Capitolo sei (1 di 9)

72 1 0
                                    

«Puoi perdonarli, ragazzo mio?»

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

«Puoi perdonarli, ragazzo mio?».

Harun riuscì appena a sollevare lo sguardo verso l'uomo che gli aveva rivolto quella domanda sussurrata all'orecchio, udibile solo e soltanto da lui.

Farik lo guardava, la lunga barba composta e intrecciata in attesa di una risposta. Quel giorno i suoi occhi saggi erano un misto di rimpianto, ira, agonia e terrore. Eppure, anche di una pietà che lui non riusciva a sopportare...

Era stato stupido. Stolto. Idiota.

In principio, quando la moglie aveva confessato il suo tradimento, Harun si era detto che tutti commettevano errori, non aveva senso distruggere una vita né un rapporto a causa di uno sbaglio, di una notte che non significava niente.

Era cresciuto con genitori divorziati, separati per l'intromissione di altri, e aveva sempre sperato di trovare la persona giusta con la quale passare il resto della sua vita. Harun aveva creduto di avere trovato tutto ciò in Muna e, nonostante gli alti e i bassi, aveva compreso che toccava anche a lui fare ammenda: era sempre impegnato, non aveva mai tempo per lei, la trascurava così come il loro rapporto.

Eppure, la moglie lo aveva ripagato con l'inganno e la distruzione.

Lui non si era reso conto subito di quale piano scellerato stava tramando nei suoi confronti... e di chi, insieme a lei, avesse ideato il piano nell'ombra...

«Harun?».

Il sussurro del consigliere lo esortò a rispondere, anche se l'uomo sapeva quale sarebbe stata la sua replica: Farik lo aveva spesso ripreso prima di quel momento, soprattutto quando inspiegabilmente lui aveva perso appetito e sofferto di tremori inspiegabili ai muscoli, convinto fosse un malessere passeggero.

Poi erano arrivate le nausee e le febbri e tutto era precipitato: solo quando aveva iniziato a vomitare senza sosta, il vecchio amico Dunab lo aveva trascinato davanti ai medici e, dopo analisi e visite approfondite, gli specialisti erano rimasti interdetti, anche perché nessuno trovava la causa di quel male e i loro medicamenti sembravano non sortire effetto su di lui.

A quel punto qualcosa di misterioso e di malvagio sembrava roderlo dall'interno, ma dato che nessun sintomo pareva ricondurre ad alcuna patologia, la causa doveva provenire dall'esterno, aveva dedotto in silenzio.

In tal modo, Harun aveva incominciato a dubitare di tutti tranne della moglie Muna... e del fratello maggiore. Come poteva dubitare della sua famiglia che lo ricoprivano di amore e di affetto?

Harun abbassò gli occhi e si fissò i palmi delle mani, la pelle dal colorito malato ancora visibile, segno e monito di quel grave tradimento e di quanto fosse stato stupido, cieco, sordo, dinanzi all'evidenza, lui che della scienza medica conosceva la pratica e la teoria. Il solo pensare di avere sfiorato la morte gli strappò un brivido gelido alla schiena, perché il veleno, l'arsenico, era stato celato nei gesti più attenti e affettuosi dai traditori: abiti, libri, dolci, documenti, sali da bagno e tanto altro ancora.

La moglie e il fratello avevano cercato di eliminarlo, con l'obiettivo di non lasciare alcuna traccia. E ci erano quasi riusciti. Harun aveva udito la verità dalle loro bocche, per puro caso, e il mondo gli era crollato addosso prima di presagire gli artigli della morte affondargli avidi nella carne, proprio quando i due credevano fosse sul punto di morire.

Tuttavia, lui si era aggrappato a quel barlume di vita e, dinanzi a Dunab e i medici, aveva sussurrato cosa lo stava uccidendo, e così erano riusciti a salvarlo.

Adesso era di fronte allo zio Farik che gli chiedeva di esprimere il suo giudizio.

Harun posò il suo sguardo sulla folla, sulla famiglia della sposa assassina e poi su di lui, sull'uomo in cui scorreva il suo stesso sangue: erano tutti sicuri, dalle loro espressioni e dalla luce di speranza negli occhi, che li avrebbe graziati.

Aveva due scelte ora: se avesse concesso il perdono, avrebbe deciso la legge; se avesse esercitato il proprio diritto, avrebbe potuto richiedere qualsiasi punizione. Assurdo affermare che lui si era battuto per cambiare quel modo di fare giustizia in tutti quegli anni...

Le volte in cui aveva discusso con il fratello, poi, erano state innumerevoli e infuocate sull'argomento: se il loro mondo sarebbe stato sempre un "occhio per occhio, dente per dente", non sarebbero mai andati avanti, aveva sempre sostenuto Harun.

Travolto dal rancore, un pensiero tremendo gli saettò nella mente: la moglie e il fratello erano riusciti nel loro vile intento, perché lui era davvero morto.

«Harun?».

L'ansia nella voce di Farik lo portò a risollevare le palpebre. Era ben visibile il timore dell'uomo, perché lui sapeva, aveva colto il cambiamento.

Alle spalle di Harun, Dunab gli poggiò una mano sulla spalla in segno di coraggio: quel gesto lo commosse in silenzio, ma non mitigò il rancore.

Con fatica ma determinazione, Harun si sollevò a fatica dalla sedia a rotelle su cui era confinato dall'uscita in ospedale, combattendo contro la debolezza, e respinse gli aiuti che la sorella e Dunab si erano precipitati a offrirgli.

«Non concedo il mio perdono» dichiarò duro, gelido, lapidario.

Un silenzio sbigottito accolse la sua risposta. La donna che aveva sposato scoppiò a piangere, la madre di lei perse i sensi mentre il padre implorava clemenza, mettendosi in ginocchio. Dal canto suo, il fratello ebbe tutt'altra reazione, lanciandogli un gelido sguardo d'odio.

«Se dovessimo incontrarci, farai bene a pregare» ribatté, dimenandosi dalla stretta delle guardie. «Perché quel giorno porterò a termine ciò che mi sono prefisso sin dall'inizio!».

A quelle parole, gli uomini in uniforme furono spinti a terra e nella mano del traditore apparve una lama lucente, affilata, e grida di terrore si profusero nella sala...


Harun si svegliò di soprassalto. Quando i suoi occhi agitati si posarono sul soffitto e, dall'angolazione e il colore tenue della luce che entrava dalle finestre, si rese conto fosse l'alba. 

Alba di Perla [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora