Capitolo tre (2 di 2)

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Grazie alla luce di una torcia, lei poté accorgersi della figura di uno sconosciuto nella casupola, il cui volto era sfregiato da una lunga cicatrice, e armato fino ai denti: inoltre, aveva il capo coperto da un turbante bianco e aveva poggiato un pugnale da caccia a terra.

Poi l'energumeno protese il braccio, fasciato in una tunica nera, verso il collo di Stefano e lei s'allarmò.

Era consapevole di non poter avere possibilità di rivalsa con un uomo di quella smisurata stazza, tuttavia, cercò di allungare le mani per cercare di afferrare il pugnale. Con uno sforzo immane vi riuscì, impugnandolo e sollevandolo.

Intanto, ignaro di tutto, lo sconosciuto mosse la mano sull'amico e, approfittando di quell'attimo di distrazione, Zara si levò sulle ginocchia con tutta la forza rimasta. Al che l'uomo si volse e, alla vista del proprio pugnale puntato contro, sbarrò gli occhi.

«Non muoverti» gracchiò lei con un filo di voce.

Per un breve attimo nessuno si mosse né osò respirare. E poi, all'improvviso, una risata le giunse alle orecchie e una mano forte si strinse attorno al suo polso, sino a darle l'impressione che le ossa si sarebbero spezzate. Tuttavia, lei si morse la lingua a sangue e non mollò la presa.

«Non siamo venuti per farvi del male» intervenne qualcuno. «Siamo qui per aiutarvi».

Ansimante, Zara si volse in direzione di quella voce e incrociò un paio di occhi che le rubarono il fiato in gola: a differenza dello sconosciuto con la cicatrice, quel misterioso uomo emanava un'aurea che colpiva subito chiunque lo guardasse, rievocandole alla mente una maestosa pantera. Le piccole rughe che gli attraversavano i lati degli occhi e della bocca le suggerirono che passasse molto tempo all'aperto e, nonostante il turbante nero, i capelli ricci di colore ebano sbucavano ribelli da sotto la stoffa.

A un certo punto la pressione delle dita si fece più forte a e, con un grido di rabbia, Zara fu costretta a lasciare il coltello: il rumore dell'arma che cadde sul pavimento riecheggiò alle sue orecchie come una condanna a morte.

Non appena la mano dello sconosciuto la lasciò libera, lei si accovacciò su se stessa, ansimando non solo per il dolore, ma anche per il panico. Una lacrima le sfuggì dagli occhi e scese lenta sulla gota sporca di polvere.

L'altro uomo raccolse la grande torcia e la illuminò da capo a piedi.

«Cosa...» biascicò confusa, battendo le palpebre.

«Va tutto bene» riprese lo sconosciuto nella semioscurità. «Come le ho già detto prima, siamo qui per salvarvi». 

* * 

Alba di Perla [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora