CAPITOLO 17.

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Grace sta dormendo.
Io non ho chiuso occhio.

Siamo tornati dalla spiaggia più o meno all'1:30, adesso sono quasi le 4.

Non ho mai desiderato riuscire a dormire come in questo momento.

Il sonno ti porta sempre in un posto etereo, dove non esistono problemi.

Adesso sono all'inferno.

L'immagine di Matt avventato su quella bionda mi perseguita.

I suoi occhi appannati dell'alcol mi perseguitano.

La sua voce disperata con la quale mi pregava di non lasciarlo mi perseguita.

E non dovrebbe.

È stato lui ha decidere di separarci, cazzo.
Cosa si lamenta adesso?!

Solo un masochista si priverebbe di qualcosa che desidera follemente e, a quanto pare, Matt è uno di quelli.
Anche più di me.

Guardo il soffitto, lasciando che la guerra che si sta combattendo dentro di me mi sopraffaccia.

Perché non si ricorda di me, ma dice che, in certi momenti, ha l'impressione di conoscermi da sempre?

Perché non vuole comprare un'auto?

Perché nasconde quella Christine in casa sua?

Mi scoppia la testa.

È un'impresa tentare di risolvere quell'enigma di nome Matthew Carter.

Mi giro e rigiro sul letto, ogni posizione è scomoda.

Guardo il display del cellulare ogni tre secondi,constatando lo scorrere lento dei minuti.

Quando l'orologio digitale segna le 4:07 mi alzo, in preda alla disperazione.

Mi tolgo il vestito indossato alla festa e lo lascio scivolare ai miei piedi.

Apro l'armadio, tiro fuori il mio costume turchese e in men che non si dica lo indosso.

Corro in bagno e apro il rubinetto del lavandino.

A stento riconosco l'immagine riflessa nello specchio sopra il lavabo.

Ho il trucco sbavato su tutto il viso, il mascara colato sulle guance e gli occhi gonfi e rossi.

Sciolgo i capelli, tirando via quante più forcine posso in una volta sola.

Raccolgo l'acqua, che scorre, nelle mie mani e mi sciacquo la faccia, tentando di tirare via il trucco.

Senza preoccuparmi nemmeno di prendere un vestitino per coprimi, mi dirigo in cucina, apro un cassetto e tiro fuori il taccuino con gli anelli neri.

Strappo via un foglietto e, pescando una penna dentro il cassetto, scrivo un messaggio a Grace e lo poggio sul tavolo.

Poi esco in giardino diretta in strada.

È ancora buio così inizio a correre verso la spiaggia.

I sassolini mi grattano la pelle dei piedi nudi, ma non do alcun peso alla cosa.

Corro come se stessi scappando da un branco di cani rabbiosi.

Scendo gli scalini superandone due alla volta.

Continuo verso il bagnasciuga.

L'acqua è fredda a contatto con la mia pelle e brucia quando sfiora i taglietti provocati dai sassolini.

Quando l'acqua mi arriva alla vita, faccio leva con i piedi e mi immergo dentro il tranquillo scorrere della marea.

Resto sotto il filo dell'acqua anche quando i polmoni urlano alla ricerca di ossigeno.

"Ci vediamo tra nove mesi." Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora