DISPONIBILE IN LIBRERIA E ONLINE CON Sperling&Kupfer 🤍 la versione cartacea presenta 2 capitoli bonus e qualche piccola differenza da questa di Wattpad.
Ricchi e intelligentissimi, i fratelli Lively - Hades, Apollo, Hermes, Aphrodite e Athena - so...
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"I greci avevano quattro parole per esprimere il concetto dell'amore. Tra queste, EROS rappresentava il tipo di amore che arreca le sofferenze maggiori. Molto più che affetto e molto meno che spirituale. L'eros e l'erotismo possono condurre alla gloria e alla disgrazia, alla più alta forma di felicità e alla più tragica disperazione."
— A drop in the ocean A change in the weather I was p r a y i n g that you and me might end up together It's like wishing for rain as I stand in the desert
🍎 H A D E S' P O V
Ho sempre odiato la filosofia e i filosofi in generale. D'altronde, che cazzo me ne frega di quello che pensano loro della vita e di come vedono il mondo? Li ho detestati tutti, dal primo all'ultimo.
Su una cosa, però, Arthur Schopenhauer aveva quasi ragione: egli sosteneva che la vita umana fosse come un pendolo che oscilla tra dolore e noia, passando per fugaci intervalli illusori di piacere e gioia.
Be', io apporterei una piccola modifica. La vita umana è come un pendolo che oscilla tra una rottura di coglioni e l'altra. Almeno, la mia è così.
Sospiro piano e compio il grosso errore di abbassare le palpebre per qualche secondo in più. Come succede sempre, da tempo ormai, un viso familiare prende colore e forma nella mia testa. Due occhi di colore diverso, contornati da ciglia castane e un paio di labbra color pesca. Ciocche ramate di capelli le svolazzano attorno; quei filamenti rossastri che sembrano i raggi del sole.
Nella mia testa, lei c'è sempre. Quando nella realtà lei non è con me, mi basta chiudere gli occhi. Nella mia testa, Haven è ancora mia. Nella mia testa, Haven mi sorride, mi accarezza la cicatrice e mi dice che mi ama. Nella mia testa non sono un codardo e glielo dico anche io.
Ma quando riapro gli occhi, c'è un altro viso che mi fissa. D'istinto, grugnisco, infastidito. Mi porto il bicchiere di whiskey alla bocca e ne bevo un sorso generoso. «Cosa vuoi, Minthe?»
Si poggia al bancone, mentre mi fa una radiografia completa. Non prova nemmeno a nascondere il modo in cui è attratta da me. Indossa i soliti vestiti da lavoro: un top verde fluorescente e degli shorts in jeans decisamente troppo corti. I capelli sono lunghi, rispetto all'ultima volta in cui li ho visti, e le scendono spettinati sul busto. Lasciano comunque un'ottima visuale del suo seno, stretto nel minuscolo pezzo di stoffa.
«Sembri triste,» dice. «Qualcosa non va?»
È impossibile che sappia di me e Haven, ma si sarà fatta due domande sul motivo per cui me ne sto al mio stesso locale a bere da solo, come un povero sfigato. «Sì, tante cose non vanno. Una di queste sei tu che mi parli. Vattene.»