche se non glielo avevo detto. Ero stata zitta perché non sapevo proprio cosa dire. Non volevo far esplodere una bomba così delicata.
«Aliissa, lo stai mangiando con gli occhi»
Hazel mi punzecchiò il fianco con la forchetta, ridacchiando.
Eravamo a pranzo, nel padiglione dei pasti. L'unico luogo dove io e Matt non stavamo insieme, perché ci trovavamo a due tavoli diversi.
E mi ero di nuovo incantata a fissare Nico dall'altra parte del tavolo.
Abbassai lo sguardo arrossendo, iniziando a piluccare il cibo nel piatto.
«Quand'è che volete dichiarvi davanti a tutti? Si vede lontano un miglio che vi piacete. E lascia stare quelle povere carote, le stai uccidendo»
Scossi la testa e appoggiai le posate sul tavolo.
«Sono già morte,Hazel» sbuffai alzando lo sguardo su di lei.
Era una bella ragazza, della mia età all'incirca e non perdeva mai l'occasione di parlare con me. Nonostante fosse figlia di Plutone -mi avevano spiegato le differenze e l'esistenza dell'altro campo- e nonostante venisse da un'altra epoca, non mi metteva a disagio, anzi era ancora più divertente parlarle.
In più stava con Frank, ed erano una delle mie coppie preferite del campo. E quella che trovavo più simpatica.
Mi guardò interrogativa e si chinò su di me, improvvisamente seria.
«Aliissa, c'è qualcosa che non va. Mio fratello non spiccica parola da giorni, va al giro nell'Ombra per tutto il giorno e la sera torna tardi. So che non vi vedete dopo il coprifuoco nella foresta, quindi cosa sta succedendo?»
I suoi occhi dorati fissarono i miei. Cosa dovevo dirle? La verità?
No, quello era compito di suo fratello.
Spostai lo sguardo sul tavolo dei figli di Apollo, sperando di incrociare quello di Matt, ma stava chiacchierando con un suo fratello.
Alla fine soapirai e tornai a guardare Hazel.
«Non lo so»
La ragazza si accigliò e spostò lo sguardo da me a Nico, che fissava il suo piatto immerso nei suoi pensieri.
«Ma tu e Nico siete fidanzati, giusto?»
Mezzo padiglione si voltò verso il nostro tavolo. Aveva praticamente urlato.
Ora Nico non era il solo che fissava il proprio piatto.
Era calato un silenzio innaturale intorno a noi. Osai alzare lo sguardo su Nico e vidi che lui aveva fatto lo stesso.
Però nell'istante in cui i nostri sguardi si incrociarono, scattò in piedi.
Sentii il mio cuore sprofondare per la seconda volta, mentre lui, per la seconda volta, si voltava e se ne andava. Rimasi a fissarlo fino a quando non si buttò nell'ombra.
Non c'era bisogno che dicessi niente, quella era stata una risposta più che sufficiente alla domanda di Hazel.
Il chiacchiericcio intorno a me riprese anche più intensamente di prima. O così mi parve. Solo che al centro dei loro discorsi c'ero io.
Il tavolo dove ero seduta io invece era in un muto silenzio. Tutti mi fissavano increduli. Feci per alzarmi e scappare, proprio come aveva fatto Nico, ma mi accorsi che così avrei fatto solo la figura della codarda. Così ripresi in mano la forchetta anche se non avevo fame, a causa del nodo allo stomaco che mi si era formato, e ricominciai a piluccare il cibo.
Mentre osservavo le carote cercando di convincermi a mangiarle, una voce si elevò sopra le altre.
Un voce che riconobbi subito.
«Forse l'ha lasciata perché lo tradisce con il suo migliore amico. O forse perché ha paura della maledizione che la circonda. Sapete, una discendente di Gea è pericolosa»
Le parole di Will mi colpirono come una fucilata.
Non sapevo come, ma ero sicura che stesse dicendo la verità. Chi meglio di lui mi conosceva -a parte Di Angelo-, dopo aver frequentato per quattro anni Nico che di sicuro si era confidato con lui.
Strinsi il bordo del tavolo, per evitare che mi tremassero le mani e cacciai indietro le lacrime.
Conosco il tuo segreto, aveva detto.
Ora lo conoscevo anche io.
«Aliissa» la voce di Chirone era ferma e controllata.
Mi stava avvisando.
Ma era troppo tardi.
Sentii il formicolio della magia sotto pelle e una morsa ancora più dolorosa alla pancia. Strinsi più forte il tavolo, ma ormai la bomba era esplosa.
I tavoli iniziarono a spostarsi, i bicchieri si frantumarono a terra, mentre il terreno tremava sempre di più sotto i miei piedi.
I ragazzi furono scaraventati a gambe all'aria e persino Chirone perse l'equilibrio.
L'unica che non si muoveva ero io. Stringevo il tavolo talmente forte da farmi sbiancare le nocche. Sembrava che mi stessi arreggendo a lui, quando invece ero io che arreggevo lui.
Percy urlò qualcosa, ma non capii cosa.
Però sentii lo strappo. Allora mollai la presa e, a quel punto, svenni.

***

Mi risvegliai in infermeria. Non c'ero mai stata, ma capii di trovarmi lì dai letti di ferro bassi, dai ragazzi feriti che si stavano curando da soli o si facevano curare e dal profumo di nettare e ambrosia.
Mi sedetti sul letto dove ero sdraiata, ma la pancia mi bruciò talmente tanto da lasciarmi senza fiato. Sembrava che avessi mille spade che mi trapassavano lo stomaco.
Una mano mi strinse la spalla e mi costrinse ad appoggiarmi al cuscino dietro la schiena.
«Sei proprio una rompiscatole a volte»
Mi voltai verso Dioniso che non mollava la mia spalla. Era seduto su una sedia, vicino al mio letto e aveva il viso più rosso del solito.
«Cos'è successo?» chiesi, ignorando il dolore pulsante alla pancia.
«Non lo so. Dovrei chiedertelo io. Un attimo prima ho la mia Diet Coke e parlo con il ronzino, l'attimo dopo mi ritrovo mezzi ragazzini pieni di vetri per tutto il corpo, e una nipote incosciente. Quindi dimmelo tu, cos'è successo.»
Mi lanciò uno sguardo di rimprovero ed io avvampai per la vergogna.
«Io.. mi hanno fatta arrabbiare » borbottai abbassando lo sguardo sulle mie mani fasciate. Probabilmente mi erano entrati dei vetri quando ero svenuta. Chissà chi mi aveva curato.
«No, Aliissa»
Alzai lo sguardo sentendo la voce di Chirone che mi contraddiceva. Il centauro era ai piedi del mio letto e teneva le braccia incrociate, decisamente adirato. Mi mossi a disagio e una fitta lancinante mi percosse lo stomaco. Trattenni a stento una smorfia di dolore, ma i due direttori se ne accorsero comunque, e si lanciarono una fugace occhiata, dove vi intravidi dell' allarmismo.
Chirone tornò a guardarmi ed io desiderai farmi piccola piccola.
«Non ti hanno fatta arrabbiare» riprese «ti hanno ferita. E quando vieni ferita tendi a ferire. Non solo chi ti ha fatto del male, ma chiunque chi ti stia attorno. È la tua difesa migliore e il tuo attacco peggiore»
Lo guardai senza capire «Ed è un male?»
«Solo se lo usi contro i tuoi compagni»
Dioniso mi guardò come se fossi cretina.
«Hai scaraventato i ragazzi del tuo stesso campo per aria.»
«Non è il mio campo» replicai immediatamente «e mi avevano insultata. Comunque non l'ho fatto apposta. Non sapevo cosa stavo facendo. Non volevo. Ho perso il controllo »
«È quello che ci preoccupa. Tu non volevi.»
Dioniso mi scoprì la pancia dove c'era una brutta linea rossa frastagliata che pulsava come un secondo cuore, con intorno altre righe più sottili, che formavano una specie di ragnatela sul mio stomaco.
Cicatrici.
«Devi stare attenta Aliissa. O non manterrai la parola data a Zeus»
Un tuono si schiantò sopra di noi.
Annuii e basta. Non avevo niente da dire. Non mi sarei mai scusata per ciò che avevo fatto. In fondo, non gli avevo detto la verità.
Ero stata io a lasciare andare il mio potere, pur non sapendo cosa fossi in grado di fare.
Avevano ragione. Avevo ferito perché ero stata ferita.
Dioniso e Chirone decisero si lasciarmi riposare ma sula porta li bloccai, e decisi di fare la domanda che mi aveva ossessionato per tutto il tempo.
«Aspettate. Discendo davvero da Gea?»
Mi guardarono soltanto, scuotendo il capo. Poi si voltarono e uscirono.
Non volevano parlarmene in quel momento, ma sapevo di già la risposta, e quella era stata solo la conferma.
Lo diceva anche il mio cognome. Earthborn, "nata dalla terra".
Mi appisolai e dormii per un'oretta. Fui svegliata dal rumore di una sedia strascicata sul pavimento.
Ero stanca e mi faceva ancora male la cicatrice, così non mi girai a vedere chi era il visitatore seduto accanto a me.
Quando iniziò a parlare mi scappò un sorriso. Era Matt.
Mi raccontò di aver tirato un pugno a Will in pieno viso per quello che mi aveva detto e mi rimproverò perché non gli avevo parlato di Nico. Gli fui grata per il pugno, nonostante la sua indole fosse quella di uno dal cuore d'oro. Non gli parlai, feci finta di dormire e quando se ne andò mi sentii un po' meglio. Almeno Will aveva avuto ciò che si meritava.
Cercai di riaddormentarmi ma mi fu impossibile. La storia di Gea mi ossessionava, ma non potevo chiedere a nessuno nessuna spiegazione.
Alla fine, con qualche dolore, mi voltai e notai sulla sedia davanti a me un pezzo di carta. Allungai il braccio e quando lo presi in mano sentii che era pesante. Lo girai e capii che era una busta da lettere. La riconobbi subito.
Mi guardai intorno, aspettandomi di vedere chi me l'avesse messa lì, ma tutti i ragazzi erano nei propri letti e dormivano profondamente.
Non poteva essere stato Matt, lui non conosceva la lettera. Tanto meno Dioniso. Non aveva motivo di darmela, dopo le istruzioni che mi aveva lasciato mio padre.
Non si poteva certo dire che mi ero ambientata bene nel Campo Mezzosangue, come avrebbe voluto lui.
Fissai la lettera e per la prima volta la curiosità su quello che era il mio destino mi investì.
Così l'aprii, rompendo anche quel giuramento.

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora