Uno, sette e dodici

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Capitolo venticinque.

Guardai l'orologio, era mezzanotte passata. Dopo quel discorso 'filosofico', come dice testabionda, avevamo iniziato a parlare di cose più decenti, come ad esempio di tutte le persone che i questi giorni avevamo conosciuto.

- Ricordi quello che voleva usarti per il suo bordello? - tornó a ridere, intanto, arrivammo all hotel.

- Ti giuro che non avevo capito proprio nulla. - risi a mia volta anche io.
Poi mi girai per vedere se ci fosse qualcuno nella hall, ma a quanto pare c'eravamo solo noi due.
Per un momento sperai che Clorena fosse caduta dalle scale e si fosse fratturata l'osso del bacino.
Almeno così sarebbe rimasta al suo posto, non per altro certamente.

- Bene, ti accompagno alla camera e poi scendo, perché mi aspetta Charlotte nella sua stanza lì dietro. -

Come non detto.

- Detto così ti fa proprio gentleman Niall. - dissi sarcasticamente.

- Cosa mi fa più gentleman oltre a pagare 200€ di cena? -

Forse essere meno odioso.

Gli sorrisi per non essere scortese, perché in realtà, le sue maniere lasciavano desiderare.

Ci avviammo verso l'ascensore, lui premette il pulsante di chiamata e subito le porte si aprirono.
Una volta entrataci, mi appoggiai alla parete opposta dove era accomodato lui.
Sicuramente era felice, eh certo, fra poco si sarebbe liberato di me e avrebbe scopato tutta la notte.

E io? Io ero normale. Non provavo nulla di speciale, fino a quando non mi girai a guardarlo.

Non sembrava affatto contento, aveva un'aria abbastanza affranta, forse il ricordo di Hope lo aveva reso così.

Poi lo osservai ancora meglio. Era così bello. I suoi lineamenti raffinati, gli donavano un aspetto molto elegante. Amavo le sue labbra sottili, gliele avrei baciate per ore. La sua pelle candida, i suoi occhi, i suoi modi di fare erano unici.

Non sopportavo i suoi ''niente'' eppure da domani non li avrei mai più sentiti. Non avrei mai più sentito la sua voce, candida e pura. Non avrei potuto più fissare i suoi occhi e incantarmi ogni volta.

Non potevo scherzare sul colore dei suoi capelli, non potevo sognare di accarezzarli. Non potevo più sperare di sfiorare la sua pelle calda, che dava in me un grande senso di calore.
Calore che ricopreva me stessa dalla testa ai piedi, calore che io dovevo percepire ancora e ancora.

Non capii perché Hope abbia lasciato perdere una meraviglia del genere. Ma sopratutto, non capii perché una Elisabeth Darwin si stesse facendo scappare quello che le donava emozioni di ogni tipo. Odio, ripugnazione, felicità, debolezza, stanchezza.

L'ascensore segnava che mancavano tre piani al nostro.
Tre piani e lo avrei perso per sempre.

Due.
Due piani e io ero li a fissarlo, ancora.

Uno.
Uno come il giorno che ho contato stamattina, come tutti i giorni. Giorni che speravo finissero il prima possibile, perché ammettiamolo, non volevo più odiarlo.
E io giravo intorno a quei numeri, giravo intorno ai dodici indirizzi, un piano, sette giorni, e io giravo intorno a lui, nonostante non volessi.

E come disse il caro vecchio Orazio.
Carpe diem.
E così feci, un piano, un passo e sarei stata nelle sue braccia. Un passo che compii frettolosamente visto il mio poco
tempo. Lo presi per un braccio e rivolsi il
suo viso verso il mio. Lui rimase sorpreso dal mio movimento, sorpreso
anche del mio viso così vicino al suo.
E quella distanza la ruppi subito, perché presi il suo viso con le mie esili mani, poi premetti le mie labbra sulle sue. Sperai che lui rispondesse a quel bacio, che non poteva risultare nulla per lui, ma era tanto per me.

Delicatamente appoggió le sua mani sui miei fianchi, avvicinando ancora di più i nostri corpi. Le sue labbra si muovevano lentamente sulle mie, approfondendo il
bacio che ci stavamo scambiando.

Poi quel suono fastidioso.
Eravamo arrivati al nostro piano, non avevo usato bene il mio tempo.
Non avevo scelto il piano giusto, non avevo capito il tempo adatto per me e per lui. Avevo sbagliato tutto, mi ero convinta che il mio fosse odio, ma non era così. Non lo è mai stato.

- Beth.. - disse piano, osservandomi in cerca di risposta.

Che colpa aveva? Lo avevo baciato, se lui la sera prima lo aveva fatto per un record io lo avevo fatto per ben altro, lo desideravo da sempre.

E che colpa aveva se per lui ero solo una consolazione, perché la consolazione che lo ha fatto guarire da Hope ero io. Lo avevo consolato litigando ogni giorno, perché così lui ha potuto sfogarsi e liberarsi della sua rabbia; anche io mi ero consolata, mi ero sfogata pure io, solo che di quel patto di odiarsi a vita non è rimasto più niente.
Ed io lo capii troppo tardi.

- Niall, scusami, dimentica tutto, buona serata. - uscii dall'ascensore senza rivolgergli uno sguardo.
Lui non disse niente, sicuramente non aveva nulla da dire.
Come biasimarlo? Ero arrivata troppo tardi.

Ero di spalle all'ascensore, davanti ad una parete e lui se n'era andato per sempre.
È così incredibile che bastino solo delle porte per dividere delle persone e separarle per sempre, immuni ai loro sentimenti.
Ed io osservavo le nostre camere, ricordando cosa ho visto e vissuto all'interno di esse. Avevo vissuto lui, lui viveva altro, ed io ne morivo dentro.

Poi quel suono
Il suono che un attimo prima ci aveva divisi
Richiamó il suo ritorno,

E la sua voce riaprì tutti i miei sensi,

- Beth, non prendiamoci più in giro. -

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Boom, sbadabum e okay no. Si sono baciatii🎊🎉 facciamo festa👻

Okay no, se mi abbandonate proprio ora e non mi commentate sto capitolo piangio, mi piace molto e mi ci sono impegnata un po' 😁 apprezzerete ciò che succederà e io voglio leggere le vostre reazioni 😂

Non ho nulla da dire, solo che mi scuso per il ritardo, ma domenica ho cambiato cellulare e ho sempre tantissimi compiti.

A parte gli scherzi, vi ringrazio per tutto, per il supporto che date alla ff e anche un po' a me💘 mi fa sempre piacere!

Questa settimana è stata abbastanza stancante 😿 per non parlare del ritorno di Melissa * coff coff *

Spero vi sia piaciuto il capitolo, bacioni
- Annalisa 😘

12 || Niall HoranDove le storie prendono vita. Scoprilo ora