Epilogo - I Tre

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— We built this house on memoriesTake my picture now, shake it 'til you see itAnd when your fantasies become your legacyPromise me a place in your house of memories

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— We built this house on memories
Take my picture now,
shake it 'til you see it
And when your fantasies
become your legacy
Promise me a place in your
house of memories




14 anni prima
District of Columbia, Washington





Tutti sapevano riconoscere la presenza dei coniugi Lively da due rumori ben precisi che facevano.

Prima, i tacchi a spillo di Rea sul pavimento. Poi, il fruscio della giacca in pelle di Crono. Mano nella mano, come due ragazzini innamorati, avanzavano per i corridoi dell'orfanotrofio Saint Lucifer. Situato nella parte ovest della Consitution Avenue, era uno degli orfanotrofi più prestigiosi degli Stati Uniti. Restare senza genitori non era di certo una fortuna, ma finire al Saint Lucifer di Washington era la cosa migliore che potesse capitarti.

«Come vanno i test?» domandò Crono alla rettrice, una donna alta dai capelli rasati e gli occhi ambrati.

«I test procedono bene,» gli rispose, speranzosa di poter rendere felice un uomo come Crono Lively. «Abbiamo selezionato otto bambini molto promettenti.»

Rea strinse la mano del marito, in un gesto di eccitazione. Forse erano vicini a una nuova adozione. Ma Crono era sempre stato un uomo pignolo, attento ai dettagli, e incapace di accontentarsi delle frasi troppo generalizzate. «Alexandria, cosa intendi per procedono bene? State svolgendo le prove che abbiamo richiesto noi? Con le indicazioni precise che vi abbiamo dato?»

«Assolutamente sì, certo,» si affrettò a precisare. «Ti ho già inoltrato tutti i file con i risultati dei test e i video.»

Crono sorrise appena e bastò quel semplice gesto ad Alexandria per sentirsi sollevata.

La rettrice dell'orfanotrofio spalancò le porte che davano sull'immenso giardino dall'erba sempre verde e gli alberi dalle chiome folte. Era l'ora del gioco, il gioco inteso come svago adatto a tutti, non come i giochi che venivano fatti nelle stanze sotterranee, dalle nove alle undici di notte. C'erano tanti bambini disseminati qua e là, alcuni seduti sull'erba, altri intenti a correre e gridare. Quelli più grandi, quelli che si portavano dietro la consapevolezza che avrebbero dovuto aspettare la maggiore età per poter uscire da lì e senza adozione, sedevano ai tavolini.

Alexandria ne stava cercando uno in particolare, e quando lo adocchiò fece cenno ai coniugi Lively di seguirla. Era un bambino dai capelli lunghi e castani, con due occhi verdi come l'erba su cui sedeva. Aveva davanti pezzi di lego sparsi, e li rigirava senza davvero prestargli attenzione.

«È un bambino molto taciturno e solitario,» raccontò, non curandosi del fatto che lui avrebbe potuto sentirla. «Ma è dotato di un'intelligenza spaventosa. È quello che ottiene i risultati migliori ai test.»

Crono lo scrutò per qualche secondo, poi fece una smorfia. «Solitario? Quanto solitario?»

«Non parla con nessuno. Non gli piace la compagnia degli altri. E nei test in cui è richiesto il lavoro di gruppo, si tira sempre indietro. Dà la soluzione saltando la parte del lavoro di squadra.»

Game Of Gods. Discesa agli Inferi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora