24-Drown

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Vedevo la luce del sole che passava a stento tra le increspature dell'acqua. Ma non riuscivo a raggiungerlo. Più nuotavo verso l'alto, più la superficie sembrava distante. I polmoni erano in fiamme per la mancanza di ossigeno, non riuscivo più a trattenere il fiato. Non ricordavo come ci ero finita lì.
La testa iniziò a girarmi e capii che ero spacciata. Mi lasciai andare e mi accasciai sul fondo sabbioso. La corrente che mi passava tra le gambe, che mi accarezzava e mi cullava. Che cercava di addormentarmi per sempre. Socchiusi gli occhi e la lasciai fare, rassegnata e senza forze. Sapevo che non avrei mai più rivisto il sole.
Non so per quanto tempo stetti in quella posizione, ma non riuscivo a morire. Non respiravo, eppure non morivo. Mi accorsi che i polmoni non bruciavano più e sentii i raggi di sole scaldarmi la pelle. E a quel punto decisi di riaprire gli occhi.
La superficie era più vicina e il sole filtrava più intensamente. Una nuova speranza si riaccese in me. Allungai le mani sotto di me per farmi forza, ma le mie mani non incontrarono nessuna distesa sabbia su cui poggiarsi. Mi voltai e notai che ero risalita lentamente, senza accorgermene, grazie alla corrente. Sorrisi tra me e me e tornai a nuotare, sempre più velocemente, fino a quando la superficie dell'acqua fu a due centimetri da me. Battei i piedi un'ultima volta, per quell'ultimo sforzo, e allungai il braccio, mossa dalla voglia di uscire da lì. Dalla voglia di respirare ancora.
Ma non successe.
Il mio braccio colpì qualcosa che stava sul pelo dell'acqua. Sembrava una lastra di plastica rafforzata, o vetro. Il cuore mi salì in gola e sentii le lacrime minacciare di uscire. Anche se non avevo idea di come si potesse piangere sott'acqua. La paura mi montò dentro e iniziai a battere i pugni contro quella copertura. Urlai e cercai con tutte le mie forze di sfondarla ma era troppo spessa.
Sarei rimasta lì per l'eternità.
Proprio quando avevo pensato di poter essere libera, qualcos'altro mi aveva imprigionato.
Quando l'ennesimo pugno non fece altro che farmi del male alla mano, decisi di rinunciare e di tornare sul fondo. Non avevo idea di come scappare da lì.
Mi voltai, e per poco non saltai fuori dalla mia stessa pelle per lo spavento.
Una donna dalla pelle nivea mi stava fissando. Sembrava un cadavere da quanto era candida la sua pelle. E i capelli erano dello stesso colore. Ma non era morta. I suoi occhi neri come la pece mi scrutavano, più vivi che mai. Ci fissammo per un po', poi il mio sguardo cadde sulle sue gambe. O dove ci sarebbero dovute essere le sue gambe.
Non era una donna. Non una Mortale, e neanche una semidea o Dea.
Mosse la sua coda, come se fosse a disagio del suo aspetto.
Era una sirena.
La Sirena Bianca.
Non sapevo proprio cosa fare. Non ero mai stata davanti a una sirena prima di allora. Non secondo i miei ricordi.
Sospirai e mi avvicinai lentamente a lei, quasi aspettandomi che si allontanasse, che scappasse via. Ma non lo fece. Continuò a guardarmi.
Quando le fui vicina notai qualcosa che luccicava intorno al suo collo. Portava anche lei un ciondolo, una boccetta simile a quella che ci aveva dato Tiresia. Solo che quella brillava. Emanava una luce bluastra che lanciava ombre sul viso della sirena, dandole un'aria inquietante.
Notò che le stavo fissando la collana e strinse il ciondolo tra le dita, protettiva nei suoi confronti. Senza neanche accorgermene, alzai il braccio anche io e lo posai sulla cicatrice che mi attraversava lo zigomo. Non capivo perché l'avessi fatto. Era sembrato più un riflesso involontario.
Ognuno porta le sue cicatrici come meglio può.
Ci voltammo entrambe nella direzione da cui proveniva la voce che aveva appena parlato. C'era un uomo, alto e muscoloso, a qualche metro da noi, che sorrideva quasi beffardo. Aveva una faretra piene di frecce, che portava a tracolla, e dalle scapole gli spuntavano due enormi ali bianche. Ma non era quello il dettaglio più inquietante. Aveva due occhi rossi come il sangue, che sott'acqua brillavano ancora di più.
Mi si mozzò il fiato in gola quando lo vidi.
La Sirena Bianca si mosse a disagio accanto a me. La guardai, giusto in tempo per vederla guizzare via, battendo velocemente la sua coda di pesce.
Mi sprofondò il cuore. Non volevo rimanere sola con lui.
Mi guardai intorno, quasi sperando di vedere una via di fuga. Ma ovviamente vidi solamente il fondo sabbioso e l'acqua. E sapevo che non avrei mai potuto nuotare via velocemente, come aveva fatto la sirena.
Non puoi sfuggire dall'Amore, Aliissa.
La sua voce avrebbe dovuto essere distorta, per via dell'acqua, ma notai che era come se mi rimbombasse in testa.
E la cosa mi sembrò familiare. Solo che non ricordavo come.
Più pensavo a ricordare qualcosa, più avevo la mente annebbiata.
«Dove sono?» chiesi a voce alta, avendo la certezza che non sarei morta affogata. Non lì. Non in quel momento.
Non è dove sei il problema, ma dove dovresti essere.
«E dove dovrei essere?»
L'angelo fece un mezzo sorriso.
«Caparbia la ragazzina.» disse a voce alta, e la sua voce mi giunse normale lo stesso.
«Rispondi»
Non capivo perché avevo così paura di lui, ma sentivo che dovevo averla. Avevo pa sensazione di averlo già visto, ma in circostanze non proprio belle.
«Non qui.» rispose semplicemente allargando le braccia. «Ma non sono venuto qua a dirti questo. Sono venuto a dirti di Nico.»
Quel nome fu un pugno allo stomaco. Non riuscivo a ricordare il volto del ragazzo che aveva nominato. L'unica cosa che mi ricordai furono un pioppo bianco, menta e catene spezzate. Non capivo come quelle cose potessero ricollegarsi a Nico, ma sapevo che lui era importante per me. E non ricordarmi nemmeno dei suoi occhi era snervante.
«Non ricordo chi sia, mi spiace»
«Lo farai non appena uscirai da qui»
Una piccola speranza si accese dentro di me. «Uscirò davvero da qui?»
«Ma certo»
Il suo sorriso si allargò e divenne in qualche modo anche più malvagio. O forse ero io che ero diventata paranoica.
«Ritornando al discorso di Nico.»sospirò sconsolato. «Spero che ormai avrai capito che non devi suicidarti per amore» Annuii, pur non capendo quello che mi stava dicendo. Volevo che arrivasse al nocciolo del discorso.
«Però devi capire che non sempre gli amori sono per sempre, e se lo sono, non sempre sono possibili. Peccato, sareste stati una bella coppia.»
Il pugno allo stomaco si fece sentire più intensamente di prima. Non riuscivo a focalizzare Nico nei miei ricordi, ma da quello che avevo capito era il mio ragazzo. O qualcosa del genere.
«L'amore è una strada tortuosa che alla fine ti porta alla felicità, è dolore e gioia, gentilezza e prepotenza, è difficile e facile allo stesso tempo.»
«L'amore è un mostro» sussurrai, quasi lo stessi dicendo più a me stessa che a lui.
Ma l'uomo alato annuì soddisfatto. «È il mostro più selvaggio. Nessuno ne esce vinto. Tutti lo vogliono e tutti ne hanno paura. Inclusi te e Nico.»
Socchiusi gli occhi e nella mia cecità vidi i suoi occhi. Neri come la pece, sfaccettati come diamanti scuri. Poi vidi il suo viso, il suo naso, il suo sorriso e la fossetta leggera sulla sua guancia.
Risollevai le palpebre e mi ritrovai di nuovo sola, in mezzo al mare. Risentii i polmoni bruciare e l'istinto di aprire la bocca e respirare. Ma sapevo che questa volta, se l'avrei fatto sarei affogata.
Iniziai a nuotare verso l'alto, e questa volta la superficie era lassù e non sembrava poi così distante.
Allungai il braccio verso il cerchio pallido che riscaldava un poco l'acqua coi suoi raggi tiepidi.
Sentii il mare che si piegava verso l'alto e poi un rumore secco di vetri rotti mentre il mio braccio rompeva l'acqua e tornava in superficie.
Chiusi gli occhi e feci l'ultimo sforzo. Quando sentii l'aria fresca sulle guance aprii la bocca e respirai veramente per la prima volta.

***

Boccheggiai in cerca di ossigeno e sobbalzai sulla sedia dura di legno. Sentii un dolore lancinante al ginocchio quando lo picchiai al tavolo su cui ero appoggiata. Un paio di mani salde e fredde mi afferrarono le spalle per tenermi ferma mentre venivo scossa dai brividi di terrore dall'incubo dal quale ero appena uscita.
Spalancai gli occhi e mi ci volle un po' prima che tornassi a vedere nitidamente. Come una macchina fotografica, lentamente misi a fuoco un viso olivastro, un naso all'insù, e due occhi neri come la pece sfaccettati come diamanti. Ma riconobbi subito il profumo. Pioppo bianco e menta.
Nico.
I ricordi si riversarono su di me come acqua fredda. Dal giorno in cui era entrato nel mio giardino con Miss O'Leary a quel pomeriggio, quando una ragazzina mi aveva fatto fuori con un incantesimo in greco. Una figlia di Ecate.
Feci dei respiri profondi e sentii i polmoni graffiare per l'improvvisa ondata di ossigeno ricevuta.
Nico mi guardava preoccupato ed io mi sentii leggermente a disagio a guardarlo negli occhi dopo tutto quello che Eros mi aveva detto. Perché ne ero sicura, quello era stato Eros.
Inspirai profondamente un'ultima volta e feci un piccolo sorriso a Di Angelo per rassicurarlo, nonostante avessi ancora il cuore a mille.
Dovevo avere comunque una faccia stravolta, perché Nico si chinò su di me e mi abbracciò talmente forte che mi fece male alla schiena. Ma non mi importava che mi stesse facendo male, era proprio quello di cui avevo bisogno.
Avevo bisogno di lui.
Le parole di Amore mi risuonarono nella mente.
Non sempre gli amori sono possibili.
Affondai il viso nella sua spalla e ricacciai indietro le lacrime. In quel momento non volevo sapere se era possibile o meno, volevo solo che lui mi stesse vicino, perché sapevo che tutta quella tortura non era neancora finita.
Anzi, ne ero sicura, quello era solo l'inizio.

La Figlia Dell' Olimpo - L'ultima Discendente [Percy Jackson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora