CAPITOLO 2.

4.4K 195 12
                                    

Continuai a contare e, sotto i miei occhi, i diciotto mesi divennero ventisette, i ventisette si trasformarono in trentasei, i trentasei in quarantacinque finché, qualche estate fa non mi stufai, urlando a me stessa un enorme "chissenefrega" e smettendo definitivamente di contare.

- Ellie? - mi stava chiamando mamma dalla fine delle scale, da già dieci minuti abbondanti.
- Si mamma, sono qui! - sbuffo mettendomi in spalla lo zaino, stracolmo degli indumenti che non ero riuscita a infilare in valigia.
- Grace è già pronta, aspettiamo te -

Oggi saremmo tornate in quello stupido paesino in riva al mare, che tanto amavo da bambina, ma che adesso odio con tutto il mio cuore.

Ho troppi ricordi legati a quel posto.

E come se non bastassero già quelli riconducibili al mio amico d'infanzia scomparso nel nulla, da circa sei mesi se ne sono aggiunti degli altri: quelli di mio padre.

Un incidente d'auto me lo ha strappato via quest'inverno.

Scuotendo la testa, asciugo la solitaria lacrima, rotolata giù sulla mia guancia, richiudo la valigia e mi guardo allo specchio.

A stento riconosco il riflesso che mi osserva, sono diventata un'estranea ai miei stessi occhi, senza accorgermene.

Una mattina, mi sono alzata ed ho avuto l'impressione che ogni mio particolare lineamento non appartenesse davvero a me.

I capelli che ho sempre adorato, adesso mi sembravano troppo lunghi e troppo biondi, gli occhi troppo grandi e di un monotono ed insignificante blu, il viso troppo rotondo e le labbra troppo gonfie.

Per non parlare poi del mio corpo.
Lo vedevo come troppo modellato dai tanti anni di piscina che lo hanno reso molto meno femminile e aggraziato di quello che era una volta.

Tanti "troppo" che nel complesso diventano "disastro".

"Questa non sono io." penso sempre quando mi guardo allo specchio, come in questo momento.

Questa non è la bambina dai vivaci occhi blu di pochi anni fa.

Incapace di guardare oltre, mi allontano rapidamente dallo specchio e scendo velocemente le scale con le mie due valigie in mano e lo zaino in spalla.

Vedendo Grace, ferma sulla porta ad aspettarmi, sorrido involontariamente.

Da quando si è ritrasferita in città, quasi sei anni fa, non ci siamo più separate.

È di una bellezza disarmante con i suoi lunghi capelli castani scuro, gli occhi verdi ed il suo fisico asciutto, ma pieno nei punti giusti.

Talmente bella che guardala mi provoca una fitta in petto.

"Perché non posso essere come lei?"

- Siete pronte per andare ragazze? - chiede mamma non appena mi vede raggiungere la mia amica, strappandomi dai miei pensieri.

- Certo signora Williams - risponde Grace, con un'euforia che, pur sforzandomi, non riesco a ricambiare.

"Insomma! Papà è morto da appena sei mesi, come possono tutti quanti fare finta che niente sia successo?"

- Quante volte devo ancora ripeterti che sono semplicemente Lauren? - esclama mamma, appoggiando le mani ai fianchi.

Grace sorride, chiaramente in imbarazzo, ed annuisce borbottando scuse sconnesse.

"Ci vediamo tra nove mesi." Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora