50) Fine

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Fremevo di rabbia, serrai i pugni e le lacrime si fermarono, non riuscivo più nemmeno a piangere. Era tutto finito.
Con il cuore a pezzi lascai papà e mi diressi da Valentino determinata a fargliela pagare.
Doveva pagare, per tutto ciò che aveva fatto!
Roky:" brutto bastardo!"
Gli urlai, mentre continuava a tenersi quel maledetto sorriso di merda sul volto.
Come un vigliacco provò a scappare in una folata di fumo rosso, ma Alastor mi aveva insegnato a bloccare quella mossa.
Roky:" fermo dove sei!"
Evocai le mie magiche ombre e ciascuna di esse si precipitò su Val, lasciando che scie di polvere radioattiva gli scivolassero addosso.
Liberai la mia forma demoniaca e bastò un attimo per ritrovarmi con le corna sul capo, le grandi ali rosse, i denti appuntiti e le altre due braccia sui fianchi.

"Sei Leggenda"

Pensai a ciò che disse papà, aveva ragione:
Ero la figlia del famoso attore Angel Dust, il demone ragno dal morso velenoso e di Alastor,  ovvero l'essere più grande e temuto di tutto l'inferno.
Val:" che c'è? Vuoi provare ad essere la mia puttanella?"
Era decisamente troppo, quel demone doveva sparire, lo avrei fatto fuori con le mie stesse mani!
Roky:"taci" 
Ordinai ai miei scagnozzi di soffocare quello stronzo e non ebbi nessuna pietà quando, con le lacrime, mi chiese di risparmiarlo.
Sarebbe stato lento e doloroso, sarebbe scivolato a terra a momenti e l'unico rimorso che avrei avuto, sarebbe stato quello di non averlo ucciso prima.
Valentino:" ferma"
Roky:" fottiti"
Strinsi la mano in un pugno, aspettai qualche secondo, fin quando il mio incantesimo non ebbe effetto.

Ogni maledetta volta che si avvicinava a papà lo stringeva forte per il colletto con
lo scopo di vederlo soffrire, ma questa volta la vittima era proprio lui.
Roky:"fa male, vero?"
Chiesi retoricamente, chiusi ancora di più il pugno e la mia ombra strinse più forte la sua presa.
La polvere lo bruciava lentamente e i suoi occhi minacciosi non sembravano così spaventosi adesso.
Fanculo.

Il demone non riuscì a emettere nemmeno un insulso strido o un misero gemito per il dolore.
ERA MORTO.
Avevo davanti il corpo di quel mostro, immobile, gelido, impotente.
Il sangue colorava a pieno il suo giubbotto in pelle e questa volta, era proprio il suo.

Non restava più nulla di lui, non era più nessuno, non poteva avere il controllo su nessun altro demone.
Valentino e la sua anima non esistevano più.
Sulla mia faccia si stampò un grande sorriso che mostrava probabilmente tutti i denti; un sorriso soddisfatto, fiero, che però sparì subito dopo.

Molly riprese a muoversi ma non osò aprire bocca. Guardò Angie con sguardo cupo, con gli occhi sbarrati.
Molly:"cosa hai fatto..."
Balbettó, non capì la sua affermazione.
Molly:" è morto per colpa tua!"
Qualcosa dentro di me cambiò, d'un tratto tutta quella forza che scorreva dentro di me fino a pochi minuti fa, svanì.
Non mi sarei mai aspettata che avesse avuto il coraggio di darmi la colpa.

Molly:" Lui si è fidato di te e non sei stata in grado di proteggerlo! È morto a causa-"
Roky:"A causa delle tue stronzate egoiste è morto!"
Mi avvicinai piena di rabbia alla ragazza,  puntandogli il dito contro, lottando con  le lacrime.
Roky:" ti ho perdonato un'altra volta, ma è evidente che ho sbagliato... Traditrice!"
Mi guardò con sguardo critico, pronta ad umiliarmi un'altra volta:
Molly:" la figlia del demone radio eh? Non sei così potente, sei soltanto raccomandata!"

Non risposi, in qualche minuscolo angolo del mio cuore, credevo avesse ragione, a scuola tutti pensavano questo di me, testuali parole.
Molly era riuscita a toccare il mio punto debole.
Improvvisamente sputai una sostanza viscida, verde:
Era la stessa sostanza che avevamo trovato all'hotel la prima volta che vi misi piede, quella con cui macchiai la giacca di Charlie!
Inizia a tossire e mi girava la testa, sentivo tante voci contemporaneamente.
I ricordi scorrevano uno dopo l'altro come una valanga, veloci come fulmini.
Che stava succedendo?
Stavo diventando pazza?
Mi inginocchiai sul suolo, provando a scacciare quel malessere che mi tormentava ma, più provavo a scappare, più le voci aumentavano.

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